Riprendiamo da LIBERO di oggi, 06/01/2024, a pag.1, l'articolo "In tv con la pistola per proteggermi dall’odio di Hamas" di Alessandro Gonzato.
Alessandro Gonzato
La foto che ha fatto il giro del mondo: la giornalista Lital Shemesh conduce un programma tv con la pistola infilata nei pantaloni
In Israele in tutto il 2022 il governo ha concesso 13mila licenze per il porto d’armi. La legge è sempre stata piuttosto severa, ma c’è stato un allargamento delle maglie. Dallo scorso 7 ottobre, giorno dell’atroce attentato di Hamas, a fine novembre - quindi in meno di due mesi- il governo di permessi ne ha approvati il doppio.
Un’inchiesta del New York Post riporta che dall’indomani della strage a oggi sono state almeno 256mila le richieste presentate dai cittadini, e in Israele ci sono meno di 10 milioni di abitanti, bambini inclusi.
Lital Shemesh, dopo il massacro compiuto dai terroristi islamici, conduce il suo programma con una pistola che le sbuca dai pantaloni, dietro, vicino alla batteria del microfono. Shemesh, 40 anni, è una delle giornaliste televisive più conosciute in Israele, lavora da otto anni a Channel 14 dove conduce il talkshow delle 5 del pomeriggio, è corrispondente per la National Israeli Broadcast Authority, creatrice di format tivù, e ha un master in Studi ebraici. E' anche riservista dell’esercito. La sua foto mentre è seduta al tavolo della conduzione con l’arma alla cintura sta facendo il giro dei social. Molti telespettatori l’hanno elogiata.
Dal mondo islamico invece è arrivato ogni tipo di minaccia.
Shemesh, perché la pistola al lavoro?
«Dovete capire che dopo il maledetto 7 ottobre, dopo il massacro, non ci sentiamo più sicuri, neanche nel nostro Paese. Quello che i terroristi di Hamas hanno fatto alla popolazione israeliana, e penso in particolare alle donne, è orribile. Ho sentito il bisogno di difendermi, di prendere un’arma per sentirmi più protetta. Qualcuno forse non afferra una cosa...».
Prego.
«Nei suoi 75 anni di esistenza, Israele non ha mai subìto una strage simile.
Per noi è stato un secondo olocausto».
Che pistola porta?
«Una Smith&Wesson Shield plus».
Si aspettava che la foto suscitasse tanto clamore? «Diciamo che sono rimasta scioccata dalle reazioni, ma capisco anche che possa essere particolare l’immagine di una conduttrice con un’arma». Chi l’ha scattata? «Un ospite del programma. Anche lui è rimasto molto colpito». In Italia ci sono giornalisti che contestano l’inchiesta del New York Times sulle violenze contro le donne israeliane. «Trovo triste che ci siano persone che ancora oggi negano cos’hanno fatto alle donne i terroristi di Hamas, anche perché ormai i filmati si trovano ovunque online. Dopo aver visto i terroristi prendere in ostaggio le donne a Gaza, persone innocenti che ballavano a un festival, certa gente si permette ancora di negare questi orrori. Peraltro ci sono tuttora persone tenute prigioniere. Penso, in generale, che negare certi fatti rappresenti un atteggiamento antisemita, ed è inaccettabile. Se il mondo ignorasse ciò che sta accadendo qui, questo terrore busserebbe anche ad altre porte». Quanti anni ha prestato servizio nell’esercito? «Tre, come soldato combattente». Cosa sono per lei Hamas e la Palestina? «Guardi, in realtà Hamas e l’autorità palestinese sono la stessa cosa». Cosa intende? «Nell’atto costitutivo di Hamas c’è scritto “cancellare Israele dalla mappa”. Nella Costituzione palestinese c’è scritta esattamente la stessa cosa. Un documento è religioso, l’altro laico, ma il contenuto è uguale. La politica dell’autorità palestinese è quella di finanziare i terroristi, pagare le loro famiglie e indottrinare i figli all’odio degli ebrei. Finché esisterà questo sistema, qui non avremo mai la pace». Shemesh continua a ricevere messaggi su Instagram. A un certo punto è lei a pubblicare una storia. C’è la sua foto, in tivù con la pistola, con l’aggiunta della scritta: «Non si scherza con le donne ebree».
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