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La Repubblica Rassegna Stampa
03.11.2023 Cina principale alleato di Mosca e Iran
Analisi di Gianni Vernetti

Testata: La Repubblica
Data: 03 novembre 2023
Pagina: 35
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «India e Cina, duello in Medio Oriente»
Riprendiamo da La Repubblica di oggi, 03/11/2023, a pag.35, con il titolo "India e Cina, duello in Medio Oriente" il commento di Gianni Vernetti

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Gianni Vernetti

Guerra e relazioni internazionali. Cina, Iran, Russia: verso il  multipolarismo (Luciano Vasapollo e Rita Martufi) - FarodiRoma
L'asse delle dittature: Iran, Cina, Russia


Il nuovo conflitto in Medio Oriente sta rapidamente ridefinendo gli assi competitivi della geopolitica globale ben oltre il Mediterraneo e la penisola arabica, coinvolgendo anche attori storicamente estranei alle dinamiche conflittuali che hanno visto contrapporsi Israele e mondo arabo negli ultimi settant’anni.
E’ il caso di India e Cina che hanno confermato anche nella vicenda mediorientale la loro distanza strategica e la loro accresciuta competizione.
Poche ore dopo il pogrom del 7 ottobre nel Sud di Israele, l’India di Narendra Modi non ha esitato a posizionare il proprio paese a fianco del governo di Gerusalemme con una durissima condanna degli attacchi terroristici e con una netta posizione di vicinanza ad Israele.
La Cina di Xi-Jinping ha invece assunto una posizione fortemente filo-palestinese senza mai condannare gli attentati di Hamas (mai nominata un tutte le comunicazioni ufficiali di Pechino), ma rivolgendo generici appelli alla “tutela della popolazione civile di entrambe le parti coinvolte nel conflitto”, per poi attaccare duramente la reazione militari di Israele nelle striscia di Gaza e il ruolo degli Stati Uniti come partner politico e militare di una delle parti in conflitto . In più, come ha rilevato una lunga inchiesta del New York Times di qualche giorno fa, il governo cinese ha sdoganato un’infiammatoria retorica antisionismo e antisemita che in queste settimane è dilagata fra il web più controllato del pianeta e diversi organi di stampa controllati direttamente del regime di Pechino, dal China Daily al Global Times.
Il posizionamento opposto di India e Cina nel nuovo conflitto mediorientale merita dunque di essere analizzato a fondo perché condizionerà in modo significativo gli assi dell’accresciuta competizione globale.

La cornice del confronto globale fra “democrazie” e “autocrazie” è una chiave possibile di interpretazione, anche se non l’unica.  La Cina è oggi il principale alleato di Mosca e di Teheran: l’alleanza senza limiti annunciata da Xi e Putin poche ore prima l’invasione dell’Ucraina e mai smentita; la crescente cooperazione tecnologica, militare e di intelligence fra Russia e Cina; la provata ed efficace triangolazione fra Corea del Nord e Iran per armare Hezbollah ed Hamas e le oltre ottomila tonnellate di armamenti inviate alla Russia dalla Corea del Nord lungo la Transiberiana con il placet di Pechino; le massicce forniture di greggio fra Iran e Cina che rappresentano un ossigeno vitale ad un regime indebolito da decenni di sanzioni occidentali, sono i tanti tasselli che confermano un’asse sempre più solido fra i tre più rilevanti regimi autocratici.
L’India, come confermato dall’ultimo G-20 di Delhi, si candida sempre più ad essere un ponte fra il cosiddetto “sud globale” e l’Occidente, avendo abbandonato definitivamente la storica posizione “non-allineata” per inaugurare una stagione di convergenza strategica con Europa, Stati Uniti, Israele e le democrazie dell’Indo-Pacifico.

Ed è proprio il nuovo posizionamento geopolitico e geostrategico dell’India che ha permesso di far nascere all’incrocio fra le due grandi macro aree dell’Indo-Pacifico e dell’Indo-Mediterraneo una nuova e rilevante opportunità per tutto l’occidente: il progetto del India-Middle East-Europe economic corridor (Imec) lanciato in occasione dell’ultimo G20 a Nuova Delhi, che potrà diventare in breve tempo un asse portante per integrare le economie del Mediterraneo e dell’Indo-Pacifico lungo un percorso marittimo e ferroviario fra India, Emirati, Arabia Saudita, Israele e Mediterraneo.
Il corridoio fra India e Mediterraneo ha un perno centrale nel porto di Haifa, nel quale il gruppo indiano Adani ha già investito 1,2 miliardi di dollari e tale impegno è stato confermato anche dopo l’inizio del conflitto da Karan Adani che ha dichiarato al quotidiano giapponesi Nikkei come “il gruppo sia estremamente fiducioso che le potenzialità economiche e commerciali, e la stabilita politica di Israele non saranno eccessivamente condizionate dal nuovo conflitto”.
Ma c’è di più: l’IMEC è oggi la vera alternativa alla cosiddetta Via della Seta Cinese, peraltro uscita molto indebolita dal suo terzo forum di ottobre 2023 a Pechino, con un record negativo di partecipazioni e giudicata sempre meno attrattiva per l’insostenibilità finanziaria dei suoi progetti.
Il progetto di integrazione e nuova connessione fra India, Golfo, Israele ed Europa
permette di bypassare i due “choke points” dello stretto di Hormuz e di Bab el Mandab realizzando una rete infrastrutturale finalmente libera dal condizionamenti iraniani sugli Stretti. Attraverso lo stretto di Hormuz, sul quale Teheran esercita un pericolo potere di controllo, passa ancora oggi il 76% del greggio mondiale e l’accesso al Mar Rosso tramite lo stretto di Bab el Mandab è condizionato da un mix di minacce che spaziano dalla pirateria, allo Yemen, governato dalle milizie Houthi, proxy di Teheran, da pochi giorni anche base di lancio per diversi missili balistici contro Tel Aviv.

Ma il Corridoio India-Medio Oriente-Israele-Eurppa è qualcosa di più di un brillante progetto geo-economico: è nei fatti uno spin-off degli Accordi di Abramo, quello straordinario accordo di pace fra Israele, Marocco, Emirati e Bahrein che potrebbe ora essere ampliato all’Arabia Saudita.
Nei giorni precedenti l’attacco ai kibbutz del sud di Israele, il negoziato fra Arabia Saudita e Israele stava compiendo rilevanti progressi e la possibilità che l’Arabia Saudita, custode dei luoghi più sacri dell’Islam, possa raggiungere un duraturo accordo di pace e di distensione con Tel Aviv, rappresenta per l’Iran e per i suoi alleati una possibilità da escludere con ogni mezzo possibile.

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