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La Repubblica Rassegna Stampa
19.09.2023 Zelensky rimuove i viceministri
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 19 settembre 2023
Pagina: 13
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Da Ue e Usa pressioni su Zelensky. Via i vertici corrotti della Difesa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/09/2023, a pag. 13, con il titolo “Da Ue e Usa pressioni su Zelensky. Via i vertici corrotti della Difesa" il commento di Paolo Brera.

Zelensky: il Presidente ucraino e la metamorfosi da Woody Allen ad Allende  - la Repubblica
Volodymyr Zelensky

ODESSA — A meno di due settimane dalla cacciata del ministro della Difesa Oleksij Reznikov, il governo Zelensky ha rimosso quasi tutti i suoi viceministri smantellando il vertice da cui dipende la maggior parte delle forze armate ucraine. Un terremoto politico, dopo 19 mesi di invasione russa; ma è quasi un atto dovuto, un’appendice della rimozione di Reznikov travolto dagli scandali sulle forniture gonfiate negli appalti militari. L’ex ministro, e ora i suoi uomini, pagano quantomeno per non essersi accorti di nulla, mentre i loro uffici compravano a peso d’oro il cibo dei soldati e le giacche invernali con cui li spedivano nel gelo delle trincee. L’ultimo scandalo è di pochi giorni fa, una truffa sull’acquisto del carburante per mettere in volo intanto i caccia ucraini, in attesa che gli F16 aumentino il lucro dei funzionari corrotti. Tra i vice messi alla porta ieri dal consiglio dei ministri il nome più noto è Hanna Maliar, che recitava impassibile il bollettino di guerra rifiutando commenti. Giovedì scorso aveva annunciato la liberazione di Andriivka, un paesino del Donbass nella zona di Bakhmut, venendo clamorosamente smentita dalle forze armate: «Dichiarazione falsa e prematura, queste parole ci danneggiano», scriveva la III Brigata d’assalto. Salvo poi annunciare la liberazione il giorno successivo. Il cambio di stagione era nell’aria. Il 6 settembre il parlamento aveva ratificato la nomina di Rustem Umerov, decisa da Zelensky in sostituzione di Reznikov, ed erano arrivate le prime lettere di dimissioni dei viceministri. Era ovvio che Umerov, manager esperto e mai infangato, avrebbe cambiato la squadra travolta da scandali indecenti come gli appalti gonfiati per chi rischia la vita al fronte e le mazzette nei Distretti militari per evitare la trincea. Insieme a Maliar se ne vanno cinque viceministri e il segretario di Stato della Difesa. È il primo epiù importante avvicendamento nel governo dopo la tragedia dell’elicottero precipitato a Kiev, che decapitò i vertici del ministero degli Interni. Un incidente ancora misterioso, al contrario di questo terremoto che è la risposta di Zelensky alle pressioni degli alleati perché combatta la corruzione devastante. È uno dei cardini imposti dall’Europa per l’integrazione, ed è una litania costante. Lo è dietro le cortine della Bankova, il quartier generale di Zelensky, ma anche nei discorsi ufficiali dei partner in visita a Kiev: anche gli ultimi — il Segretario di Stato Usa Antony Blinken e la ministra degli Esteritedesca, Annalena Baerbock — ne hanno discusso con il Presidente come dichiarato direttamente o riportato nei rapporti ufficiali. Non è un caso che la decisione di Zelensky di chiudere l’era Reznikov sia arrivata proprio alla vigilia dell’arrivo a Kiev di Blinken, e quella di licenziare i suoi vice giunga ora prima del suo viaggio negli Usa. Il presidente aveva già salvato Reznikov una volta, di fronte al primo scandalo delle uova a prezzo d’oro per i soldati al fronte: i dettagli dell’appalto lasciavano gli ucraini senza parole, mentre leggevano i prezzi assurdi riconosciuti per alimenti che costavano molto meno in qualsiasi supermercato. Ma Reznikov non fu direttamente coinvolto, e Zelensky si limitò a licenziare i dirigenti corrotti. In seguito emersero tanti altri scandali sotto i tappeti della Difesa che nessuno si è stupito, una settimana fa, di fronte al sondaggio della “Fondazione per le iniziative democratiche” secondo cui il 78 per cento degli ucraini ritiene il presidente responsabile della corruzione nel governo e nei distretti militari. Una bomba a orologeria sulla credibilità di Zelensky. Una minaccia troppo insidiosa, in un momento così delicato della controffensiva e in vicinanza della scadenza del suo mandato, anche se la guerra e la legge marziale impediranno probabilmente le elezioni. Ecco perché era indispensabile per lui tagliare l’erbaccia rampicante della corruzione, cresciuta anche nel suo stesso Ufficio presidenziale (a gennaio cacciò il vice capo, Kyrylo Tymoshenko, dopo lo scandalo delle forniture alimentari). Già sul campo di battaglia «la situazione è difficile», ha ribadito ieri il presidente: «Dobbiamo liberare quanto più territorio possibile, anche se si trattasse di meno di cento metri non dobbiamo dare tregua a Putin. Abbiamo l’iniziativa e abbiamo fermato l’offensiva russa e lanciato una controffensiva, ma non è molto veloce». Ieri il generale Alexander Syrsky, comandante delle forze di terra, ha detto che nella zona di Bakhmut le sue truppe hanno violato la linea di difesa russa; ma ha aggiunto che stanno subendo pesanti contrattacchi. Mancano uomini al fronte, ma soprattutto mancano le armi e le munizioni promesse dagli alleati: gli scandali per il fiume di denaro intercettato dalla corruzione sono una zavorra che Zelensky non può più permettersi, mentre chiede agli alleati aiuti costosi in un momento in cui l’economia occidentale rallenta e l’inflazione vola.

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