Ospedale: le bombe non erano israeliane Analisi di Cecilia Sala
Testata: Il Foglio Data: 19 ottobre 2023 Pagina: 5 Autore: Cecilia Sala Titolo: «La disinformazione di Hamas sull’ospedale a Gaza colpito dagli islamisti può allargare la guerra»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/10/2023, a pag.1, con il titolo "La disinformazione di Hamas sull’ospedale a Gaza colpito dagli islamisti può allargare la guerra", l'analisi di Cecilia Sala.
Cecilia Sala
Tel Aviv, dalla nostra inviata. I morti “nel bombardamento contro l’ospedale battista di Gaza City distrutto dalle bombe israeliane” non erano cinquecento. L’ospedale non è stato distrutto. E le bombe non erano israeliane. La sera di martedì, i dati che avevamo sulla strage erano stati diffusi dall’“autorità palestinese” o dal “ministero della Sanità” a Gaza – due modi di chiamare le cose formalmente impeccabili ma ingannevoli, la traduzione in parole semplici sarebbe: Hamas. In poche ore si è incendiata la Cisgiordania, la Giordania, la Turchia e in Libano decine di migliaia di persone sono andate ad assaltare l’ambasciata americana (Hamas aveva appena accusato gli Stati Uniti di complicità nel bombardamento dell’ospedale). L’attacco di Hamas contro Israele sabato 7 ottobre ha provocato la guerra nella Striscia di Gaza. Dieci giorni dopo, la disinformazione di Hamas è arrivata a un passo dal causare una guerra molto più grande nella regione. Gli account di intelligence open source, compreso Project Owl che lavora anche per il New York Times, ieri hanno raccolto le foto e i video, hanno verificato quelli autentici e sono arrivati ad alcune conclusioni: il cratere lasciato sull’asfalto dall’esplosivo, largo circa un metro, è compatibile con la testata di un razzo del Jihad islamico – il gruppo islamista corresponsabile dell’attacco nel sud di Israele assieme a Hamas – e non con le tipologie di bombe che sta sganciando l’aviazione israeliana su Gaza. L’area colpita è il parcheggio dell’ospedale, non l’ospedale, che invece è intatto anche se i vetri alle finestre sono esplosi e le schegge hanno colpito i palestinesi rifugiati lì dentro, donne e bambini compresi, conficcandosi nei loro corpi. Guardando al livello di distruzione e ai video che sono stati girati dentro la struttura dopo l’esplosione, è credibile che ci siano decine di morti, è invece improbabile che i morti siano centinaia. Che a causare l’esplosione accanto all’ospedale sia stato il cattivo funzionamento di un razzo sparato dagli islamisti è la stessa conclusione a cui è arrivata anche l’indagine dell’intelligence degli Stati Uniti, stando a quello che ieri alcuni funzionari americani hanno spiegato al Wall Street Journal. La sera di martedì in cui il complesso dell’ospedale al Ahli di Gaza City è stato colpito, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, l’Iran, il Libano, la Turchia, l’Egitto e la Giordania hanno dato la colpa a Israele. Sotto le bombe israeliane a Gaza sono già morti migliaia di civili e centinaia di bambini, ma bombardare intenzionalmente un ospedale con testate capaci di raderlo al suolo, facendo oltre cinquecento vittime, avrebbe significato compiere una delle peggiori singole stragi mai avvenute nella Striscia e la peggiore in questa guerra. Infatti l’episodio è stato capace di innescare una protesta e una condanna trasversale nel mondo islamico che non c’erano state prima, nonostante i bombardamenti degli aerei israeliani su Gaza andassero avanti da undici giorni. La protesta violenta e la condanna si sarebbero potute trasformare da un momento all’altro in una guerra più grande – esaudendo il desiderio di Hamas. Il gruppo terroristico palestinese auspica che qualcuno arrivi in suo soccorso nella speranza di non sparire, di non venire distrutto come il governo israeliano ha promesso di fare. L’assalto all’ambasciata americana a Beirut era un innesco perfetto per accendere la milizia sciita libanese Hezbollah, cioè per aprire davvero un nuovo fronte della guerra nel nord di Israele. A Hamas servirebbe che l’esercito israeliano venisse almeno in parte distratto da un nuovo nemico e non potesse più concentrarsi soltanto sulla propria operazione a sud, a Gaza. Una guerra più grande avrebbe significato più morti palestinesi, più morti israeliani e altri morti altrove, a cominciare dal Libano. Ma ieri a Tel Aviv era in visita Joe Biden e soltanto a una milizia o a un esercito con intenti dichiaratamente suicidi potrebbe venire in mente di rischiare di bombardare il presidente degli Stati Uniti d’America, perché significherebbe la certezza quasi matematica di venire distrutti un attimo dopo. E’ presto per dire se la guerra allargata auspicata da Hamas sia stata evitata o soltanto rimandata a quando Biden non sarà più qui per fare da scudo umano a Israele. La sera del bombardamento contro l’ospedale i leader arabi hanno annullato il vertice con il presidente americano a causa di una strage che, con tutta probabilità, è stata causata da un razzo palestinese: è una cattiva notizia perché quella conferenza internazionale sarebbe stata utile sia per gli israeliani sia per gli abitanti di Gaza. Il teorico leader della Striscia, Hamas, non costruisce i bunker per i suoi cittadini e invece di chiedere ai propri alleati come l’Iran missili per la contraerea per difendere i palestinesi dalle bombe, chiede soltanto missili per colpire Israele che, una volta su sei, colpiscono Gaza per errore come è successo all’ospedale martedì. Joe Biden, invece, ha fatto un patto con il governo israeliano: la sua visita qui in cambio dell’accesso alla Striscia di Gaza per un po’ di tir che trasportano aiuti umanitari.
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