Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/12/2023, a pag.13 con il titolo "Bambini rubati", l'analisi di Anna Zafesova
Anna Zafesova
Putin, mandato di cattura internazionale
Oleksandr Radchuk ha 13 anni, e non vede sua madre Shizhana da quasi due, dall’aprile del 2022, quando sono stati catturati dai militari russi, a Mariupol. La donna l’aveva abbracciato, piangendo. Poi, Shizhana era stata portata via dai soldati. «Mi avevano detto che sarebbe tornata in due, massimo quattro giorni. Non me l’hanno fatta nemmeno salutare». Oleksandr è stato portato all’ospedale di Donetsk, perché durante l’assedio di Mariupol era rimasto ferito a un occhio. I medici si erano impietositi e avevano messo la sua storia sui social, grazie ai quali sua nonna Lyudmila ha scoperto dove si trovava e, dopo due mesi di burocrazia, è riuscita a riportarlo a casa, in Ucraina. Oleksandr è uno dei 19 mila minori ucraini che i militari russi hanno deportato in Russia, la cui identità è stata verificata dalle autorità di Kyiv. Soltanto 387 di loro sono stati riportati a casa, nell’ambito di negoziati condotti da diplomatici e operatori umanitari, oppure da familiari tenaci che sono riusciti a recuperarli andando in territorio nemico. Il New York Times ha documentato decine di storie di ragazzini ucraini, in una inchiesta durata diversi mesi, che racconta soltanto una frazione infinitesimale di questa tragedia. Sono i “bambini rubati” all’Ucraina, un crimine di guerra che è valso a Vladimir Putin e alla sua commissaria per i diritti dell’infanzia Maria Lvova-Belova una incriminazione al Tribunale penale internazionale dell’Aja. Un rapimento di massa, che all’inizio era sembrato troppo mostruoso e assurdo perfino a molti critici del Cremlino, e che invece ha raggiunto una scala tale da poter rappresentare un reato di genocidio, come ricorda il quotidiano americano.Probabilmente i minori ucraini deportati in Russia sono molti di più: qualcuno è stato portato via insieme ai genitori (oppure fa parte di una famiglia passata dalla parte dell’invasore), altri sono rimasti orfani oppure hanno smarrito i parenti durante i bombardamenti e i combattimenti, altri ancora sono stati strappati ai loro cari con l’inganno. Come è accaduto a centinaia di bambini di Kherson, il capoluogo regionale rimasto sotto occupazione fino al novembre 2022: qualche settimana prima, le autorità russe avevano proposto alle famiglie di mandare i figli in “campi estivi” in Crimea. Alla Yatsenyuk ricorda che il 7 ottobre 2002 il porto fluviale di Kherson «era pieno di bambini, 500 o 600», imbarcati per una «gita di vacanza». Avrebbe recuperato il suo Danylo, 13 anni, sei mesi dopo, in un viaggio della speranza compiuto insieme ad altre madri e nonne nel territorio del nemico. La maggioranza dei suoi compagni di sventura erano già stati trasferiti altrove, in altre regioni della Russia oppure nei territori occupati dell’Ucraina: la “vacanza” era stata in realtà una deportazione, intenzionale e organizzata.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante