Il ruolo di Washington nel Medio Oriente è decisivo per Israele Analisi di Antonio Donno
Testata: Informazione Corretta Data: 02 gennaio 2024 Pagina: 1 Autore: Antonio Donno Titolo: «Il ruolo di Washington nel Medio Oriente è decisivo per Israele»
Il ruolo di Washington nel Medio Oriente è decisivo per Israele
Analisi di Antonio Donno
Il presidente USA Biden
Mentre gli Stati Uniti stanno colpendo, lungo le coste yemenite del Mar Rosso, le basi degli Houthi, che impediscono il transito delle navi che i terroristi ritengono portino aiuti a Israele, lo Stato ebraico continuala la sua avanzata, pur tra molte difficoltà, verso la parte meridionale della Striscia di Gaza. L’avanzata è sistematica perché intende eliminare metodicamente tutto ciò che ha consentito a Hamas di fortificare le proprie posizioni nei lunghi anni nei quali ha potuto usufruire degli aiuti di ogni tipo provenienti dalla Comunità internazionale, utilizzati non per migliorare le condizioni di vita della popolazione di Gaza, ma per mettere a punto un sistema difensivo e offensivo contro Israele. Ora, finalmente, tutto è chiaro, perché il 7 ottobre, nonostante gli orrori perpetrati nei confronti della popolazione di Israele collocata nei pressi del confine con Gaza, ha prodotto un reazione di Gerusalemme di una tale intensità ed estensione che ha mostrato al mondo ciò che i terroristi di Hamas hanno realizzato negli anni dal punto di vista militare, grazie alle forniture dell’Iran, per colpire Israele. Nel contempo, si fa sempre più intensa l’offensiva di Hezbollah dai confini del Libano e, in misura minore, ma allo stesso tempo significativa, di Fatah dalla West Bank. Sia Hezbollah, sia Fatah sono armati dall’Iran e, allo stesso modo di Hamas, sono le pedine di Teheran che circondano Israele. Questa situazione è ben nota all’Amministrazione Biden, che non solo sta provvedendo ad agire nel Mar Rosso, ma si è anche impegnata con le sue navi presenti nel Mediterraneo e nello stesso Mar Rosso ad avvertire l’Iran di non fare alcun passo nella direzione di un proprio intervento nella crisi di Gaza. Eppure, l’ala sinistra del Partito Democratico, capeggiata da Bernie Sanders, sta uscendo sempre più allo scoperto nella critica all’azione di Biden nel Medio Oriente a favore di Israele. Il duro, recente attacco di Alexandria Ocasio-Cortez a Biden è l’espressione di un contrasto in seno al Partito Democratico che potrà avere ripercussioni nelle elezioni presidenziali del novembre 2024, a tutto vantaggio di Trump, sicuro candidato del Partito Repubblicano. Nonostante questo, Biden e i suoi sembrano coerenti nella loro politica, che vede nell’azione di Israele a Gaza un fattore importante di ridimensionamento della posizione politica e militare di Teheran nel Medio Oriente. Occorre porre l’attuale politica di Biden a sostegno di Israele – nonostante i contrasti telefonici tra il presidente americano e Netanyahu – in un contesto più ampio che riguarda il futuro assetto del Medio Oriente attraverso un sostanziale ridimensionamento delle aspirazioni egemoniche di Teheran. Sia Gerusalemme, sia Washington si rendono conto che gli “Accordi di Abramo”, raggiunti grazie all’impegno politico di Netanyahu su scala ragionale, hanno un ruolo decisivo nel contrasto alle mire iraniane. Da questo punto di vista, il sostegno che Biden sta dando all’azione israeliana a Gaza non può essere disgiunto dalla consapevolezza che gli “Accordi di Abramo” rappresentano un punto fermo politico che a suo tempo incontrò la forte condanna da parte dell’Iran, che vedeva e vede in tali accordi un ostacolo pesante ai suoi progetti egemonici nel Medio Oriente. Ora, il perdurare del sostegno americano a Israele è un fattore cruciale per convincere l’Arabia Saudita ad aderire agli accordi, adesione che sarebbe un colpo durissimo per il regime degli ayatollah iraniani e per i gruppi terroristici che sono al suo servizio. È, dunque, di fondamentale importanza che l’azione politica americana nella regione acquisti un rilievo sempre più deciso, a significare una ripresa del ruolo internazionale degli Stati Uniti. Già nel 1969, in uno dei suoi primi libri, American Foreign Policy (Norton, 1969), Kissinger così scriveva: “In molte parti del mondo – Medio Oriente, Europa, America Latina, anche il Giappone – la stabilità dipende dalla fiducia nell’impegno americano. Il ritiro unilaterale o un cedimento […], che è la stessa cosa, potrebbe portare all’erosione delle scelte politiche fatte e a una situazione internazionale ancora più pericolosa”. Notare che Kissinger poneva il Medio Oriente al primo posto nell’elenco citato.