Roma. Mus’ab Hasan Yusuf, “the green prince”, il figlio del capo di Hamas in Cisgiordania, sui social è uno dei più accaniti a denunciare i crimini di Hamas. Ma può farlo solo perché vive a San Diego. “Dal 7 ottobre ho perso la maggior parte dei miei amici arabi” scrive sull’Express lo scrittore e poeta nato a Damasco, Omar Youssef Souleimane, che ha partecipato alle manifestazioni contro il regime di Bashar al Assad, ma, braccato dai servizi segreti, è dovuto fuggire dalla Siria nel 2012. Rifugiato in Francia, Souleimane oggi pubblica con Flammarion. “Ai loro occhi, l’antisemitismo in medio oriente non dovrebbe essere rivelato agli occidentali, per non sostenere l’agenda sionista. Soprattutto nel mezzo della guerra israelo-palestinese. Molti mi hanno inviato messaggi per tagliare i ponti in seguito alla pubblicazione dei miei testi sull’odio verso gli ebrei. Sono stati pubblicati articoli in arabo in cui si spiegava che voglio essere famoso, che voglio soldi, che sono un traditore. La cosa più triste è che con alcuni di questi ex amici abbiamo manifestato insieme contro il regime in Siria. Sono stati miei compagni nella rivoluzione siriana, sanno benissimo che demonizzare Israele è una parte essenziale della propaganda del regime per restare al potere, uno spaventapasseri destinato a intimorire la popolazione”. Dopo il 7 ottobre, Souleimane è stato minacciato sui social. “Lo troverò e gli distruggerò la faccia”, ha scritto su Facebook un giornalista arabo che vive in Francia. “Ho ricevuto insulti in francese e in arabo, semplicemente per aver detto una verità che tutti conoscono. Sappiamo bene che la parola ‘ebreo’ è un insulto in medio oriente. Sappiamo che più di 800 mila ebrei vivevano nei paesi arabi prima della creazione di Israele e che ne restano solo poche decine di migliaia, nonostante vi abbiano vissuto per secoli”.
Dalia Ziada, acclamata autrice egiziana e attivista per i diritti civili, è stata invitata a partecipare a una videoconferenza organizzata dai ministeri della Difesa e degli Esteri israeliani. La presentazione includeva la proiezione di filmati delle telecamere israeliane e di immagini bodycam filmate dagli stessi terroristi di Hamas mentre compivano le atrocità contro le comunità israeliane. “Ho visto con i miei occhi quanto fossero orgogliosi del loro lavoro e di quello che facevano, ho visto che uccidevano persone senza una ragione, violentavano donne e rapivano persone in pigiama dalle loro case, compresi anziani, bambini piccoli”, dice Ziada. “C’era sangue ovunque, era orribile e scioccante. Appena ho finito di guardare, ho deciso che dovevo dire la verità”. Pur condannando “ogni goccia di sangue versato, sia palestinese che israeliano”, Ziada ha detto di sostenere pienamente gli sforzi di Israele per eliminare Hamas. Ziada, che ha fondato il Liberal Democracy Institute, ha pagato un prezzo altissimo: attaccata non solo online ma anche di persona, con gli islamisti che chiedevano “vendetta” contro di lei. Salafiti hanno presentato una denuncia al pubblico ministero egiziano. Estremisti islamici hanno visitato la casa di sua madre nel tentativo di “darle la caccia” tra le accuse che fosse con una “spia sionista”. Oggi vive fuori dall’Egitto. Quando Amin Maalouf, premio Goncourt (il maggior premio letterario francese) e uno degli “Immortali” dell’Accademia di Francia, ha dato un’intervista al canale israeliano i24, gli islamisti hanno provato a togliergli la cittadinanza libanese e metterlo a processo. Boualem Sansal, il grande scrittore algerino di “2084”, avrebbe dovuto ricevere il Prix du roman arabe, il premio al maggiore romanzo arabo in Francia, ma per un viaggio a Gerusalemme gli hanno sospeso il riconoscimento. “Sono su tutte le liste nere”, scrive Sansal sul Point. Anche il poeta più famoso del mondo arabo, il siriano Adonis, è stato espulso dall’Unione degli scrittori arabi per essersi incontrato con gli israeliani a Granada a margine di una conferenza dell’Unesco. Il più importante giornalista liberale d’Egitto, Farag Foda, è stato pugnalato a morte, accusato di essere a favore della normalizzazione con Israele.
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