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La Stampa Rassegna Stampa
07.01.2024 Per Hamas una nuova Norimberga: intervista a Alan Dershowitz
Intervista di Francesco Semprini a Alan Dershowitz

Testata: La Stampa
Data: 07 gennaio 2024
Pagina: 12
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Alan Dershowitz. Folle accusare Israele di genocidio. Per Hamas una nuova Norimberga»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/01/2024 a pag.12 con il titolo "Alan Dershowitz. Folle accusare Israele di genocidio. Per Hamas una nuova Norimberga" l'intervista di di Francesco Semprini a Alan Dershowitz.

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Francesco Semprini

Dershowitz may represent Israel at International Court of Justice – The  Forward
Alan Dershowitz, professore di legge di Harvard

«L'accusa di genocidio è effimera e deviante, Israele sta facendo il possibile per contenere le vittime civili.
Concordo sull'istituzione di un tribunale speciale per giudicare i crimini del 7 ottobre come quello creato per Adolf Eichmann, ma mi chiedo perché alcuni movimenti femministi si sono rifiutati di condannare gli stupri di Hamas? Vige la regola "MeToo except if you're Jew"?». È senza filtri Alan M. Dershowitz, professore di legge di Harvard che, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe ricevuto richiesta da Benjamin Netanyahu di difendere Israele dalle accuse di genocidio davanti alla Corte internazionale di giustizia la prossima settimana. Lo Stato ebraico è stato chiamato in giudizio dinanzi alla Icj con l'accusa di genocidio dal Sudafrica in relazione alla guerra nella Striscia di Gaza. «Non posso commentare su possibili miei ruoli», spiega a La Stampa il principe del foro affermando tuttavia: «Difendo Israele da più di mezzo secolo e continuerò a difenderlo quando sarà giusto».
Come in questo caso? «L'accusa è falsa, viene manipolato l'uso della parola genocidio, il reale genocidio è avvenuto in altri Paesi del mondo e le Nazioni Unite hanno sovente prestato davvero poca attenzione a questi casi. Il Sudafrica è una democrazia fallita, una cleptocrazia che si è rifiutata di condannare genocidi che avvengono in Paesi a lei vicini - tuona Dershowitz -. L'accusa nei confronti di Israele è assolutamente debole, perché sono stati fatto grandi sforzi per evitare vittime civili. Se la Icj fosse oggettiva darebbe ragione a Israele, ma ricordiamoci che non parliamo di un tribunale reale, è costituita da togati nominati dai rispettivi Stati membri e in alcuni casi questi prendono ordini dai loro governi. Non è la Corte penale internazionale che è indipendente».
Secondo quanto riferito da fonti legali del Palazzo di Vetro, «Icj è l'organo Onu che dirime questioni di diritto internazionale, cioè vertenze tra Stati, ma non si pronuncia sulla responsabilità penale di un membro». La Corte nasce con la Carta costitutiva e ha sede all'Aia come la Cpi, ma a differenza di questa discute il diritto internazionale e non i crimini internazionali. «Una delle suddette questioni può essere, come in questo caso, la violazione della convenzione sul genocidio», spiega la fonte Onu. Nella fattispecie il Sudafrica afferma che Israele stia violando il suo dovere di prevenire che avvenga un genocidio. La convenzione sul genocidio impone infatti non solo un obbligo di non commettere genocidio ma anche di prevenirlo quando se ne ha il dovere.
«Il Sudafrica - afferma l'esperto Onu - sostiene che Israele non stia facendo abbastanza in questo senso», accusa che troverebbe riscontro nei 22 mila morti di Gaza. «Sono stati molti di più in Iraq e Afghanistan, Israele ha il miglior rapporto di civili/combattenti uccisi pari a 1 a 2, per ogni terrorista ammazzato ci sono due civili morti, in altri scenari il rapporto è di 1 a 3,4,5 o 10 - chiosa il professore -. La gente che viene uccisa a Gaza inoltre è anche vittima di Hamas che utilizza i civili come scudi umani». Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale dello Stato ebraico, ricorda che Israele è «un firmatario di lunga data della Convenzione sul genocidio. Confuteremo pertanto questa accusa assurda che equivale a una diffamazione di sangue».
Esistono precedenti nella storia della Corte. Nel novembre del 2019 la Repubblica del Gambia ha avviato un ricorso contro la Repubblica dell'Unione di Myanmar sul crimine di genocidio perpetrato - secondo l'accusa - nei confronti della popolazione Rohingya.
Riavvolgendo il nastro della storia al 1996, nel mezzo della guerra dei Balcani, Bosnia ed Erzegovina citarono in giudizio Serbia e Montenegro per la mancata applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, ottenendo una condanna. Qualora fosse riconosciuta la responsabilità dello Stato chiamato in causa ne deriverebbe una sanzione in cui si afferma che c'è stata violazione della convenzione. Da lì nasce un diritto di compensazione di carattere monetario. Al di là degli esiti dell'Aia, Dershowitz si dice favorevole all'istituzione di un tribunale speciale per giudicare i crimini del 7 ottobre come quello creato dopo la Shoa per Adolf Eichmann, ipotesi invocata dai falchi israeliani: «In quel caso gli imputati sarebbero migliaia perché non includerebbe solo terroristi di Hamas ma anche cittadini ordinari che hanno seguito i miliziani negli atti del 7 ottobre». Questa è l'opinione dominante nello Stato ebraico (corroborata dai video del 7 ottobre) e, spiegano fonti Onu, «sarà probabilmente la tesi portante delle indagini giudiziarie, anche per giustificare un'azione militare di tale magnitudo». Dershowitz va oltre: «Sarebbe importante capire la responsabilità di gruppi di attivisti come alcune organizzazioni di femministe che si sono rifiutate di condannare gli stupri di Hamas compiuti quel giorno. Dove è il movimento #Metoo? Vale la regola "#MeToo except if you're jew" (#MeToo non vale se sei ebreo)». Sul futuro di Gaza infine, l'avvocato, già legale di Donald Trump nella vicenda di impeachment dell'ex presidente, non ha dubbi: «Occorre spazzare via Hamas e procedere con la formula dei due Stati puntando a una leadership palestinese, ad esempio quella dell'Anp, che però riconosca senza se e senza ma il diritto ad esistere dello Stato di Israele. Ne ho discusso personalmente con Abu Mazen e con altri importanti rappresentati palestinesi. Non c'è altra soluzione». 

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