Israele piange i suoi eroi e giura di combattere fino alla vittoria Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 14 dicembre 2023 Pagina: 12 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Israele piange i suoi eroi e giura di combattere fino alla vittoria»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 14/12/2023 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Israele piange i suoi eroi e giura di combattere fino alla vittoria".
Israele combatte con una mano legata dietro la schiena: tutti gli israeliani, di destra e di sinistra, dopo il 7 di ottobre, sentono di combattere una guerra di sopravvivenza. Vorrebbero che lo sentisse anche il vecchio amico americano, dall’inizio il più fedele, ma non è facile per Biden: l’opinione pubblica mondiale, e forse anche il suo elettorato, stanno dimenticando il senso del conflitto. Si dice spesso in guerra, come ha detto ieri Netanyahu, parlando con gli strumenti gracchianti dei soldati dentro Gaza: “Continueremo fino alla vittoria”. Ma ieri questa frase, ormai controversa fuori da Gerusalemme, ha suonato come una doppia promessa: la prima quella di non piegarsi di fronte a una guerra difficilissima, che ieri ha fatto altri dieci soldati, cinque della mitica unità Golani, uccisi in un giorno, fra cui due comandanti. La seconda promessa, fronteggiare la vasta critica internazionale che sale dalle Nazioni Unite che, ignorando il pericolo vitale per Israele, in maggioranza hanno votato per il cessate il fuoco; e barcamenarsi di fronte alle ultime dichiarazioni di Joe Biden, che ha mandato martedì avvertimenti molto severi, parlando di “bombardamenti indiscriminati” e del rischio che “questo governo renda a Israele molto difficile muoversi”. Ieri tutta Israele stupefatta piangeva di fronte alla strage di Sujaya, dove una parte dei soldati procedendo in un vicolo è caduta in una trappola. Feriti da terroristi usciti da una galleria e edifici sono stati soccorsi dai compagni corsi eroicamente in loro aiuto: tutti sono caduti fra le trappole esplosive e i cecchini. Israele discute mentre piange: si chiede perché il territorio in cui si sapeva che si dovevano cercare gli uomini di Sinwar, ancora molti nonostante gli arresti, e forse gli ostaggi (nel recupero di due corpi dei prigionieri due soldati hanno perso vita il giorno avanti) non era stato spianato per l’operazione. L’esercito ha addosso gli occhi di tutto il mondo mentre si batte su un terreno da cui spuntano i terroristi dalle gallerie e dagli edifici pubblici che Hamas ha fatto perché i cittadini diventino scudi umani. Hamas spara missili su Tel Aviv e Israele non ha il permesso di fermarli. Tomer Grinberg, di 35 anni, solo qualche giorno fa nell’ultima intervista raccontava di come aveva salvato due bambini piccoli, fra gli altri, in un’eroica impresa di scontro personale coi terroristi nei kibbutz: “Li ho portati fuori dicendogli di appoggiarmi il viso sulle spalle per non vedere l’orrore, e mi hanno sorriso attraversando la strage. Ho pensato alla mia bambina, e sono dentro Gaza per difenderla”. Biden ha due punti centrali che deve presentare agli elettori ormai molto preoccupati dalla sofferenza dei palestinesi dentro Gaza: Hamas deve essere eliminato, spiega, ma vuole che “Bibi” come lo chiama, si impegni nell’aiuto umanitario e coinvolga meno i civili. Israele ci prova con i corridoi e le tregue umanitarie, i camion di aiuti gli avvertimenti prima delle bombe e le zone di rifugio. Ma Biden vuole garanzie storiche sullo scopo finale della scelta americana: riaprire la strada tramite il restauro della PA alla soluzione dei “due Stati per due popoli”. Bibi è duro su questo, non intende impegnarsi su chi sostiene il terrorismo e non ha mai riconosciuto lo Stato d’Israele. Biden forse corre troppo. Meglio per ora sperare in una compartecipazione del mondo arabo che ha scelto la pace con Israele. Forse così la sceglieranno anche i palestinesi di Abu Mazen.
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