Insieme con la vostra famiglia Lia Levi
16 ottobre 1943
La grande retata di Roma
Edizione e/o euro 14
“La memoria è la forza della nostra mente, una luce di conoscenza che ci permette di capire il significato della vita su questa terra” (Fulvio Giannetti)
L’immagine di Emanuele Ragnisco, uno dei nomi più noti nel settore della grafica editoriale, che illustra la copertina dell’ultimo di libro di Lia Levi è quella del documento, “un foglietto modesto, dall’apparenza quasi complice”, che i nazisti consegnarono ai capi famiglia di ogni casa ebraica il 16 ottobre 1943, un’ultima menzogna per dare l’illusione che si trattasse solo di un trasferimento.
In quelle parole, ennesimo oltraggio a quello che già gli ebrei avevano sofferto, si invita a prendere le tessere annonarie, la carta di identità, i bicchieri e a non dimenticare di chiudere la porta di casa, illudendoli che presto avrebbero potuto tornare alle loro case.
Lia Levi
Sono trascorsi ottant’anni dal 16 ottobre 1943, una delle pagine più buie della storia italiana, quando le SS alle prime luci dell’alba iniziarono il rastrellamento del Ghetto di Roma. Ogni giorno dovremmo ricordare “il tempo del dolore”, le perdite di vite umane che la malvagità di un regime, l’indifferenza e la complicità di tanti hanno reso possibile ma gli anniversari hanno il compito di “darci un alt” per riflettere su quanto è stato e potrebbe ricapitare e, al di là dei rituali convenzionali, lasciare affiorare “pensieri e sentimenti che tenevamo prigionieri in un angolo dentro di noi”.
Per questo il libro di Lia Levi - autorevole voce del mondo culturale ebraico, testimone della memoria dell’ebraismo italiano, giornalista e autrice di libri di successo - che estrapola dai suoi romanzi le pagine dedicate a quel 16 ottobre 1943, di cui lei stessa ha avuto esperienza diretta, è un contributo letterario prezioso, un piccolo sasso di “appoggio alla Memoria, qualcosa a sostegno del non dimenticare”.
Con questo libro inoltre Lia Levi, insieme a coloro che hanno scelto di raccontare, assolve il compito di tenere viva la memoria di ognuna di quelle persone che compongono l’immenso masso di dolore con cui sono percepiti i sei milioni di ebrei sterminati perché spesso alle singole vite spezzate non è stato possibile offrire nemmeno lo strascico di un ricordo.
Poiché sono convinta che più di un saggio storico sia l’immaginazione e la creatività degli scrittori a narrare la Storia attraverso le piccole storie di vita quotidiana e a indagare l’inesprimibile, leggere il libro di Lia Levi è un modo per fermare questo anniversario e ascoltare dalla voce dei personaggi di fantasia il racconto di una delle pagine più tragiche della storia del nostro paese.
In una dimensione diversa dal memoir ma altrettanto vera, le traversie di Ferruccio e Colomba, di Lucilla e del marito Giulio, di Vittorio e del figlio ribelle, di Corinna e dello zio Cesare raccontano la disperazione, lo sgomento, l’incredulità e la paura di ciascuna di quelle 1259 persone che all’alba del 16 ottobre ’43 vennero svegliate brutalmente e nel giro di 20 minuti, il tempo concesso dai nazisti per prepararsi, condotte a forza all’interno del Collegio Militare di Via della Lungara. Dei 1259 catturati furono rilasciati i non ebrei caduti nella rete, gli ebrei figli di matrimonio misto, gli ebrei coniugati con non ebrei e quelli appartenenti a nazione neutrale o alleata con la Germania; tutti gli altri, 1022 vite umane, vennero caricati sui vagoni piombati e trasportati ad Auschwitz. All’arrivo nel campo di sterminio la maggior parte degli ebrei di Roma venne mandata direttamente nelle camere a gas, di tutti gli altri sopravvissero solo 16 persone e, fra questi, Settimia Spizzichino l’unica donna che è diventata infaticabile testimone della Shoah.
