Testata: La Repubblica Data: 28 ottobre 2023 Pagina: 2 Autore: Daniele Raineri Titolo: «La battaglia di Gaza, Israele all’attacco con raid e incursioni»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/10/2023, a pag. 2, l'analisi di Daniele Raineri dal titolo "La battaglia di Gaza, Israele all’attacco con raid e incursioni".
Daniele Raineri
TEL AVIV — Venti giorni dopo il massacro di 1.400 civili da parte delle squadre di Hamas nelle città e nei kibbutz del Sud di Israele, l’Idf entra nella Striscia di Gaza con mezzi corazzati e soldati al calare del buio, quando comincia shabbat. Gli israeliani attaccano da tre direttrici, da quanto si capisce nelle prime fasi concitate dei combattimenti: da Nord verso Beit Lahia e da Est verso Beit Hanoun e Jabalia, i tre centri abitati minori che proteggono la metropoli di Gaza City, cuore del potere di Hamas con i suoi quartieri densi e il suo sottosuolo attraversato da un reticolo profondo di tunnel, sempre nella metà Nord della Striscia. I carri armati, i bulldozer blindati e i soldati israeliani devono per prima cosa attraversare la terra di nessuno tra i reticolati e le prime file di edifici. Hanno già aperto varchi tra i grandi cumuli di terra che dovevano rallentare l’avanzata nelle ultime due notti, durante i raid di terra che hanno anticipato questa entrata. E nelle stesse operazioni hanno fatto saltare le postazioni fisse da dove le squadre di Hamas sparano missili controcarro. I primi carristi a entrare appartengono alla Hativa 7, la Settima brigata corazzata. Simbolismo: è la stessa unità che 50 anni fa fermò l’invasione dei siriani sulle alture del Golan durante l’attacco a sorpresa dell’ottobre 1973, a prezzo di perdite molto alte. Sorpresa di ottobre allora, sorpresa di ottobre tre settimane fa. Il portavoce dell’Idf, Daniel Hagari, annuncia l’operazione come una semplice espansione delle attività di terra, come a dire: questa non è l’invasione che da settimane riempie le pagine dei giornali. Dal punto di vista pratico mette paura, ma permette al governo israeliano di prendere decisioni con molta più flessibilità. Un’invasione non la puoi fermare fino a quando non ottiene qualche risultato, una “espansione delle attività di terra” può essere modulata a seconda di quel che conviene – nel mezzo di una trattativa internazionale per liberare centinaia di ostaggi. Può essere che questa manovra aggressiva riporti l’iniziativa nelle mani di Israele, metta pressione su Hamas e favorisca le trattative. Viene il sospetto che lo scopo dei due grandi raid israeliani non annunciati delle notti scorse, con soldati e carri che però alla fine lasciavano il territorio di Gaza, fosse proprio questo: costruire la narrazione di una mera espansione di operazioni già in corso e non dell’invasione che ormai si era caricata di troppi strati di significati politici. Questa volta però i soldati israeliani resteranno dove sono arrivati nella Striscia, è quasi certo. L’Amministrazione Biden aveva chiesto al premier Netanyahu di rimandare l’invasione – per avere più tempo per negoziare la liberazione degli ostaggi e portare più difese in Medio Oriente – e il governo dell’Iran aveva minacciato ritorsioni sempre in caso di invasione, ma almeno dal punto di vista formale la situazione è ancora ambigua (tra le ritorsioni possibili: ieri un drone esplosivo lanciato dallo Yemen ha colpito Taba, in Egitto, ma il suo obiettivo probabile era la ci ttà israeliana di Eilat). I generali israeliani da giorni chiedevano a Netanyahu il contrario, e quindi di ordinare l’attacco di terra, perché come ha detto una fonte anonima dell’esercito alla stampa «non possiamo stare seduti sui pollici per sempre». Ieri pomeriggio il Qatar, che si è preso il ruolo di primo mediatore per gli ostaggi, aveva fatto circolare la notizia che una svolta era vicina e che ci poteva essere persino un cessate il fuoco di cinque giorni, ma il governo israeliano non cede e preferisce creare condizioni sul terreno per trattare. L’esercito di Israele non fornisce informazioni, ma Hamas dice alla tval Jazeera che i carri armati stanno entrando sia da Nord sia da al Berj, quindi a metà della Striscia, senza che ci siano conferme ufficiali. L’attacco è stato preceduto da bombardamenti violenti che sono stati descritti come i raid più intensi di queste tre settimane, che già erano state di bombardamenti senza precedenti. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, la campagna aerea israeliana in tre settimane ha ucciso 7mila palestinesi e tra loro una percentuale molto alta è di bambini, perché la metà della popolazione della Striscia ha meno di 18 anni. Molti palestinesi hanno lasciato ilNord per il Sud, altri no e i combattimenti a terra potrebbero essere pericolosi come la fase aerea. Ieri durante i raid durissimi sono anche saltate le infrastrutture delle comunicazioni, telefoni e Internet non funzionano più. I giornalisti nella Striscia comunicano con i satellitari, altri pochi si arrangiano con la rete israeliana – nei pochi punti dove si prende. I bombardamenti di ieri si sono concentrati sul Nord della Striscia, che è senz’altro l’obiettivo temporaneo dei militari di Israele. Il piano potrebbe essere fermarsi ai primi centri abitati senza muovere verso il bersaglio più ambizioso e difficile, Gaza City. Mark Regev, portavoce del primo ministro Netanyahu, dice che «stasera comincia la svolta, Hamas sentirà la nostra rabbia. E Gaza sarà diversa». Per oggi il presidente turco Erdogan ha convocato una manifestazione di massa nelle strade del Paese a sostegno dei palestinesi.