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Ugo Volli
Cartoline
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L'attacco di Parigi non resterà isolato 15/11/2015

L'attacco di Parigi non resterà isolato
Cartiline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

siamo in un momento assai difficile; facciamo un po' di conti, che aiutano a tener chiara la mente e concentrata l'attenzione. Parliamo delle ultime tre settimane, la stretta attualità; e dato che questo è il tema evidente dei nostri incubi, parliamo di terrorismo.
Ci sono stati 224 morti per l'aereo russo caduto nel Sinai. Agente probabile, lo Stato Islamico; 43 sono morti a Beirut nella roccaforte di Hezbollah, sempre per mano dell'IS; gli attentati del “terrorismo popolare” in Israele sono stati un centinaio, con una decina di vittime; l'organizzazione di questi attentati non è solitamente rivendicata da alcuno, ma è chiaro che Hamas li esalta e l'Autorità Palestinese “rifiuta di condannarli” (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Abbas-declines-to-condemn-murder-of-Israelis-We-are-despaired-by-occupation-432962 ).

Poi ci sono stati i 128 morti di Parigi, anch'essi rivendicati dall'Is, anche se non è chiaro se la rivendicazione sia puramente ideologica e non abbia invece agito quella rete islamista che aveva già colpito quest'anno con Charlie Hebdo e il superkasher, l'attentato al TGV e prima col museo di Bruxelles, la scuola ebraica di Tolosa e parecchi altri episodi minori; se vogliamo metterci un segno per fortuna minore che ci riguarda, c'è stato anche l'accoltellamento di Milano.
Che cosa hanno in comune tutti questi attentati? In primo luogo sono atti di terrorismo, rivolti in maniera indifferenziata e cieca alla popolazione civile, a gente colpita solo perché (agli occhi folli dei terroristi) appartiene alla categoria astratta e demografica dei loro nemici: gente che stava a mangiare al ristorante, a sentire un concerto a teatro a vedere la partita allo stadio, passava per strada al momento sbagliato, guidava la macchina nel luogo dell'agguato, tornava a casa per cena. Nessuna colpa individuale, nessuno schieramento, solo il fatto di essere ebrei, o europei, o francesi...

Spesso si dice che siamo in guerra, ma in tutte le società umane c'è un'etica della guerra, se volete paradossale ma reale; in questi casi non troviamo nulla del genere, solo un vigliacco accanirsi a tradimento contro gente indifesa, una barbarie culturale che giustifica pienamente il titolo di “Libero” che qualcuno ipocritamente ha criticato (http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2015/11/14/questo-non-e-un-titolo-di-giornale/23468/ ): “bastardi islamici”. Perché poi, questo è il secondo punto che accomuna gli attentati, sono tutti eseguiti da musulmani. In qualche caso anche le vittime sono islamiche, e questo è un frutto della guerra civile che infuria nel mondo musulmano da mille e trecento anni; ma per lo più si tratta di attentati fatti da musulmani di diverse sette e nazionalità ai danni di chi musulmano non è.

Chiamatela Jihad, chiamatela intifada, chiamatela guerra, non importa. Anche questo è un dato antico: di regola i musulmani sono in guerra con chi musulmano non è, si assegnano il compito di islamizzare il mondo, hanno la proibizione religiosa di fare pace (non parliamo di amicizia) con gli “infedeli” e al massimo possono accettare delle tregue quando sono in condizione di svantaggio. Ogni mezzo è buono per realizzare il sacro compito di sottomettere il mondo (e prima ancora di realizzare un Islam ortodosso, secondo i criteri di ciascuno), e le stragi fanno parte del gioco.
Non a caso l'Isis ha usato massicciamente la comunicazione delle sue atrocità (il pilota giordano bruciato vivo, i bambini che sgozzano i nemici, i prigionieri fatti saltare per aria insieme ai monumenti storici, le donne “infedeli” rese schiave e vendute al mercato): l'ha fatto pensando non tanto di spaventare noi, ma per esaltare il proprio pubblico principale, quello da cui trae finanziamenti, reclute, copertura politico-religiosa: il mondo islamico che è capace di riconoscere nelle truculente pratiche di vendetta e di tortura dell'Is le citazioni coraniche che lo motivano.

