I pro-Hamas e quei complici silenziosi Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 06 settembre 2024 Pagina: 1/11 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Quel silenzio a sinistra su chi celebra le stragi»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 06/09/2024, a pag. 1/11, con il titolo "Quel silenzio a sinistra su chi celebra le stragi", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Cominciamo male: con troppi imbarazzati silenzi intorno alla manifestazione nazionale preannunciata a Roma, il 5 del mese prossimo, da parte dei giovani palestinesi, con l’esplicito obiettivo di celebrare la strage degli ebrei avvenuta l’anno scorso: “Il 7 ottobre 2023 è la data di una rivoluzione”, si legge nell’orrido volantino di convocazione.
L’altro giorno erano meritoriamente intervenuti, per condannare preventivamente l’iniziativa, esponenti dell’intero centrodestra e di Italia Viva, nel silenzio assoluto di Pd, Cinquestelle e Verdi -sinistra. Ieri è tornato a esprimersi con giusta durezza il senatore Maurizio Gasparri. Per il resto, da sinistra, ancora mutismo assoluto.
Secondo indiscrezioni raccolte dall’Adnkronos, il ministero degli Interni svolgerà una valutazione nei prossimi giorni, anche se – riferisce l’agenzia di stampa – il ministro Matteo Piantedosi sarebbe già orientato negativamente rispetto alla possibilità di dare via libera al raduno. Finora l’Italia- giustamente, a nostro avviso - non aveva mai compresso la libertà di alcuna manifestazione, nemmeno delle più discutibili e spiacevoli, ma stavolta (si ragiona al Viminale, e l’argomento ha una sua innegabile robustezza) inneggiare esplicitamente ad un eccidio potrebbe rappresentare di per sé un rischio concreto per l’ordine pubblico.
Mentre scriviamo, dunque, non sappiamo se la manifestazione si terrà. E per principio da queste parti- non invocheremo mai allegramente divieti contro chicchessia. Qui a Libero, dove abbiamo difeso la libertà di parola sempre e senza eccezioni, anche a favore dei nemici della democrazia, abbiamo - per così dire - diritto a un dilemma: in questo caso si tratterebbe di puro free speech (per quanto orribile nei suoi contenuti e obiettivi) oppure quella convocazione va intrinsecamente considerata come un atto di violenza e di antisemitismo, come qualcosa che non è confinabile al puro terreno teorico e delle parole? In effetti, se uno è un liberale classico o un libertario, può legittimamente trovarsi in difficoltà rispetto a questo interrogativo. C’è da optare per la seconda ipotesi, ma non senza un filo di tormento intellettuale.
DOVE SONO I CENSORI?
E però - ecco il punto - dove sono invece coloro che non sono né liberali né libertari, quelli che vorrebbero sciogliere partiti e movimenti (in nome del “pericolo fascista”), quelli che vorrebbero introdurre nuovi reati di opinione, quelli che - quando a loro fa comodo - sono pronti a qualunque deroga rispetto al principio generale della libertà? Costoro - davanti a una manifestazione palesemente antisemita - non dovrebbero avere alcuna esitazione a invocare lo stop. E invece tacciono: e non riescono nemmeno a vergare un piccolo tweet, uno striminzito comunicato stampa per prendere le distanze dai giovani palestinesi. Nemmeno il minimo sindacale di un chiaro e onesto dissenso politico: niente di niente.
Ma come? Qualche mese fa erano insorti perché quattro giovani cretini di destra (ripresi da Fanpage) si erano fatti sorprendere tra gesti e slogan detestabili: e – in quel caso – era ripartita la condanna della bestia antisemita nascosta a destra. Ma quando quella bestia si è manifestata a sinistra (con la lista di proscrizione redatta dal nuovo partito comunista) o quando si appalesa in modo scoperto da parte del fondamentalismo islamista, i “buoni” stanno zitti.
RIAPRONO LE SCUOLE...
Abbiamo un apparato normativo imponente (legge Mancino, ecc), abbiamo una Commissione parlamentare contro l’odio, abbiamo decine e decine di personalità autorevoli che non fanno (quasi) mai mancare la loro opinione, abbiamo tutto un apparato woke e politicamente corretto che – due volte al giorno – fa i gargarismi con i concetti di “diversità”, “inclusione”, “non discriminazione”.
Ma stavolta, guarda un po’, il silenzio di tutti costoro è pressoché assoluto. Brutta storia.
E allora sarà il caso di portarci avanti con il lavoro. Stanno per riaprire le scuole e, subito dopo, le università. Che vogliamo fare? Ricominciamo l’anno esattamente com’era finita la stagione precedente? Riassumo per i distratti: nelle scuole e nelle università italiane, l’anno scorso, i pro Palestina hanno potuto dire e fare di tutto, incluse violenze e intimidazioni, nella condiscendenza generale. Al contrario, chi era di opinione diversa è stato non di rado aggredito o impossibilitato a esprimersi.
Per non dire degli studenti di religione ebraica, costretti nella “migliore” delle ipotesi a non indossare simboli della loro religione, e nella peggiore a non frequentare affatto i corsi.
Peggio: abbiamo assistito all’assurda teorizzazione secondo la quale le conferenze sgradite ai pro Palestina potessero o dovessero essere sconvocate nella loro dimensione fisica e svolte solo online, con ciò dando partita vinta a violenti e prepotenti. È tutto normale? A noi di Libero non pare.
Ci sembra semmai che si stia affermando una sorta di doppio standard: una piena libertà di parola esiste solo per i violenti e i prepotenti (vedremo se stavolta ci sarà un’eccezione per chi vorrebbe festeggiare il pogrom di Hamas ai primi di ottobre), mentre le restrizioni riguardano tutti gli altri, in particolare i portatori di idee pro Israele e pro Occidente.
UN FALLIMENTO PER TUTTI
Quanto poi – lo ha scritto molto bene ieri il Wall Street Journal – agli studenti e ai professori ebrei, l’incapacità delle nostre democrazie non voglio dire di proteggerli (espressione paternalistica che non amo) ma di garantire un pieno dispiegarsi della loro libertà di parola, di espressione, perfino di movimento, per non dire della loro sicurezza, è un fallimento e una vergogna che ci riguarda tutti.
Solo la prudenza, il senso delle istituzioni, l’ammirevole misura delle Comunità ebraiche (prime fra tutte quelle italiane) ha fatto sì che la polemica non sia deflagrata. Ma fino a quando si potrà pretendere che alcuni cittadini italiani debbano essere trattati in questo modo? Il nuovo anno scolastico e accademico non può certo ricominciare su queste basi, per quanto ci riguarda.
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