Nei giorni che precedettero il rastrellamento la comunità ebraica romana visse momenti drammatici e apparentemente contradditori. Con grande sacrificio gli ebrei romani avevano eseguito l’ordine del comandante della Gestapo Herbert Kappler di consegnare 50 chili d’oro pena l’arresto di 200 capi famiglia, ricevendo in cambio l’assicurazione che “nessun ebreo verrà arrestato e portato via”. Nel romanzo “Il braccialetto” Lia Levi racconta proprio di un ragazzo ebreo Corrado e del suo caro amico Leandro che lo invidia perché “gli ebrei non sono mai stati gregge, non hanno accettato l’impronta banale della storia”. Corrado è amareggiato dal comportamento dei genitori che gli appaiono come eterni perdenti e, frugando in un cassetto, scopre che non sono stati solidali con il gruppo di fratelli in pericolo e quel prezioso braccialetto d’oro che avrebbero dovuto consegnare ai nazisti è ancora nascosto “come un clandestino”. Profondamente deluso fugge a casa dell’amico e in questo modo si salverà dalla retata, mentre i genitori verranno catturati. Per Corrado quel 16 ottobre resterà un eterno rimorso.
La consegna dell’oro, tuttavia, non placa l’avidità dei nazisti: dopo una perquisizione nell’edificio del Tempio e della comunità vengono sottratti libri, manoscritti di inestimabile valore religioso e storico per essere inviati in Germania, oltre a documenti, registri e corrispondenza della comunità.
Nel romanzo “Tutti i giorni di tua vita” Corinna in visita allo zio Cesare rimane sgomenta nell’apprendere che anche i registri con i nomi e gli indirizzi di tutti gli iscritti sono stati sequestrati; per lei è un disastro mentre per lo zio Cesare, come per molti ebrei romani, la vicinanza con il Papa è motivo di tranquillità “…non è la prima volta che essere così a ridosso del Papa alla fine diventa un vantaggio per gli ebrei…” La fiducia in ciò che restava delle istituzioni italiane per fermare i nazisti e l’illusione che il Papa avrebbe protetto i “suoi” ebrei si schiantò contro l’assordante silenzio del Vaticano: né le autorità italiane né Pio XII compirono alcun atto formale per impedire la loro deportazione verso Auschwitz.
La “carità cristiana” si manifestò invece nella generosità di alcuni sacerdoti che nascosero famiglie ebre nelle canoniche o per opera di suore che aprirono le case religiose cattoliche a donne e bambine in fuga. E’ questo il caso di Lia Levi che in un romanzo d’impronta autobiografica “Una bambina e basta” racconta di un’infanzia che si snoda sotto la cupa ombra della guerra e delle leggi razziali del fascismo fino al momento in cui inizia la caccia all’ebreo nella Roma occupata dai tedeschi. Quel collegio di suore disponibile ad accogliere lei bambina undicenne e le sue sorelle più piccole diventa l’unica àncora di salvezza cui aggrapparsi. Anche Elsa nel romanzo “La notte dell’oblio” trova rifugio con il marito Giacomo e le figlie adolescenti in una canonica di campagna. E’ don Giacchino umile prelato a consolare Elsa quando una sera il marito non torna a casa da una sortita a Roma dove era andato per controllare gli affari nel negozio gestito dal commesso. “Fu don Gioacchino a sostenerla nei suoi primi passi nel recinto del dolore …. e avrebbe voluto davvero e con tutte le forze prendere su di sé l’intera sua sofferenza insieme a quella degli altri esseri umani lacerati…”
Di quanto accadde nel collegio militare, dove gli ebrei catturati rimasero rinchiusi fino alla deportazione, fonti storiche tramandano la vicenda di una donna, Marcella Perugia, che partorì in quel cortile un bambino poi deportato insieme alla madre e immediatamente ucciso nel campo di sterminio. A questa vicenda Lia Levi ha dedicato un racconto struggente intitolato “Sulla luna nera un grido” la cui voce narrante è proprio quella creatura cui fu strappato il futuro.
Fra gli atti di sadismo dei nazisti ci fu la scelta della data per attuare il rastrellamento: era il giorno del riposo per gli ebrei che celebravano anche la festa di Sukkot. In questo modo i nazisti erano sicuri di trovare le famiglie riunite nelle proprie case.
Un comportamento criminale che si è ripetuto in questi giorni con l’attacco subito dal popolo israeliano il 7 ottobre scorso, nella ricorrenza festiva di shabbat, da parte dei terroristi di Hamas che hanno ucciso senza pietà centinaia di civili inermi e sequestrato ragazzi, donne, bambini, anziani in carrozzina, strappati alle loro case, ai loro affetti proprio come fecero i nazisti 80 anni fa. Questo grave fatto ci invita a non abbassare la guardia: il Male assoluto può ritornare da un momento all’altro perchè come ci insegna la Storia l’odio nei confronti degli ebrei e la volontà di sterminarli non si sono mai estinti.
Per ciò che è accaduto e per ciò che potrà accadere dobbiamo fare nostro il giudizio-ammonimento di Primo Levi: “Non solo non si può capire ma non si deve capire perché sarebbe già abbozzare una giustificazione”.
Giorgia Greco