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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1996: Yasser Arafat vince le elezioni e aumentano gli attentati terroristici contro Israele

1996.

L’anno che incomincia vede per la prima volta al voto i palestinesi dei territori controllati ora dall’Autonomia Palestinese. Scontato il trionfo di Yasser Arafat. Il risultato è quello di una intensificazione degli attentati terroristici contro civili nelle città israeliane. Gli attentati, spesso suicidi, vedono protagonisti Hamas, da Gaza, e gli Hezbollah, dal Libano. Insieme, ma separatamente, vanno a spargere la morte nelle strade, negli autobus d’Israele. Attentati suicidi avvengono ora a Gerusalemme e ad Ashkelon Questo incremento dell’attività terroristica non sorprende ed è diretta a sabotare qualsiasi negoziato, ma in Europa si finge di non capirlo per non essere disturbati. Gli attentati, è vero, vengono virtuosamente condannati, ma alla condanna fanno immancabile seguito i “ma”, i “però”, i “d’altra parte”, “la disperazione di”. D’altronde, e soprattutto, chi vuole “morire per Danzica”? La realtà è che ogni volta che si aprono spiragli per un accordo di pace, come ora che Israele si prepara ad effettuare un parziale ritiro dalla Cisgiordania, il terrorismo islamico alza il tiro, forse anche per intimidire lo stesso Arafat con “messaggi” che uccidono in Israele ma minacciano quei palestinesi che vorrebbero una onorevole fine del conflitto (ma questi ultimi quanti sono? Gli attentati in Israele provocano ogni volta oceaniche manifestazioni di giubilo in Cisgiordania e più a Gaza, già feudo di Hamas). Il “messaggio” arriva anche tra la popolazione israeliana, perché dopo ogni ondata di terrorismo la risposta alle elezioni è faatalmente una vittoria delle destre, forse, a torto o a ragione, meno credibili per un negoziato, ma sicuramente (agli occhi di chi li vota), più credibili per la difesa del paese. Così alle elezioni politiche di maggio trionfa il leader del Likud Benjamin Netanyahu,. Che però vince con soli trentamila voti di vantaggio (i votanti sono tre milioni) su Shimon Peres, leader socialista.

1996. Quest’anno vengono alla luce alcune “relazioni confidenziali” mandate al ministro dell’Interno dalla polizia politica (quella conosciuta come OVRA durante il fascismo) poco dopo l’emanazione delle leggi razziali del 1938. In una di queste (registrata con il numero 20534) s’informa che “il razzismo seguita ad essere oggetto principale dei discorsi in ogni riunione di persone, e se ne parla un po’ dovunque: dove a favore di quanto il Regime fa, e naturalmente questi ambienti non sono frequentati da ebrei (.), e dove contro, e cioè tra gli israeliti (…) Da quando il Regime ha reso noto il problema del razzismo, in casa del commerciante ebreo Forti e in qualche altro posto si sono riuniti parecchi della comunità israelitica residente a Napoli, e forse seguitano a riunirsi, per discutere della loro nuova posizione in Italia, facendo apparire tali riunioni come di gioco o di semplici visite”. E in queste riunioni dove non si gioca e non ci si scambiano opinioni sul tempo che fa, e che sono quindi poco meno che sediziose, suggeriscono le spie, “tutto quanto concerne il razzismo è criticato in malo modo”. Ma va! Oltre a questa grave scorrettezza “l’antifascismo dell’elemento ebraico, fino ad ora tenuto nascosto (…) sgorga e si palesa attraverso parole non solo poco corrette, ma dette con un’asprezza che impressionano”, e magari non adatte a orecchie infantili. Chissà come sarà rimasto sconvolta la spia fascista da tanta scorrettezza (forse “parolacce”?), e impressionata da altrettanta asprezza. Il James Bond locale trae quindi la impensabile conclusione che “gli ebrei sono davvero infidi e poco riconoscenti nei confronti del fascismo”. Per fortuna c’è chi si dà pace e serenità. L’11 settembre 1938 il Commissariato di P.S. di Regola-Campitelli a Roma informa l’illustrissimo signor Questore che “la istituzione di scuole riservate agli alunni di razza giudaica, reso noto ieri dalla stampa cittadina, ha procurato un senso di sollievo tra l’elemento ebraico”. Fuochi d’artificio, tarallucci e vino. Ne consegue, continua la nota, che “molta è la fiducia che, almeno apparentemente, viene riposta nella persona di S.E. il Capo ddel Governo”. Apparentemente? Come, come, il commissario dubita? Dice “apparentemente”? Ma andiamo! E’ interessante poi una “Informativa” partita da Bari il 17 novembre. “Nella cartoleria Laterza chiacchierando del più e del meno con tre titolari della stessa o congiunti, abbiamo sentito profferire da questi frasi di vero elogio per gli ebrei e critiche alquanto severe verso la nostra politica razzista. Non siamo in grado di sapere se i Laterza siano o meno ebrei, certo dal loro discorso noi abbiamo potuto rilevare e trarre l’impressione che essi fossero per lo meno dei massoni, perché solamente un ostinato massone può perorare con tanto calore la causa degli ebrei, appunto perché ebraismo e massoneria formano una cosa unica e inscindibile”, ma subito dopo “Dimenticavamo di dire che i Laterza della Cartoleria e quelli della Libreria e Casa editrice formano un tutto unico”.

A Genova una breve “informativa” (“Confidenziale, trasmessa con appunti 24-1-1939 N° 500/2269, protocollato al numero 1421 del fascicolo Razzismo CI A g.10” riferisce che”l’ambiente ebraico locale (.) ha tenuto a divulgare nella città il fatto che un colonnello del R.Esercito, certo Segre, per protestare contro i provvedimenti presi dal Governo verso di loro, si è suicidato presso la Tomba del Milite Ignoto a Roma. Di detto fatto se ne è anche impossessato l’elemento intellettuale antifascista locale, di modo che tale notizia è sulla bocca di tutti”. E’ interessante ricordare tre momenti significativi della storia italiana in relazione alla “questione ebraica”. Il primo momento risale al 20 settembre del 1970, quando i bersaglieri italiani sii accingevano a occupare la Roma papalina. Il Pontefice aveva annunciato la scomunica contro il soldato che avesse osato sparare il primo colpo contro le sacre mura della Città. Le autorità militari italiane avevano perciò chiesto ad un maggiore Segre, ebreo piemontese, di essere lui a ordinare, al servizio della patria, la prima cannonata (che doveva aprire la famosa “Breccia di Porta Pia”), dato che, essendo ebreo, doveva essere “immune” dalle scomuniche che riguardano solo i cattolici. Il secondo momento è del 1917, sì, proprio durante la ritirata di Caporetto. Qui era un tenente colonnello del Genio, il docente universitario di Torino, Alberto Levi, a trovare la morte al servizio della Patria. Il terzo momento è a Roma, quando un altro Segre, colonnello ebreo, anche lui piemontese, si suicida “presso la Tomba del Milite Ignoto”. Non al servizio della Patria ma per segnalare che la Patria lo aveva tradito e pugnalato alle spalle.

A novembre Bill Clinton vince le elezioni presidenziali americane battendo lo sfidante repubblicano Bob Dole e si riconferma alla Casa Bianca per un altro quadriennio. L’anno si conclude con la cessazione delle ostilità tra Russia e Cecenia. Un anno e mezzo di guerra è costata quarantamila vittime.


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