Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/01/2024, a pag. 9, con il titolo "La preoccupazione di Usa e alleati: è in discussione il destino del Pianeta" la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Putin, uno Stalin dei tempi moderni
NEW YORK — Washington evita di ingaggiare un botta e risposta col presidente russo Putin, sulle minacce lanciate contro i paesi Baltici, per non favorire un’escalation retorica e magari militare. Dietro le quinte però la Nato è ben cosciente del pericolo di attacchi contro il suo territorio, come ha riconosciuto ieri il presidente del suo Military Committee, l’ammiraglio Rob Bauer. Da febbraio a giugno l’Alleanza ha in programma la più grande esercitazione dalla fine della Guerra Fredda, anche per lanciare a Mosca il segnale che è pronta a rispondere ad eventuali azioni ed applicare l’Articolo V sull’impegno reciproco a difendere tutti i paesi membri.
Ieri Bauer, che nei prossimi mesi lascerà il posto al capo di Stato Maggiore della Difesa italiano Giuseppe Cavo Dragone, ha aperto così la riunione dei 31 leader militari della Nato: «Oggi è il 693° giorno di quella che la Russia pensava sarebbe stata una guerra di tre giorni. Kiev avrà il nostro sostegno ogni giorno a venire, perché l’esito di questo conflitto determinerà il destino del mondo». Quindi ha aggiunto: «La guerra non ha mai comportato alcuna reale minaccia alla sicurezza della Russia, proveniente dall’Ucraina o la Nato.
Riguarda invece il fatto che la Russia teme qualcosa di molto più potente di qualsiasi arma fisica sulla terra: la democrazia. Se il popolo ucraino potrà godere dei diritti democratici, presto anche il popolo russo li desidererà». Questa è la vera ragione per cui Putin teme il successo di Kiev, come modello politico e di vita che insidierebbe la stabilità di Mosca, dimostrando ai suoi cittadini l’esistenza di un’alternativa migliore all’autocrazia.
Per difendersi dal pericolo il Cremlino sfrutta la retorica nazionalistica, che ha prima applicato all’Ucraina, ma ora l’allarga ai paesi baltici nella speranza dichiarata di ricostruire l’impero sovietico.
Il giornale Bild ha pubblicato documenti dell’intelligence tedesca sul timore di un attacco per prendere il Suwalki Gap, corridoio che collega la Bielorussia a Kalinigrad, città natale di Immanuel Kant, quando si chiamava Königsberg e non aveva nulla di russo. Potrebbe avvenire nel 2025 o anche nel 2024, giustificato per soccorrere i cittadini di origine russa. Il corridoio passa per Polonia e Lituania, la cui capitale Vilnius è a 33 chilometri dal confine con la Bielorussia. Quindi un’invasione farebbe scattare l’Articolo V della Nato sulla difesa collettiva. L’Alleanza lo sa bene e ha convocato l’ultimo vertice proprio a Vilnius, lo scorso luglio. Da febbraio a giugno terrà l’esercitazione “Steadfast Defender”, la più grande dalla fine della Guerra Fredda, a cui parteciperanno tutti i 31 paesi membri in Polonia, Germania e Paesi Baltici. La Gran Bretagna ha annunciato che fornirà 20.000 soldati ma il totale è destinato a superare 40.000 uomini e mezzi.
Il messaggio è chiaro. Il presidente Biden ha detto che «se non fermiamo Putin in Ucraina, il suo appetito crescerà oltre». Ieri ha invitato i leader del Congresso alla Casa Bianca, lo Speaker repubblicano della Camera Johnson, il democratico Jeffries, il capo democratico del Senato Schumer e il repubblicano McConnell, per discutere gli aiuti a Kiev. Biden ha chiesto 110,5 miliardi per Ucraina, Israele e Taiwan. I repubblicani vogliono in cambio misure per la sicurezza del confine col Messico. Il negoziato procede e le dichiarazioni di Putin accrescono la sua emergenza.
Questo dibattito avviene sullo sfondo della campagna per le presidenziali americane, che potrebbero cambiare tutto. Quando qualche settimana fa incontrammo in New Hampshire la candidata repubblicana Nikki Haley, commentò così: «Putin ha già detto che se vincerà in Ucraina, poi toccherà a Polonia e paesi baltici. A quel punto saremmo in guerra, perché sono paesi Nato, e dovremmo mandare i nostri figli a combattere. Quindi dobbiamo impedirgli di vincere, perché aiutando Kiev facciamo il nostro interesse».
Trump non la pensa così, e aveva detto alla presidente della Commissione europea von der Leyen che se la Ue fosse stata attaccata, non sarebbero intervenuto a difenderla. Chi lo conosce assicura che in realtà vuole solo spingere gli europei ad investire di più nella difesa, secondo l’impegno preso a Cardiff da Obama e Renzi di spendere almeno il 2% del Pil, comprando armi americane. Il Congresso peraltro ha appena approvato una legge che gli vieterebbe di uscire dalla Nato, senza un voto al Senato con maggioranza di due terzi. La sua strategia per l’Ucraina sembra basarsi sulla capacità di negoziare un accordo con Putin, ma se fallisse e Mosca invadesse la Nato, non è detto che resterebbe fermo.
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