Le foto degli ostaggi di Hamas strappate nelle città italiane Analisi di Paola Peduzzi
Testata: Il Foglio Data: 29 ottobre 2023 Pagina: 1 Autore: Paola Peduzzi Titolo: «I volantini stracciati»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 29/10/2023, a pag. 1, con il titolo 'I volantini stracciati', l'analisi di Paola Peduzzi.
Paola Peduzzi
Milano. A Times Square giovedì sera è stato apparecchiato un lungo tavolo a ferro di cavallo con più di duecento posti vuoti. In centro c’è un tavolo più piccolo, il tavolo dei bambini con i piatti colorati e le posate più piccine, di fianco ci sono gli orsi di peluche con una benda sugli occhi. Anche la settimana scorsa, per il primo Shabbat dopo il massacro del 7 ottobre, erano stati apparecchiati in molte piazze e locali internazionali gli stessi tavoli per ricordare gli ostaggi presi da Hamas, e poi i passeggini vuoti, i posti a teatro vuoti, o tante paia di scarpe con un palloncino a forma di cuore attaccato alle stringhe e le candele e le luci. La scritta è sempre la stessa: portateli a casa. Il numero dei posti vuoti no, non è lo stesso: sono stati liberati quattro ostaggi, ma il numero complessivo è aumentato. Il riconoscimento dei corpi massacrati da Hamas nel sud di Israele è ancora in corso ed è per questo che varia questa mostruosa contabilità: i dispersi o sono morti o sono stati catturati. Molti volti abbiamo imparato a riconoscerli, appaiono sui volantini che vengono appesi in tante città e campus universitari, sui lampioni, sulle bacheche, sui muri. Ma spesso vengono strappati via oppure al posto della scritta rossa “rapito” sopra ai nomi, alla foto, alla richiesta di aiuto, viene messa la scritta: “Occupante”. A Londra, la foto su un volantino di due bambini rapiti, Emma e Yuli, tre anni, è stata modificata con un pennarello nero: entrambi ora hanno le sopracciglia spesse e unite e i baffetti di Hitler. Poiché tra tutti i più violenti atti di antisemitismo in giro per il mondo questo è invero disumano e incomprensibile, molti si sono fermati a chiedere a chi strappa i poster perché lo fanno. “Per non far peggiorare il conflitto”, dice un ragazzo che ha appena riempito un grosso sacco con tutti i volantini e assieme a una ragazza sta andando a svuotarlo in un cestino. Altre spiegazioni fornite: “Hamas non è un’organizzazione terroristica e non ha fatto niente”; Hamas non ha rapito nessuno, i volantini fanno parte di una campagna di propaganda e di fake news. C’è chi dice che è inutile appendere questi volantini perché nessuno, in un quartiere di Londra o di New York, può far nulla per liberare gli ostaggi e che la sensibilizzazione eccessiva porta a un inasprimento del conflitto: strapparli non è disumano, è un modo per calmare gli animi e per accelerare una tregua o un cessate il fuoco, quindi semmai levare i volantini è un gesto umanitario – al limite, bisognerebbe appendere anche i volti dei morti a Gaza o dei palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Alcuni sono stati identificati e hanno perso il posto di lavoro (un padre ha visto il figlio ridere in un video mentre strappava i volantini e lo ha licenziato dalla sua azienda): in parte si sono scusati, dicendo che lo hanno fatto perché quei poster creano divisioni, in parte hanno detto che la loro battaglia per una Palestina libera è solo iniziata. In una conferenza stampa per chiedere la liberazione degli ostaggi, una madre, Rachel, ha detto che suo figlio Hersh è stato visto mentre veniva portato via da Hamas: non aveva più mezzo braccio. Rachel dice che vorrebbe almeno sapere se suo figlio è vivo, anche se la risposta le fa paura. Dice anche che per fare la pace, per convivere, ci vuole immaginazione, determinazione, perseveranza, ma spesso si sceglie soltanto l’odio, perché “l’odio è molto, molto più facile”.
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