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La Stampa Rassegna Stampa
14.01.2024 Sudafrica e Hamas alleati
Nello Del Gatto intervista Daniel Taub

Testata: La Stampa
Data: 14 gennaio 2024
Pagina: 19
Autore: Nello Del Gatto
Titolo: «L'accusa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/01/2024, a pag.19 con il titolo "L'accusa: follia accusare Israele di genocidio così si fa il gioco dei terroristi" l'intervista di Nello Del Gatto a Daniel Taub.

Nello Del Gatto
Nello Del Gatto

Daniel Taub, ex ambasciatore di Israele nel Regno Unito

«Io credo che sia improbabile che Israele venga accusato di genocidio. Lo riterrei ripugnante. Sarebbe una riscrittura del concetto per utilizzarlo come arma contro lo Stato ebraico». È questo il pensiero di Daniel Taub, ex ambasciatore israeliano nel regno Unito, avvocato, già Principal Deputy Legal Advisor del ministero degli Esteri e rappresentante di Israele in diversi consessi internazionali. «Mi auguro - riprende Taub - che questa iniziativa venga alla fine riconosciuta per quello che è: una mossa politica. Queste macchinazioni possono portare all'indebolimento del diritto internazionale e della capacità degli Stati di difendersi dal terrorismo». Per Taub, il processo contro Israele dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia, chiesto dal Sudafrica, per genocidio contro i palestinesi a Gaza, è una «valanga diplomatica» contro lo Stato ebraico ed è quello che i palestinesi vogliono. «Ciò a cui stiamo assistendo oggi è la continuazione di un processo che va avanti ormai da diversi decenni. È in atto - dice il diplomatico - una manovra a tenaglia per cui i gruppi terroristici palestinesi e i loro sostenitori da un lato operano esclusivamente all'interno di aree civili, dall'altro cercano di sfruttare le organizzazioni internazionali come parte di una campagna contro Israele, criminalizzando gli sforzi israeliani per difendersi». Quindi lei pensa che a livello internazionale si stia cercando di remare contro Israele? «Basti pensare che il Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra ha approvato più risoluzioni che condannano Israele di tutti gli altri Paesi del mondo messi insieme. Quello che abbiamo visto negli ultimi due decenni è un tentativo di sfruttare le istituzioni legali contro lo Stato ebraico. Sembra che ci sia uno sforzo concertato per riscrivere i principi fondamentali del diritto internazionale». Faccia qualche esempio. «Prima che Israele si ritirasse dalla Striscia, nel 2005, tutti dicevano che con questa azione Gaza non sarebbe più stata considerata come occupata. E poi, stranamente, abbiamo visto un tentativo di riscrivere completamente le regole dell'occupazione, perché dicono che Israele ha ancora il controllo della sfera elettromagnetica. È davvero bizzarro». L'accusa che viene mossa ad Israele ora in questo processo è quella di genocidio. In un briefing organizzato da Media Central ha detto che la ritiene senza senso. «Stiamo assistendo in modo abbastanza scioccante, a un tentativo di ridefinire, oltre la credibilità, il concetto del crimine di genocidio. Per prima cosa ricordiamo che Israele è parte della Convenzione sul genocidio del 1948, è stato uno dei primi Paesi a firmarla. Il concetto di genocidio è molto sentito in Israele, come Stato ebraico. E ricordiamoci che il 7 ottobre c'erano sopravvissuti all'Olocausto che sono stati uccisi o rapiti e portati via. E credo che questo sia ciò che dà una particolare forza emotiva alla partecipazione di Israele». Due udienze si sono già tenute. Sudafrica e Israele hanno spiegato le loro posizioni. Che succederà ora? «Siamo ancora alle fasi preliminari del procedimento. La sostanza dell'accusa di genocidio verrà fuori in una fase successiva. Il tribunale può però in questa fase emettere ordini a compiere o limitare determinate azioni, se è convinto che sia plausibile che si stia commettendo un genocidio». Perché proprio il Sudafrica ha deciso di agire contro Israele? «Sappiamo tutti che il Paese ha una lunga storia di amicizia con Hamas e i palestinesi, sappiamo che si è addirittura congratulato con loro per i fatti del 7 ottobre. Il Sudafrica ha ospitato il presidente sudanese, Omar al-Bashir, responsabile del genocidio in Darfur, proteggendolo dall'arresto. Quindi bisognerebbe porsi delle domande sull'opportunità che un Paese del genere proponga un procedimento di questo tipo e lo avalli. Il Sudafrica ha prodotto un documento di 84 pagine nelle quali ciò che colpisce è che non c'è alcun riferimento alle stragi del 7 ottobre, ai crimini sessuali, agli occultamenti di armi nei tunnel, al furto degli aiuti dell'Onu. Nessun riferimento ai missili di Hamas che hanno ucciso i suoi stessi civili, e così via». Venendo proprio all'accusa di genocidio, lei crede che Israele abbia qualcosa da temere? «Usare il termine genocidio è un grave errore di categoria. L'obiettivo della Convenzione sul genocidio non era quello di copiare e incollare le leggi sui conflitti armati che sono già sancite in altri organismi, in altri metodi di indagine. Credo che Israele porrà l'accento sull'incapacità della richiesta sudafricana di dimostrare questo intento e anzi farà notare che da quando, nel 1967, Israele prese il controllo di questi territori, la qualità della vita per la popolazione palestinese è migliorata. La mortalità infantile è calata. La popolazione è quintuplicata. Quindi direi che non stiamo parlando di un tentativo di genocidio molto efficace. Ricordiamoci che anche alla vigilia del 7 ottobre Israele permetteva a quasi 20.000 palestinesi di lavorare in Israele nelle città e nei villaggi israeliani. C'erano volontari israeliani che trasportavano palestinesi malati per ricevere cure mediche in Israele. Tragicamente, il 7 ottobre, abbiamo scoperto che alcuni di questi lavoratori stavano invece tramando per agire contro Israele». È indubbio però che con gli attacchi israeliani migliaia di palestinesi a Gaza muoiano. Crede davvero che Israele faccia di tutto per salvaguardare i civili? «Consentire evacuazioni e dare preavvisi sono condizioni difficili e spesso impossibili da realizzare. Il tutto in un contesto in cui Hamas ostacola le evacuazioni, confisca le chiavi delle auto, bombarda le vie di evacuazione e così via. Per Israele penso che sia chiaro che anche una sola vittima civile è una tragedia mentre per Hamas sembra essere l'opposto. Lo scopo di questo procedimento è legare la mano a Israele. Ma in questo modo Hamas la farebbe franca. C'è un processo straziante per affrontare i dilemmi della proporzionalità. Come valutiamo la probabilità di vittime civili rispetto alla necessità militare dell'operazione? Qui si sta letteralmente trasformando il diritto internazionale in una sorta di patto suicida secondo il quale Israele non avrà l'opportunità di difendersi».

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