Barack Obama tornerà sulla scena, se la Harris dovesse vincere contro Trump Commento di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 05 settembre 2024 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Barack Obama tornerà sulla scena, se la Harris dovesse vincere contro Trump»
Barack Obama tornerà sulla scena, se la Harris dovesse vincere contro Trump
Commento di Antonio Donno
Se Kamala Harris dovesse vincere le elezioni presidenziali americane, Barack Obama rientrerebbe di fatto, se non ufficialmente, nel team dei consiglieri della Harris, in una posizione di preminenza. Il che significherebbe che molti degli argomenti strategici, sia in politica interna, sia internazionale, degli anni di Obama tornerebbero in ballo, come parti importanti del programma della Harris. In modo particolare, la questione mediorientale con le sue proiezioni internazionali. In questo contesto sempre sull’orlo di una crisi di vaste proporzioni, un ruolo centrale è giocato, come si sa, da Israele.
Nel 2015, Obama firmò un trattato con l’Iran, in base al quale – disse il presidente americano – “l’Iran non produrrà uranio altamente arricchito e plutonio per uso militare”, e, di conseguenza, le sanzioni a carico del regime degli ayatollah sarebbero state sospese. Nel 2017, Trump cancellò il trattato e ristabilì le sanzioni contro Teheran. Le ragioni delle decisioni del nuovo presidente erano duplici. In primo luogo, le informazioni che i servizi segreti americani stavano accumulando rivelavano che il trattato firmato da Obama stava concedendo all’Iran una libertà di manovra in tutto il Medio Oriente; in secondo luogo, Teheran continuava segretamente la sua politica di arricchimento dell’uranio, impedendo ai controllori internazionali di penetrare nelle siti più importanti dell’apparato nucleare iraniano, con il pretesto di dover preservare fondamentali segreti di Stato.
Insomma, il trattato firmato da Obama e dagli ayatollah poneva l’Iran sciita in una posizione preminente nel contesto mediorientale, costituendo un grave pericolo per i Paesi arabi sunniti. Tale trattato, inoltre, secondo le prospettive di Obama, avrebbe dato vita ad un avvicinamento politico, ma anche economico, tra Washington e Teheran, un incontro di portata tale da tenere lontani dall’Iran sia la Russia, sia la Cina. Probabilmente, si trattava di un progetto troppo ambizioso, se si tiene conto della necessità di Mosca e di Pechino di ottenere il petrolio e il gas naturale iraniani. Inoltre – questo era un aspetto di vitale importanza – gli accordi irano-americani rappresentavano un pericolo gravissimo per Israele, che veniva a perdere il sostegno che gli Stati Uniti avevano garantito allo Stato ebraico dal 1948 sino a quel momento. Netanyahu si rivolse duramente ad Obama e disse: “L'accordo minaccia noi e i nostri vicini. Non sto cercando di distruggere l'intesa, sto cercando di distruggere una cattiva intesa”. Anche i vicini di Israele, che già in quel periodo si stavano attrezzando politicamente per chiudere il contenzioso storico con Israele, cosa che avverrà con gli “Accordi di Abramo” del 2020, non condivisero i contenuti degli accordi voluti da Obama.
Trump, dunque, cancellò gli accordi del 2015. L’Iran si sentì libero di accelerare il proprio programma nucleare. Per essere chiari: anche durante i brevi anni degli accordi l’Iran portò avanti nascostamente il suo progetto, ma ora lo poteva fare a cielo aperto. Il parziale rallentamento del programma nucleare avvenne soltanto in occasione di alcuni colpi di mano di Israele all’interno dei siti nucleari di Teheran. Il pericolo nucleare di Teheran è oggi ancora ben presente nella scena del Medio Oriente e, questa volta, grazie al sostegno tecnologico di Russia e Cina. In questo modo, il quadro nucleare del Medio Oriente va mutando senza sosta, allarmando ancor di più Israele e i Paesi arabi sunniti. È recente la richiesta da parte dell’Arabia Saudita di ottenere dagli Stati Uniti i sostegni tecnologici indispensabili per dotarsi dell’arma nucleare.
Se Kamala Harris dovesse vincere le elezioni e divenire, così, il nuovo presidente degli Stati Uniti, l’influenza di Obama si evidenzierebbe subito. L’incontro dei due di questi ultimi giorni ha avuto un significato molto preciso. Netanyahu attende con preoccupazione gli esiti delle votazioni del prossimo novembre, benché la Harris abbia affermato che gli Stati Uniti saranno sempre al fianco di Israele. Gli eventi del Medio Oriente nel 2025 ci diranno quali saranno i programmi di una Harris vincente.