Ecco perché difendo Israele Analisi di Bernard-Henri Lévy
Testata: La Repubblica Data: 27 novembre 2023 Pagina: 27 Autore: Bernard-Henri Lévy Titolo: «Ecco perché difendo Israele»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 27/11/2023, a pag. 27, l'analisi dal titolo "Ecco perché difendo Israele" di Bernard-Henri Lévy.
Bernard-Henri Lévy
C’è chi, dal 7 ottobre in poi, ha dichiarato a gran voce il proprio sostegno per la “causa palestinese”. Poi c’è chi, domenica scorsa, ha sfilato in silenzio e senza parole d’ordine, proibendosi di sostenere una parte o l’altra. Io, per parte mia, sostengo Israele. Come le donne e gli uomini di buona volontà, membri del collettivo Une autre voix , che hanno marciato domenica «per l’unione e la pace», piango tutte le vittime civili di questa guerra atroce. E il militante per i diritti umani che sono e che ha trascorso una parte della sua esistenza a segnalare il destino degli uiguri, dei ceceni, dei bosniaci assediati, dei tutsi e degli abitanti del Darfur vittime di genocidio, delle centinaia di migliaia di siriani massacrati nell’indifferenza del mondo, delle vittime senza nome di tutte le guerre dimenticate e anche, beninteso, dei palestinesi decimati dai loro “fratelli” giordani, ostracizzati dai loro “protettori” egiziani, sacrificati dalle nazioni “sorelle” del mondo arabo-musulmano oltre che dai loro stessi indegni dirigenti, questo difensore dei diritti umani non può che essere disgustato, certo, anche lui, dalle immagini insostenibili che arrivano da Gaza. Ma sostengo Israele perché questa guerra è stata voluta da Hamas e non c’era altra scelta, ahimè, che combatterla. Sostengo Israele perché affronta una coalizione di forze che va da Hamas a Hezbollah passando per gli huthi dello Yemen e che, se mai dovesse riportare anche solo la mezza vittoria di un “cessate il fuoco” senza liberazione di ostaggi, si allargherebbe ulteriormente. Sostengo Israele perché so che, dietro queste forze, si nascondono il potente Iran (che le finanzia), l’immensa Russia (l’unico Paese ad aver accolto con tutti gli onori i responsabili del pogrom del 7 ottobre) e, in un certo modo, la Turchia (Erdogan, davanti al suo Parlamento, ha «maledetto» Israele definendolo uno «Stato terrorista» la cui «legittimità» sarebbe «messa in dubbio» dal «suo stesso fascismo»). Sostengo Israele perché la Cina per il momento si limita a dichiarare, tramite il suo ministro per gli Affari esteri, Wang Yi, che l’atteggiamento di Israele «rimette in dubbio i concetti di bene e male e i principi fondamentali dell’umanità» (nientemeno!); ma basterebbe un passo in più per farla entrare a sua volta nel gioco e costituire, contro l’unica democrazia della regione, la stessa alleanza stretta contro l’Ucraina e divenuta, oggi, la più grande sfida contro la pace e la libertà nel mondo (si può, ed è il mio caso, aver sempre condannato la politica di colonizzazione israeliana in Cisgiordania ma non si può non vedere che oggi il vero colonialismo, l’imperialismo davvero temibile e sul piede di guerra ovunque, è quello dei nostalgici degli imperi cinese, persiano, arabo, ottomano e russo). Sostengo Israele perché questa non è una guerra normale, che mira a liberare un territorio (la Striscia di Gaza, non lo ripeterò mai a sufficienza, dal 2005 era, per la prima volta nella sua storia, una terra libera da ogni tutela, grande otto volte la città di Dubai e di cui l’Autorità palestinese avrebbe potuto fare l’embrione di un proprio Stato…), ma una guerra totale (che mira — le parole hanno un senso! — a eliminare ogni ebreo presente in quell’area del Vicino Oriente che si trova “fra il mare e ilGiordano”). Sostengo Israele perché ho seguito numerose guerre — in particolare, nel 2016 e nel 2017, ho filmato per Arte la liberazione di Mosul, la capitale dello Stato Islamico — e non ho mai visto un esercito che, di fronte alla tragedia da sempre rappresentata dalla presenza di civili in una zona di combattimento, abbia posto tanta cura nell’annunciare i propri colpi, lasciare agli abitanti il tempo di evacuare le zone sotto attacco e, quando chi li comanda vi si oppone e fa di loro dei bersagli umani, tentare di scortarli lungo un corridoio umanitario aperto, per l’occasione, per sei ore al giorno, tutti i giorni, lungo la via Salah-al-Din. Sostengo Israele perché all’indomani del 7 ottobre sono andato nei kibbutz investiti dal pogrom; mi sono preso il tempo per parlare con i familiari degli ostaggi e con i soldati dell’esercito israeliano pronti a entrare a Gaza; ho interrogato i miei amici del campo della pace come i dirigenti dello Stato; ho ascoltato anche chi, negli Stati Uniti e in Europa, è al contempo sconvolto dallo spettacolo di Gaza in rovina e convinto che Hamas debba essere distrutta; e non ho ancora trovato, da nessuna parte, qualcuno che fosse capace di proporre, per raggiungere questo obiettivo tattico e strategico, un metodo nettamente diverso da quello messo in atto dal gabinetto di guerra di Gerusalemme. Sostengo infine Israele perché mettere Hamas in condizione di non nuocere è condizione necessaria per la liberazione dei palestinesi stessi e per la costruzione della pace con Israele; ci sono altre condizioni, certo: bisognerà che il governo Netanyahu passi la mano; che la società civile che prima della guerra si radunava ogni sabato, sempre più numerosa, nelle strade di Tel Aviv torni a farlo; ma prima di tutto è necessaria, per quanto amara possa essere, la vittoria di Israele.
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