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Il Giornale Rassegna Stampa
06.01.2024 C'è il piano per Gaza. Ma la destra attacca il capo dell'esercito. E Bibi è sotto assedio
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 06 gennaio 2024
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «C'è il piano per Gaza. Ma la destra attacca il capo dell'esercito. E Bibi è sotto assedio»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 06/01/2024 a pag.12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "C'è il piano per Gaza. Ma la destra attacca il capo dell'esercito. E Bibi è sotto assedio"

Fiamma Nirenstein
Fiamma Nirenstein
Finance Minister Bezalel Smotrich (L) Prime Minister Benjamin Netanyahu (C) and Defense Minister Yoav Gallant
Da sinistra verso destra, alcuni dei protagonisti dello scontro nel governo israeliano; Smotrich (ministro Finanze), Benjamin Netanyahu (premier) e Yoav Gallant (ministro della Difesa)

Non è una crisi di nervi né uno scontro solo politico quello che all'una di notte ha scosso la riunione del Gabinetto di Guerra fino a che Netanyahu ha dovuto sospenderlo. È la crisi esistenziale che Israele deve attraversare dopo il disastro del 7 di ottobre. Una conseguenza dello scontro è stata la reazione di Benny Gantz, antagonista storico di Netanyahu ma oggi insieme nel governo di emergenza, che lo ha pubblicamente invitato a prendere posizione chiara scegliendo l’unità, evidentemente con lui, oppure la politica. L’origine dello scontro è stato l’annuncio, durante la riunione di ieri, del Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi di una commissione di indagine sull’esercito che partisse dal fallimento di ottobre. Non è chiaro se Halevi vuole risposte sull’ottobre, quindi anche sul suo operato, o sui problemi di un esercito che oggi affronta la guerra più difficile, sopra e sottoterra, negli ospedali, nelle case, nelle moschee. Gli si chiede di combattere più deciso, più forte, con più interventi dall’aria, per affrontare la sofferenza del paese di fronte ai soldati uccisi; o al contrario si vuole cautela perché sottoterra o negli edifici possono trovarsi gli ostaggi. La disputa si è accesa su due punti: il primo sull’opportunità di porre ora all’esercito questioni mentre sta combattendo, senza aspettare la fine della guerra. E il secondo riguarda le scelte dei nomi: soprattutto Shaul Mofaz, ex Capo di Stato maggiore, e il generale Aharon Zeevi Farkash, ex capo dell’intelligence dell’esercito. Quattro ministri nell’imbarazzo della commissione presieduta da Netanyahu, che infatti ha chiuso l’incontro dopo improprie grida udite anche fuori della stanza, si sono scagliati contro il Capo di Stato Maggiore: sono i ministri della destra Ben Gvir e Betzalel Smotrich, e due membri del Likud, Miri Regev e David Amsalem. I quattro hanno ricordato che Mofaz tenne per lo sgombero di Gaza nel 2005, che Farkash ha sostenuto l’obiezione militare nello scontro sulla riforma giudiziaria… punti poco legati al tema. Punti sostenibili, ma certo improprio l’attacco al pilastro dell’attuale difesa israeliana sul campo, e quindi al punto di riferimento dei soldati in battaglia. Gallant ha cercato di bloccare con Gantz i quattro, Bibi ha chiuso la riunione senza parlare e d è criticato per questo Adesso si tratta di affrontare come in programma, dato che Blinken è in arrivo, la questione del “day after”, oggetto della riunione fallita. IL ministro degli affari strategici Ron Dermer e Gallant ministro della Difesa, hanno il compito difficile di illustrare i punti in comune e le differenze con gli USA. Si sa del piano di Yoav Gallant che Israele manterrà libertà di azione militare ma che non ci sarà presenza civile israeliana a Gaza dopo che gli obiettivi della guerra siano stati raggiunti. Una forza multinazionale di stati europei e arabi sosterrà la responsabilità della ricostruzione e della gestione insieme ai palestinesi, Stati Uniti e con Israele e Egitto contribuiranno a isolare il confine fra Gaza e L’Egitto. L’entità palestinese riformata e affiancata dalla forza multinazionale governerà coi meccanismi amministrativi esistenti dentro Gaza, basata su comitati locali. La forza multinazionale sorveglierà e aiuterà. Parole dietro le quali si celano mille domande. Che il piano sia o meno realizzabile, è il terreno di incontro che si può concordare con Biden, un rilancio da Premio Nobel, fantasioso, volenteroso, di “due stati per due popoli”. Ma che i palestinesi di Abu Mazen (all’ospedale in queste ore), che fino ad ora tengono per Hamas, diventino un partner, è possibile se abbandoneranno il loro sogno: vedere crescere la mezzaluna iraniana che, come dimostra anche il discorso di Nasrallah, pensa di strangolare Israele circondandola di nemici. Per questo che quando Ben Gvir dice che vuole rioccupare Gaza, prospettiva davvero poco attraente che non a caso fu rigettata da Sharon con lo sgombero nel 2005, ha un peso nell’opinione pubblica. Prima dell’aggressione del 7 ottobre, Israele non conosceva una lezione che purtroppo ha poi dovuto imparare: quella dell’odio che non conosce confini. Su come gestire questa nuova consapevolezza in un Paese democratico, è aperta una difficile discussione.

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