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Ugo Volli
Cartoline
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Il gioco di Putin con l’Iran e gli Usa 07/03/2016

Il gioco di Putin con l’Iran e gli Usa
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli


Cari amici,

in Medio Oriente le cose sono sempre più complicate di quel che sembrano.
I giochi sono complicati, le amicizie e le inimicizie non sono transitive (cioè non è vero né che gli amici dei miei amici sono miei amici, né che lo siano i nemici dei miei nemici).
Si fanno molti discorsi, molta retorica, ma poi quel che conta sono i fatti.
I quali però sono sempre ambigui, difficili da interpretare.
Vi faccio un esempio che è anche un’informazione importante, come spesso accade taciuta dai nostri media.

A quanto pare è successo uno sconquasso fra Russia e Iran. I giornali Israeliani riportano che Putin avrebbe deciso di sospendere la vendita agli ayatollah dei sistemi antiaerei avanzati S-300, che preoccupavano molto le forze di difesa israeliane e contro cui si era mosso personalmente Netanyahu. La ragione sarebbe stata nella dimostrazione dettagliata fornita dai servizi segreti israeliani del fatto che l’Iran, contro i patti stabiliti, ha passato a Hezbollah alcuni dei materiali bellici avanzati di provenienza russa, in particolare un altro sistema antiaereo avanzato di prossimità chiamato SA-22 (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/208948 ).

La partita che la Russia conduce in Medio Oriente è molto complessa. Fornisce i sistemi atomici e altre armi all’Iran (il che è un grande affare per la disastrata industria russa); ma ha accettato di rifornire anche gli egiziani e i sauditi che sono nemici dell’Iran e con Israele i rapporti sono migliori di quanto sia mai accaduto da metà del secolo scorso. L’aviazione russa e quella israeliana ostentano buoni rapporti nel difficile teatro siriano, dove agiscono entrambe e non cercano di interferire l’una nei piani dell’altra, anche se Israele colpisce Hezbollah, alleato dell’Iran che è alleato di Mosca e la Russia colpisce gruppi ribelli con cui Israele ha un tacito accordo di non aggressione.

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Difficile dire che segnale sia questa sospensione di una fornitura così decisiva sul piano strategico (dato che gli S-300 renderebbero particolarmente difficile un bombardamento delle basi militari e di quelle atomiche iraniane). Potrebbe essere una tirata di briglia all’Iran, che per la Russia è un cliente prezioso, ma certamente anche pericoloso e troppo autonomo. Fargli capire che non tutto è garantito e che il potere vero è altrove, proprio mentre Assad ha molto bisogno dell’appoggio russo perché quello iraniano e di Hezbollah non basta può essere una buona tattica. Ma può essere anche un segnale a Israele, in cui la Russia conferma un rapporto non proprio di alleanza ma di dialogo.
E anche un cenno a tutte le altre parti che giocano partite complicate in Medio Oriente, arabi e occidentali, per dire che Putin ha le idee chiare sul suo intervento e non vuole semplicemente appoggiare una parte, ma garantire l’equilibrio della regione. E’ dunque a lui che ci si deve rivolgere per tutelare legittimi interessi. Chi prova a ostacolarlo o a forzarlo la paga cara: un messaggio che va diritto alla Turchia da un lato e ai curdi dall’altro, il cui contrasto è uno dei punti di conflitto futuro che impediscono la pace nella regione.

Non c’è Nato o Onu che tenga, la sorte della Siria e dintorni si decide al Cremlino. Non è detto che la Russia abbia la forza per sostenere davvero questa posizione (e insieme procedere in Ucraina, accordarsi con la Germania e con la Cina, sfidare la Nato sul quadrante strategico dell’Atlantico settentrionale ecc. ecc.). Ma una cosa è certa: questo messaggio va in primo luogo alla Casa Bianca, per dire che gli Usa sono stati sostituiti nell’egemonia regionale non da un Iran amico come speravano Obama e Kerry, con straordinaria ingenuità perché l’amicizia degli ayatollah non è mai stata all’orizzonte, ma dalla Russia che dell’Iran è il burattinaio.
E Obama ha abbozzato, non ha reagito in nessun modo. Un’altra sconfitta storica: gli Usa non erano mai stati così irrilevanti nel quadro strategico mediorientale dalla fine dell’egemonia britannica, quasi un secolo fa. Una dimostrazione in più che Obama cerca forse soprattutto di far male a Israele, ma riesce soprattutto a danneggiare il paese che avrebbe il dovere di difendere e di guidare.

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Ugo Volli


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