Non è per caso che Mohammed Deif sia soprannominato l’ombra. Israele lo insegue, prova ad eliminarlo, a volte lo «sfiora» ma il capo militare di Hamas resiste nella clandestinità. Inseguito da altre «ombre»: le voci incontrollabili, le notizie imperfette, le false informazioni.
L’esercito ha ottenuto video recenti dove il leader delle Brigate al Qassam appare in buone condizioni. Zoppica leggermente, tuttavia non sembra aver subito mutilazioni o menomazioni fisiche importanti. In passato è stato detto che fosse rimasto semiparalizzato, poi che avesse perso una gamba ed un braccio in seguito a raid israeliani. Invece i filmati — rivelati dal giornalista Ben Caspit — raccontano altro. Fonti militari hanno commentato lo scoop sostenendo di non essere sorprese: sapevano che lo stratega del movimento era in ottima salute.
Il miliziano è stato preso di mira nel corso degli anni da numerosi strike, attacchi condotti dall’aviazione israeliana in base ad informazioni dell’intelligence. Almeno sette gli episodi — raccontano i media —, azioni che però non hanno neutralizzato il grande ricercato. Ogni volta le ricostruzioni aggiungevano dettagli su ferimenti (presunti) subiti dal comandante. Ed hanno anche ipotizzato che sia stato curato all’estero per poi rientrare a Gaza attraverso un tunnel sotto il confine con l’Egitto. Particolari difficili da confermare, dettagli che hanno contribuito ad elevarne il prestigio. La realtà parla per Deif: dalla metà degli anni ’90 è un protagonista del braccio armato della fazione, ha migliorato la qualità dei «Battaglioni», ha creato il sistema di difesa sviluppato sui tunnel, ha messo a punto la logistica in grado di produrre armi nella Striscia. Dai razzi ai controcarro. Infine, ha coordinato l’assalto del 7 ottobre, preparato per un lungo periodo senza che il nemico capisse quanto fosse seria la minaccia. Lo hanno sottovalutato, per i vertici di Israele Hamas non era intenzionata a scatenare un altro conflitto.
Deif, sulla cui testa c’è una taglia di centomila dollari, potrebbe essere nascosto nella zona di Khan Younis, nella zona sud. E forse non è troppo lontano neppure Yahya Sinwar, la guida politica di Hamas. L’emittente Canale 13 ha sostenuto che sarebbe riuscito a sottrarsi alla cattura almeno due volte usando la rete di gallerie creata nel grande campo profughi. In uno dei suoi rifugi i militari hanno rinvenuto telecamere di sorveglianza attorno all’edificio e un dispositivo che permetteva di accedere dalla cucina ad una via di fuga sotterranea. Il passaggio mimetizzato da normali piastrelle: se ne sono accorti perché non erano sigillate con lo stucco.
Il nascondiglio
In uno dei suoi rifugi è stato trovato un passaggio nascosto dietro le piastrelle
Per Gerusalemme la decapitazione della gerarchia nemica è uno degli obiettivi primari, per ragioni belliche e di propaganda. Anche se molti sono consapevoli che l’eliminazione dei dirigenti spesso ha un impatto limitato su organizzazioni radicate.
Gli ultimi rapporti dal «fronte» hanno rivelato come Hamas e Jihad abbiano preparato nuclei capaci di combattere in modo separato o autonomo, anche nel caso in cui rimangano privi di ordini precisi da parte dei superiori travolti dall’avanzata dell’Idf.
Nel settore settentrionale i reparti palestinesi hanno patito perdite, molti gli ufficiali uccisi; tuttavia, i mujaheddin hanno continuato nella campagna di logoramento affidata a piccoli team con lanciatori Rpg, granate, ordigni. Dall’inizio dell’invasione sono 134 i soldati israeliani caduti negli scontri.