Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 15/01/2024, a pag.6, con il titolo "Celebrazione verde per venti donne eroine del 7 ottobre: un albero per ciascuna" l'analisi di Carlo Baroni.
Carlo Baroni
Il momento dell'interramento degli alberi
C’è un albero per ognuna di loro. Perché come loro ha radici profonde e rami che abbracciano. Israele ha deciso di onorarle così. Il 7 ottobre erano nel posto sbagliato ma hanno scelto il momento giusto per fare qualcosa. Venti donne che potevano scappare o nascondersi. E non ci sarebbe stato da vergognarsi. A guidarle il senso di giustizia. La volontà di fare argine alla barbarie. Sono le eroine nascoste della guerra. Si sono salvate perché hanno deciso di salvare gli altri. Qualcuna aveva la divisa e sapeva come fare, altre erano donne d’affari, madri e casalinghe. Ci sono venti storie da raccontare. Di quelle che restano. E danno coraggio a chi ha ancora un parente o un amico in ostaggio. Ma infondono fiducia anche alle donne che stanno dall’altra parte, a Gaza. Perché con il loro esempio ci insegnano che un altro modo di stare al mondo è possibile. Si chiamano Shifra, Tali e Shoshana. Yamit e Liraz. Nurit, Valery, Bat e Linav. Un’altra Tali, Moran e Omer. La loro storia è racchiusa dentro un albero. Un Qr code permetterà di ascoltarle. Lungo un sentiero che è stato dedicato alle eroine del 7 ottobre. «Non abbiamo scelto di erigere una statua o appendere una targa; abbiamo selezionato un percorso che sia il più rappresentativo possibile del nostro viaggio verso la vitalità» ha spiegato Yafid Ovadia Luski, presidente di Kkl che ha promosso l’iniziativa. A guidarle nella celebrazione un’altra donna coraggiosa che nella vita ha sfidato pregiudizi e oppressioni: Linor Abargil. Ha subito la violenza di un uomo e ha impiegato anni per avere giustizia. Era il 6 ottobre (la casualità di certe date…) 1998 e lei era a Milano per partecipare a delle sfilate di moda.
Tali Hadad racconta quel Black Saturday: «Ho trovato mio figlio Itamar ferito e sanguinante. Gli ho detto: la mamma non viene con te all’ospedale, torno a prendere altri feriti e tu sarai un eroe». Come Norit Cohen, volontaria Zaka, un’organizzazione di salvataggio: «Ogni macchia di sangue, ogni buco nel pavimento ci raccontava una storia di spari, esplosioni di bombe. Vedo una connessione tra femminilità, nascita, resilienza, semina».
Parole che sono echeggiate qualche settimana fa dentro le sale dell’Onu. A pronunciarle sempre Linor Abargil che ha denunciato il silenzio sulle donne violentate da Hamas. «È come se sentissi il loro dolore. Sento il loro insulto. La loro dignità infranta; le loro vite sono state tolte e il silenzio pietrificante e assolutamente vergognoso a cui abbiamo assistito da allora». E allora alle venti donne coraggiose se ne è già aggiunta un’altra.
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