Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 16/11/2023 l'analisi di Fiamma Nirenstein con il titolo "Le famiglie degli ostaggi fra speranza e ansia per la difficile trattativa".
Fiamma Nirenstein
Nel corso della serata di ieri, la proposta di Hamas si è fatta insistente: fra i 50 e i 100 rapiti da Israele, bambini e mamme e forse nonne, contro un numero per ora imprecisato di prigionieri nelle carceri di Gerusalemme. Si tratta comunque di terroriste donne e di ragazzi terroristi in carcere. Di donne ce ne sono, dietro le sbarre, 194, di ragazzi sotto i 16 anni 12, sopra i 16, 156. Difficilmente Israele potrà rifiutare una proposta che tocca il cuore di Israele e di tutto il mondo, e su cui Biden ha insistito anche ultimamente chiedendo di impegnarsi.
Ma ci sta pensando e chi sa se le difficoltà saranno superabili: è una trattativa che richiede una enorme attenzione alle trappole, ai giochi di Hamas, alla perfidia di Sinwar che solo due giorni fa ha lasciato scoprire che una ragazza, Noah Marziano rapita, era stata uccisa. Hamas vuole certo tenere coperte le sue carte, i segreti di dove nasconde gli ostaggi, e quindi può avere chiesto che non usino mezzi di ricognizione, come i droni, durante le operazioni di consegna e altri mezzi di sorveglianza.
Vuole potersi muovere senza impedimenti fra il nord e il sud di Gaza, e quindi in pratica usare tutte le vie di fuga e di riorganizzazione. Le famiglie dei rapiti fremono. Noa Ofek vorrebbe andare dentro Gaza a prendere i suoi cari, è uno dei sogni nati nel dolore: “Tutto il gruppo di famiglie dei rapiti vorrebbe marciare là dentro, e riportarli a casa tutti insieme: è questa la nostra richiesta, tutti e subito, a ogni costo… sono 40 giorni senza i bambini, le mamme, i nonni, l’amore della nostra vita… non sappiamo se sono vivi o morti, al buio delle gallerie, dentro case e rifugi introvabili… mangiano? Dormono? I malati, i vecchi, hanno le medicine? E i bambini, che ne è di loro?”.
La sorte ha messo insieme un esercito dolente di familiari e amici che attraversa a piedi Israele, vecchi e passeggini, fino all’ufficio del primo ministro. La prima proposta era stata 50 contro 50 più tre giorni di tregua. Ma è vero? È un bluff? Un tentativo di spaccare Israele? Le famiglie hanno sempre detto che pretendono l’unità, che sarebbe sbagliato accettare offerte parziali, per i passaporti stranieri o per un gruppo specifico mentre un altro resta abbandonato nelle mani dei barbari.
Ma Sinwar non accetterà mai di scambiare in blocco il suo maggiore scudo umano, la sua assicurazione sulla vita. Noa, un’insegnate per bambini con problemi, ha tre persone nelle grinfie dei terroristi, suo cugino Ravid la cui ultima bambina di 5 mesi, Alma, è salva con la mamma perché ha saputo tacere 6 ore mentre i terroristi assediavano il nascondiglio; e un’altra cugina più lontana, Oron, rapita insieme alle due bambine, Aviv di 4 anni, Raz di 2. “Ha descritto al telefono minuto per minuto, chiedendo aiuto, l’assedio, i terroristi in casa, il momento in cui l’hanno afferrata, caricata con le bambine su un camion… Abbiamo ritrovato nei film dei terroristi il momento spaventoso, mentre col corpo protegge una delle due bambine. Suo marito Gadi, ha localizzato il telefono e ha visto che la portavano dentro Gaza”.
Adesso, dopo 41 giorni di lontananza e silenzio rotto da ipotesi vane, ieri è stata una giornata di voci: le povere famiglie delle 239 persone innocenti, neonati, bambini piccoli, nonni, madri padri e fratelli, e persino di una creatura nata in prigionia di cui si sa solo questo, che la madre ha partorito, si interrogano sui possibili 70-80 ostaggi contro i prigionieri. Quali? Si tratterebbe di donne e bambini contro donne in carcere e “bambini”, di fatto giovani terroristi nelle carceri israeliane.
Si tratta di capire se la proposta è vera, e se Hamas manterrebbe la promessa? Avverrebbe in una volta? A fasi di ricatto successivo? Chi si considera “bambini? Chi garantirebbe il passaggio da Hamas a Israele? Dall’accerchiamento dell’ospedale di al-Shifa sotto il quale si trovano il quartier generale di Hamas, l’offerta si è spostata da 50 a circa 100 ostaggi. Sinwar gioca la trappola mediorientale dell’astuzia, ma Israele stavolta gioca duro.
“Noi sappiamo che senza la restituzione dei nostri cari, non ci sarà vittoria vera -dice Noa- A volte sono così stupefatta che ci sia chi nelle piazze d’Europa, osa associare l’idea di libertà con un’organizzazione che infligge anche ai suoi un regime feroce”.
Come fa a sopportare la sofferenza di questa tortura?
“Mi impongo dei pensieri quieti: per esempio, le bambine in casa di una donna palestinese che vede come sono belle e dolci, e prende cura di loro. La notte è difficile. Di giorno, siamo occupatissimi: May, una cugina di 24 anni, ha organizzato tutta la famiglia. Adesso marciamo verso Gerusalemme”.