E a proposito di stato islamico, vale la pna di notare che la diplomazia francese (e naturalmente ancora di più quella americana) evita accuratamente di chiamarlo così (http://www.sudouest.fr/2014/09/15/pourquoi-la-diplomatie-francaise-utilise-le-terme-daesh-plutot-qu-etat-islamique-1672261-710.php ) per evitare che la gente li consideri per quello che sono e dicono di essere, per l'appunto musulmani che rivendicano la tradizione maomettana. L'amministrazione Obama ha addirittura bandito il termine terrorismo islamico. Molto meglio parlare in termini generici di terrorismo, o piuttosto ancora di uno stinto estremismo: da dove venga, che finalità abbia e perché si eserciti - be' queste sono questioni che è meglio non porsi.

Ci sono i buoni che sono pacifici e “accoglienti” e i cattivi che sono intolleranti e non aiutano la pace (per esempio Israele...). Se bisogna proprio nominare il califfato islamico e l sue imprese, meglio usar una sigla esoterica come Daesh (che poi vuol dire precisamente “stato islamico del Levante”, in inglese ISIL o ISIS.
Nessuno può capire che l'Islam sta nel suo nome, nei suoi programmi, nei suoi metodi... una perfetta mossa di mascheramento.

Vale la pena di finire accennando al tema dell'accoglienza e del rifiuto dei cattivissimi muri. Il solo terrorista identificato finora con certezza è uno di quelli che è entrato in Europa nell'isola di Lesbo in Grecia provenendo dalla Turchia, oggetto di inchieste commosse un paio di mesi fa. Il poverino soffriva di terribili discriminazioni, pensate che gli chiedevano un visto d'entrata, un'identità, un mezzo di sopravvivere economicamente in Europa. In qualche modo, con l'aiuto dei buonisti d'Europa, papa Bergoglio in primis, e tutti i moralisti da giornale in secundis, è arrivato a Parigi, si è procurato un'arma e ha fatto quel che era stato mandato a fare: uccidere, terrorizzare, ricattare politicamente l'Europa. Probabilmente un bel numero dei ragazzi che ha ammazzato erano stati solidali con le sue disavventure, si erano commossi vedendo le fotografie sue e dei suoi amici che marciavano per l'Ungheria, la Croazia, la Macedonia. Chissà perché erano tutti giovani uomini in età militare... Ora li abbiamo fra noi, ci sono amministrazioni locali che pagano le famiglie per tenerli in casa, vescovi che ammoniscano sull'obbligo dell'accoglienza.

 

 

Bene, preparatevi, prepariamoci a molte altre situazioni come quella di Parigi. I terroristi sono arrivati, hanno trovato le armi e chi li coordina. Soprattutto hanno individuato l'evidente debolezza dell'Europa, la sua volontà di non difendersi, peggio, il suo odio contro chi è deciso a difendersi, per esempio Israele.
Se non ci credete, sentite gli ammonimenti di Netanyahu in un'intervista fatta durante la puntata precedente della saga terrorista francese, quando fu colpita La blasfema redazione di Charlie Hebdo e l'infedele supermercato kasher. Netanyahu diceva in sostanza: dovete appoggiare la nostra battaglia, perché se non c'è difesa i terroristi arriveranno sempre più spesso a casa vostra. (http://www.byoblu.com/post/2015/11/13/inferno-parigi-ma-netanyahu-li-aveva-avvertiti-quel-video-maledetto-che-tutti-fingono-di-ignorare.aspx ). Aveva ragione. Un'Europa suicida e folle boicotta Israele e si apre ai terroristi (pardon, ai poveri rifugiati). E' facile profetizzare che l'attacco di Parigi non resterà isolato.

Ugo Volli


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