Milano. L’ennesimo scoop di Barak Ravid, il giornalista di Axios più informato sui rapporti tra gli Stati Uniti e Israele, ha rivelato che c’è stata, una settimana fa, una conversazione di quarantacinque minuti molto difficile tra il presidente americano, Joe Biden, e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu: “frustrante”, la definisce un funzionario statunitense. A chiuderla in modo brusco è stato Biden, quando ha insistito affinché il governo di Israele trasferisca all’Autorità nazionale palestinese la parte di introiti fiscali che raccoglie per suo conto e che sono un introito decisivo per la disastrata economia dell’Anp. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Gerusalemme aveva sospeso i trasferimenti, ma poi aveva detto che li avrebbe riattivati, tranne quelli destinati a Gaza, quindi ad Hamas. L’Anp non ha accettato l’ipotesi di trasferimenti parziali perché vuole decidere autonomamente di questi fondi e così non ci sono stati nemmeno questi, ma Washington insiste da tempo che questi fondi servono per evitare anche il collasso dell’Anp che non riesce a pagare gli stipendi delle sue forze di sicurezza – le quali dovrebbero essere parte del piano americano di un’Anp “riformata” che possa governare Gaza dopo la guerra. Netanyahu aveva proposto qualche settimana fa di fare i trasferimenti alla Norvegia, che avrebbe custodito questi fondi in attesa di un accordo tra Israele e l’Anp, ma nella conversazione con Biden ha detto di non volersi affidare alla Norvegia e che l’Anp può accedere soltanto ai trasferimenti parziali. Il ministro delle Finanze israeliano, l’ultranazionalista Bezalel Smotrich, si oppone a qualsiasi trasferimento e anche ieri, dopo che questo scoop ha iniziato a circolare, ha ribadito che i palestinesi non vedranno nemmeno un soldo fino a che Hamas non sarà estirpato da Gaza. Israele denuncia il continuo dirottamento da parte del gruppo terroristico degli aiuti umanitari internazionali così come la gestione dei fondi internazionali che per anni non sono andati a sostenere l’economia di Gaza ma il terrorismo di Hamas. Per questo è così intransigente anche con i fondi per l’Anp di cui una parte è sempre stata destinata a Gaza, ma gli Stati Uniti vogliono in ogni modo evitare che collassi l’Anp, che è l’unico interlocutore disponibile tra i palestinesi per provare a delineare una strategia per il dopo guerra.
Nella conversazione “frustrante”, Biden ha mandato un messaggio più ampio e più politico a Netanyahu: come io controllo gli oltranzisti nel mio Congresso, gli ha detto, così devi fare tu nel tuo governo. Lì si è alzato il muro del premier israeliano.
Questa conversazione è avvenuta il 23 dicembre, ma questa settimana è andato a Washington Ron Dermer, che è il consigliere più fidato di Netanyahu ed è dentro alla war room di Israele, e i resoconti dei suoi incontri mostrano molta più collaborazione, anche sulla questione dei trasferimenti all’Anp. La prossima settimana Antony Blinken, segretario di stato americano, andrà per la quinta volta in Israele dal 7 ottobre e anche le fonti israeliane tengono a sottolineare che questa visita è l’ennesima dimostrazione di un allineamento sostanziale. Blinken cercherà di guidare la cosiddetta “transizione” verso la fase due della guerra a Gaza, con una riduzione dei bombardamenti israeliani, e di provare a sbloccare il negoziato sugli ostaggi, al quale Hamas continua a opporsi.
L’allineamento finora dell’America con Israele è stato solido: il nervosismo della Casa Bianca dipende dal fatto che Biden ha deciso di giocare molto del suo capitale politico per la difesa di Israele, mentre Netanyahu di rischi politici con la sua coalizione di governo non ne vuole correre nemmeno uno.