Testata: Libero Data: 04 gennaio 2024 Pagina: 12 Autore: Matteo Legnani Titolo: «Hezbollah ha paura e abbandona Hamas»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 04/01/2024, a pag.12, con il titolo "Hezbollah ha paura e abbandona Hamas: La vendetta sciita può attendere" il commento di Matteo Legnani.
Israele non durerà. I sionisti faranno le valigie e lasceranno il Paese attraverso porti e aeroporti, perché hanno capito che il loro apparato di sicurezza non è in grado di proteggerli. E solo su quello si basa lo Stato di Israele». Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha parlato ieri sera poco dopo le 18 ora di Gaza, ma senza invocare la temuta chiamata alle armi delle milizie sciite libanesi, che avrebbe aperto un nuovo fronte della guerra in Medio Oriente.
Nasrallah si sta giocando gran parte della credibilità, sua e del suo movimento, in queste ore. Il discorso di ieri era stato originariamente programmato per commemorare la morte del generale iraniano Qasem Suleimani, il leader delle Guardie armate della rivoluzione ucciso quattro anni fa nei pressi dell'aeroporto di Bagdad nel corso un blitz aereo compiuto dagli americani.
Ma martedì sera, a ventiquattr'ore dal suo discorso, il numero due di Hamas Saleh al-Arouri è stato eliminato insieme a due comandanti delle brigate Al Qassam e ad altri quattro militanti palestinesi con un missile lanciato sul quartier generale del gruppo terroristico nel quartiere di Danieh a Beirut, dove di fatto si trovava sotto la protezione di Hezbollah, che ha una presenza assai radicata in quella parte della capitale libanese.
I PROCLAMI
Le autorità israeliane non si sono assunte la paternità dell’attacco, precisando che in ogni caso quello si trattava di un attacco evidentemente rivolto contro Hamas e non contro il Libano. Tuttavia era dal 2006 che il territorio libanese non veniva attaccato (seppur attraverso il blitz aereo di un drone) da forze armate straniere, dato che negli ultimi anni e anche nelle settimane trascorse dal 7 ottobre scorso, gli scontri tra militanti di hezbollah ed esercito israeliano si erano svolti lungo il confine tra i due Paesi.
Ciononostante, Nasrallah non ha premuto il piede sull’acceleratore, come invece molti osservatori avevano pronosticato. Al termine di un’ora e mezza di oratoria farcita di condoglianze alle “vittime degli occupanti sionisti e americani, di bugie sull’entità del sostegno che la causa palestinese avrebbe ricevuto in tuttoil mondo dallo scorso 7 ottobre e sulla presunta crisi di consenso che quell’attacco avrebbe ingenerato nel popolo israeliano nei confronti del governo di Gerusalemme, Nasrallah ha precisato che «io non sono qui per fare alcuna minaccia oggi, ma dico due cose: la prima è che noi continueremo lo scontro armato con Israele che stiamo portando avanti con Israele lungo il confine con il Libano in un modo che definisco “chirurgico”. Ma – ha proseguito il leader di Hezbollah – se il nemico (Israele, ndr) intende portare la guerra dentro il territorio libanese, come ha provato a fare ieri (martedì, ndr), noi risponderemo con tutto quel che abbiamo in termini di armi e uomini. E non ci sarà freno alla nostra vendetta e alla nostra volontà di difendere il nostro Paese dagli invasori».
L’impressione destata dal temuto discorso è quella di una resa, o quanto meno di una ritirata. Nasrallah, che ieri ha persino detto che non era a conoscenza dell’attacco del 7 ottobre «perché Hamas e Hezbollah sono due organizzazioni indipendenti, che operano in modo autonomo», sa bene che quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza gli israeliani potrebbero replicarlo in poche ore in Libano, se attaccati su quel fronte.
E sa che Gerusalemme e Washington hanno le armi per colpire chiunque (lui incluso) in Libano e in altri Paesi del Medio Oriente, come hanno fatto quattro anni fa a Bagdad con il generale Suleimani, fin lì ritenuto un ‘intoccabile’. E ieri ha platealmente ammesso la sua impotenza, salvo minacciare tuoni e fulmini qualora Israele invadesse il Libano, che è quanto di più lontano Netanyahu intenda fare in questa fase del conflitto con Hamas.
IL COLPO
L’assassinio di Al Arouri, tuttavia, ha avuto e avrà ripercussioni al di là di Hezbollah e del suo patetico leader. Nella West Bank, dove il numero due di Hamas era nato 57 anni fa nella città di Ramallah, ci sono state manifestazioni di protesta in cui sono state bruciate bandiere di Israele. Le brigate Al Qassam, braccio armato di Hamas di cui al-Arouri era stato uno dei fondatori, hanno lanciato nuove minacce attraverso il loro canale Telegram, incitando i palestinesi a «lottare in ogni ambito perché questo cancro sia sradicato dalla terra di Palestina». Al di là della retorica islamista, è inevitabile che il blitz aereo a Beirut provochi uno stallo delle trattative per una nuova tregua nella Striscia di Gaza e di quelle per la liberazione dei civili israeliani che sono ancora tenuti in ostaggio dai terroristi palestinesi a quasi tre mesi dall’attacco del 7 ottobre. Al Arouri era anche uno dei ‘collanti’ tra Hamas e Iran e la sua eliminazione segna un ulteriore coinvolgimento di Tehran nel conflitto.
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