Testata: La Repubblica Data: 30 ottobre 2023 Pagina: 6 Autore: Daniele Raineri Titolo: «La battaglia per i tunnel. L’offensiva israeliana ora accerchia Gaza City»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/10/2023, a pag. 6, l'analisi di Daniele Raineri dal titolo "La battaglia per i tunnel. L’offensiva israeliana ora accerchia Gaza City".
Daniele Raineri
TEL AVIV — Il corpo di un uomo legato a una fune e trascinato su una pista sabbiosa, troppo lontano per capire chi sia, da un corazzato israeliano che rolla all’indietro verso le retrovie dell’invasione di Gaza. È un video non verificato che circola da ieri sui canali telegram che seguono la guerra tra Hamas e Israele e sembra arrivare dall’area dove i soldati si sono spinti più in profondità, il litorale sabbioso che costeggia il mare Mediterraneo. Fa parte degli spezzoni di guerra che arrivano da dentro alla Striscia, dove ormai da due giorni i militari israeliani sono entrati in contatto con i combattenti di Hamas – e sono anche i combattenti di Hamas a rivendicarlo – con tutte le vaghezze e le esagerazioni che annebbiano il conflitto. Israele dice che venti uomini di Hamas hanno tentato un’imboscata uscendo da un tunnel nascosto e sono stati tutti uccisi. Hamas dichiara di avere colpito con il fuoco dei suoi mortai un gruppo di mezzi corazzati che era in attesa sul confine e alcuni sarebbero andati a fuoco con i soldati dentro. Il video dell’uomo fa parte delle poche immagini che stanno uscendo. Entrambe le parti sono deliberatamente vaghe su quello che succede e la situazione è così confusa che vale la pena tenersi a quello che è certo. Le truppe israeliane sono entrate nella Striscia da due direzioni, seguendo linee di minore resistenza, quelle dove ci sono poche case e dove le chance di combattimenti violenti casa per casa sono minori. Un gruppo da Nord, vicino al mare, in un’area aperta – che li facilita. Prima i bulldozer hanno sfondato gli ostacoli e hanno battuto una pista dritta, poi i carri armati sono avanzati per circa tre chilometri sempre tenendosi paralleli alla spiaggia. Da qui viene il video del corpo trascinato e anche la foto di una bandiera israeliana issata sopra il tetto di una casa. Il secondo gruppo è entrato da Est, dal deserto, all’altezza del villaggio di Juhor ad Dik, che sta più o meno a metà della Striscia, proprio sopra la linea del Wadi Gaza. Da settimane l’esercito israeliano dice alla popolazione di Gaza di spostarsi a Sud di quella linea perché nel Nord ci sono i bombardamenti più violenti – ma spostarsi in queste condizioni è complicato e secondo stime del New York Times circa un terzo della popolazione della metà Nord è rimasta nelle case. E anche il Sud non è per nulla al riparo dai raid aerei. L’andamento lento, fino a quando durerà, permette al governo di essere flessibile se ci sono negoziati per la liberazione degli ostaggi – e il conteggio del loro numeroieri è arrivato a 239. Per più di un giorno intero c’è stata un’interruzione delle comunicazioni internet decisa da Israele, ma ieri sono state ripristinate su pressione dell’Amministrazione Biden e quindi il flusso delle informazioni e di video da dentro Gaza è cominciato a scorrere di nuovo. Ieri sera c’erano video di elicotteri Apache che colpivano obiettivi nel Nord della Striscia. L’idea è dividere Gaza in settori da affrontare piano e soprattutto di accerchiare Gaza City, che custodisce nella sua pancia i comandi sotterranei e la rete di tunnel costruiti in questi anni da Hamas. A quel punto – ma stiamo parlando al futuro e l’Idf non dice nulla per ora, ci sono soltanto interviste a politici ed esperti israeliani che disegnano questo scenario come il più probabile – i soldati imporranno un assedio soffocante, che prima o poi costringerà gli uomini di Hamas a uscire in campo aperto, dove sono in svantaggio. Nessuno spiega ancora cosa succederà ai civili, se saranno filtrati verso Sud e se c’è un piano per garantire che possano uscire. Ieri nuovi volantini sparsi dai jet invitavano alla resa, spiegavano alla gente della Striscia ai combattenti di Hamas che non è necessario morire per «leader che stanno altrove al sicuro in hotel di lusso» e assicuravano che basta deporre le armi e alzare le mani, meglio se sventolando qualcosa di bianco. «Non è necessario portarsi dietro cibo e acqua», dice il volantino, «ci penseremo noi». L’idea è quindi di dividere la Striscia in due metà e sradicare Hamas da quella Nord, come si sente dibattere? Il generale in congedo Amir Avivi, ex vice comandante di divisione con trent’anni di esperienza anche a Gaza, dice a Repubblica che non avrebbe senso «creare un Hamastan nel Sud. L’intento è quello di cancellare Hamas, se gli lasciamo un pezzo di territorio questa guerra non serve a nulla». Quindi l’esercito israeliano punta a prendere tutta la Striscia? «Tutta, non c’è altra soluzione. Conquisteremo tutta la Striscia e cancelleremo Hamas e i suoi alleati da tutta la Striscia». E c’è un’idea per il dopo? «Non possiamo affidarci all’Anp, i palestinesi di Ramallah, sono troppo corrotti. Dovremo creare una qualche forma di governo locale, anche se è il caso ibridato con le autorità israeliane. Ma c’è una cosa importantissima che dobbiamo avere: il controllo sul lato Sud della Striscia, quello di Rafah. Dobbiamo averlo perché per controllare Gaza in futuro, anche quando Hamas non ci sarà più, dobbiamo controllare i suoi confini».