Il Mossad contro il 'partito di dio' libanese Analisi di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 10 gennaio 2024 Pagina: 13 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Quel timore dello Stato ebraico per i velivoli senza pilota»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/01/2024, a pag. 13, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "Quel timore dello Stato ebraico per i velivoli senza pilota".
Guido Olimpio
Il duello di versioni sulla presunta uccisione in Libano del responsabile dei droni dell’Hezbollah, Ali Hussein Barji, porta l’attenzione su uno dei fronti più caldi della battaglia che oppone Israele ai suoi molti avversari e in particolare ai combattenti che agiscono sul confine nord.
I velivoli senza pilota sono una minaccia temuta da parte dello Stato ebraico e ben prima della crisi iniziata con l’assalto di Hamas del 7 ottobre. Stime di esperti ritengono che il movimento libanese abbia almeno 2mila esemplari, un balzo consistente se è vero che nel 2006 ne contava appena una cinquantina. La componente «aeronautica» dispone di mezzi per la ricognizione, di piccoli apparati che possono sganciare ordigni, di altri in versione kamikaze (vengono fatti schiantare sui target) e di modelli in grado di lanciare missili. Infatti, i guerriglieri li hanno usati a ripetizione, anche in queste ore, contro il comando di Safed.
La crescita dell’arsenale, in quantità e qualità, è attribuita all’aiuto dell’Iran, il grande fornitore di armi in favore di milizie sciite e sunnite, lo schieramento che si riconosce nell’Asse della resistenza.
Spedizioni di materiale diventate l’oggetto di interesse primario per il Mossad mentre la Difesa ha ampliato la sorveglianza sul Libano. E a metà settembre il ministro Yoav Gallant, nel corso di una conferenza, ha segnalato la presenza di una base per i droni Hezbollah a Birket Jabbour, ad appena venti chilometri da Metullah, cittadina sulla frontiera. Un’accusa accompagnata — secondo il rito — da foto piuttosto nitide che hanno evidenziato una striscia d’asfalto lunga oltre un chilometro, edifici, piazzole.
Fonti libanesi non hanno smentito i dettagli sul «sito», tuttavia hanno sottolineato che proprio la vicinanza al confine con Israele avrebbe esposto il «campo» a eventuali attacchi. Che sarebbero in effetti avvenuti nei mesi a seguire con un paio di bombardamenti.
I droni, peraltro, sono un sistema piuttosto flessibile e le strutture d’appoggio possono essere spostate. Al movimento non mancano inventiva, risorse e opzioni per nascondere i punti di lancio. E l’esperienza dei conflitti più recenti — come quello in Ucraina ma soprattutto in Yemen, dove operano gli Houthi, altra costola della «resistenza» — conferma un adattamento continuo.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante