Biden pone a Israele un dilemma cruciale
Analisi di Antonio Donno
A destra: Joe Biden con Benjamin Netanyahu
L’ingresso dell’Arabia Saudita negli “Accordi di Abramo”, prevista come imminente, sarà un passo decisivo nella storia del Medio Oriente. Ovviamente, nulla è scontato fino all’ultimo momento, ma la mediazione degli Stati Uniti sembra essere il fattore cruciale per questo evento di storica importanza. L’adesione di un Paese grande e potente come l’Arabia Saudita che fronteggia l’Iran nel Golfo Persico e che garantisce il passaggio delle navi petrolifere pone un problema pesante ai progetti di Teheran di divenire il controllore di un’area strategicamente fondamentale nel sistema politico internazionale.
La mediazione di Washington è, dunque, decisiva, ma nello stesso tempo pone un problema di importanza capitale per Israele. Riad ha accettato di far parte degli “Accordi di Abramo” per il fatto che Biden ha promesso al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, di rafforzare il sistema militare di Riad con la fornitura di armi di ultima generazione e di assicurare allo Stato saudita un sistema nucleare. Nello stesso tempo, però, il presidente americano, nel suo incontro con Netanyahu, durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha chiesto al primo ministro israeliano passi concreti nei rapporti con i palestinesi nella prospettiva della realizzazione del progetto “due popoli, due Stati”. In sostanza, l’ingresso negli “Accordi di Abramo” dell’Arabia Saudita, grazie alla fondamentale mediazione di Washington, fornisce a Biden un formidabile atout per mettere in difficoltà Netanyahu e “costringerlo” ad accettare la soluzione del problema palestinese. Tuttavia, Netanyahu è a capo di un governo di coalizione che mai accetterebbe la richiesta americana, ammesso che lo stesso Netanyahu dovesse personalmente accondiscendere a tale scambio.
Il problema centrale è sempre l’Iran. Il Paese degli ayatollah è un pericolo sia per Israele, sia per l’Arabia Saudita. Come si è detto, Teheran tende a divenire il padrone del Golfo Persico, grazie alla sua potenza militare e soprattutto al prossimo possesso dell’arma nucleare. Questo è il motivo per il quale Riad ha richiesto agli Stati Uniti la concessione di un sistema nucleare e la mediazione per entrare negli “Accordi di Abramo”, che consentirebbe all’Arabia Saudita di coniugare il proprio sistema nucleare con quello di cui è dotato Israele fin quasi dalla sua nascita. A questo punto, le due potenze nucleari costituirebbero veramente un ostacolo molto difficile da superare per Teheran. Si tratta, dunque, di un passaggio cruciale nella storia del Medio Oriente, tale da garantire una possibile stabilizzazione della regione.
A questo punto, la posizione di Israele è delicata. Biden ha posto a Netanyahu una sorta di ricatto. La mediazione americana per l’ingresso dell’Arabia Saudita negli “Accordi di Abramo” verrebbe meno se Israele non si muovesse verso un accordo con i palestinesi. Né tantomeno Riad oserebbe chiedere autonomamente l’adesione agli accordi in quanto, come conseguenza, gli Stati Uniti si guarderebbero dal concedere l’arma nucleare alla monarchia saudita. Dunque, la situazione è in una fase critica, in particolare per Israele. L’attuale governo di Gerusalemme, così come è oggi composto, non può che essere contrario alle proposte di Biden. Il che porta a uno stallo pericoloso.
L’iniziativa di Biden rappresenta un momento di rientro importante degli Stati Uniti negli affari mediorientali. La questione saudita dà a Washington la possibilità di rafforzare la sua pressione su Israele al fine di rimettere in moto la discussione sul problema di uno Stato palestinese accanto a Israele. Netanyahu ha detto a Biden che gli “Accordi di Abramo” hanno segnato “l’alba di una nuova era di pace”, ma occorre sciogliere alcuni nodi decisivi per giungere a tale esito.
Antonio Donno