Testata: La Stampa Data: 19 dicembre 2023 Pagina: 17 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Il candidato Putin modello Stalin corre da solo per stravincere»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/12/2023, a pag.17 con il titolo "Il candidato Putin modello Stalin corre da solo per stravincere" l'analisi di Anna Zafesova.
Nel giorno in cui Vladimir Putin si è candidato ufficialmente, per la quinta volta, alla presidenza della Russia, a Barnaul è stato inaugurato lo Stalin-zentr, nato intorno a una statua del dittatore sovietico riesumata da un nascondiglio sotterraneo, il popolarissi-moscrittore di gialli storici Boris Akunin è stato proclamato «estremista e terrorista» per aver diffuso "fake news" sull'invasione russa dell'Ucrai- na, il Comitato per i diritti umani dell'Onu ha mandato a Mosca un'interrogazione sulla sorte di Alexey Navalny, sparito senza lasciare traccia nelle viscere dell'Arcipelago Gulag, e la comunità scientifica russa polemizzava sull'articolo "La famiglia russa come base della statalità russa", pubblicato nella rivista "Scienza giuridica" a firma di una serie di giuristi e generali dell'Fsb, che denuncia l'esistenza di un «complotto contro il popolo russo» a opera di «rettiloidi venuti dallo spazio», intenzionati a estinguere i russi grazie alla «democrazia, al femminismo e al sesso orale». Di queste notizie, l'unica in un certo senso buona è l'ultima, perché segnala ancora una qualche capacità di reazione di una società russa ammmutolita, rispetto a discorsi che non suonano molto più deliranti del mainstream della propaganda del Cremlino. Ma tutte insieme, prese a caso in un mare di informazioni di un giorno in cui la notizia principale dovrebbe essere l'entrata in campagna elettorale di Putin, descrivono abbastanza bene in quale Paese si svolgerà quella che è difficile chiamare una elezione. Già il fatto che il presidente russo si è presentato a depositare i documenti alla commissione elettorale centrale per primo è un segnale: stavolta il Cremlino non fingerà nemmeno che si tratti di una competizione onesta. Il voto che si svolgerà per tre giorni, dal 15 al 17 marzo, in modalità mista, nei seggi e online, non sarà una elezione del presidente, sarà una elezione di Putin. Come suo solito, il presidente russo non parteciperà a tribune politiche con i concorrenti. Dei quali, tutto sommato, non rileva conoscere i nomi: nel momento in cui l'ottantenne leader comunista Gennady Ziu- ganov, eterno secondo alle elezioni dai tempi di Boris Eltsin, chiede pubblicamente di «fustigare» il personale che ha permesso a Putin di uscire senza cappello al gelo, perché «in guerra, la salute del comandante supremo è la salute della nazione», ogni interrogativo sulla concorrenza politica in Russia diventa inutile. I veri oppositori sono in carcere, come Navalny, o in esilio come Akunin, e l'unico mistero del voto è quanti punti percentuali in più prenderà Putin-2024 rispetto al Putin-2018, perché l'unica competizione del presidente è con se stesso. Una riconferma per acclamazione, garantita dalla propaganda televisiva, dall'affluenza dei dipendenti pubblici e dalla manipolazione dello spoglio. Questo spiega anche perché Putin si candida come indipendente, preferendo farsi promuovere da un gruppo di illustri seguaci e non dal suo partito Russia Unita. Non solo perché il «partito dei ladri e dei cialtroni», come lo chiamava Navalny, è piuttosto impopolare e associato ai burocrati, ma perché un presidente la cui sostituzione non può venire menzionata nemmeno a livello ipotetico, non può essere legittimato da un'organizzazione: è lui che la legittima. Per lo stesso motivo, nella sua diretta televisiva, il 14 dicembre scorso, Putin non ha voluto più giocare al Babbo Natale che elargisce benefici ai cittadini e corregge i torti del suo governo: come nota la politologa Tatyana Stanovava su Carnegie Politika, «si comporta non più come un candidato che promette, ma come un leader che non deve nulla a nessuno». Le manifestazioni di scontento sono proibite, la diffusione dei video con centinaia di corpi di militari russi tra le rovine di Avdiivka, girati dai giornalisti ucraini, può costare 5-7 anni di carcere: il risultato è che agli occhi di Putin tutto funziona, il popolo è con lo zar. E dunque tutto proseguirà come prima: la guerra, la repressione, la dittatura dei "valori tradizionali", il nazionalismo - nei suoi discorsi degli ultimi giorni Putin insiste a usare il termine "russky", etnicamente russo, accanto al più ufficiale "rossiysky", appartenente allo Stato russo, accentuando il discorso dell'eccezionalismo nazionale - e lo scontro con l'Occidente. Che sarà il perno dell'ideologia putinista, che ai suoi sostenitori ha parlato della «aggressione occidentale contro la Russia», di una «sovranità che non si cede in cambio del salame», e dei soldati che «raccontano di voler combattere per la Russia fino alla fine». La guerra è pace, la dittatura è libertà, l'isolamento è sovranità, e l'idea di una tregua con l'Ucraina è un complotto dell'Occidente, come accusa il ministro degli Esteri Lavrov. Dal Cremlino «non viene mandato alcun segnale di possibile cambiamento», nota Stanovaya: «Putin si aspetta che sia l'Occidente a rivedere la sua politica... e quindi attendiamo una nuova escalation».
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