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La Repubblica Rassegna Stampa
11.09.2023 Ucraina, il sacrificio dei cooperanti
Analisi di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 11 settembre 2023
Pagina: 15
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Ucraina, il sacrificio dei cooperanti uccisi dai russi alle porte di Bakhmut»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/09/2023, a pag. 15, con il titolo “Ucraina, il sacrificio dei cooperanti uccisi dai russi alle porte di Bakhmut" il commento di Paolo Brera.

Ucraina, il sacrificio dei cooperanti uccisi dai russi alle porte di Bakhmut  - la Repubblica

KIEV— Quelli che al fronte ci vanno tutti i giorni, ma senza armi al seguito. Senza guidare droni esplosivi, senza sparare né passare ad altri le coordinate: la spagnola Emma Igual e il canadese Anthony “Tonko” Ihnat, uccisi sabato mattina in uno dei luoghi più dannati e pericolosi di questa guerra in Ucraina, ci andavano con un furgone bianco carico d’acqua e medicine, di pane e biscotti. Ci andavano con le mani tese e il sorriso, in cerca di quelle anime nascoste negli scantinati di paesini ormai irriconoscibili, sventrati dai combattimenti. Quasi sempre sono anziani, ostinati fino al martirio e allora bisogna provare a convincerli che non c’è più nulla per cui resistere, nulla per cui morire. Sabato andavano verso il paesino di Ivanivtske, il primo gruppo di case appena fuori Bakhmut, ma «passato Chasiv Yar il loro veicolo è finito sotto un attacco russo. Colpito in modo diretto, si è ribaltato e ha preso fuoco», scrivono i volontari di Road to Relief, la Ong che Emma Igual aveva cofondato e dirigeva. Emma aveva 32 anni ed esperienza da vendere: con la sua associazione, creata all’indomani dell’invasione russa del febbraio 2022, ha distribuito ogni mese più di trenta tonnellate di aiuti umanitari in un centinaio di villaggi sotto tiro. Con lei è morto il driver canadese, Tonko, anche lui un esperto volontario. Sull’auto c’erano altri due colleghi, due medici: lo svedese Johan Mathias e il tedesco Ruben Mawick. «Sono rimasti gravemente feriti — scrive ancora la Ong nel comunicato su Instagram — con lesioni da schegge e ustioni, ma ora sono stabili in ospedali separati, lontani dal fronte». Erano partiti di primo mattino da Slaviansk, un altro paese del Donbass ucraino a lungo centratodai colpi di mortaio russi. Da lì hanno percorso l’unica strada rimasta per raggiungere la prima linea alla periferia di Bakhmut, occupata dai russi. È una zona di attrito in cui si combatte ferocemente con l’artiglieria. Emma e la sua squadra andavano verso l’ultimo villaggio formalmente sotto controllo ucraino, Ivanivske, «per valutare le esigenze dei civili colpiti in un fuoco incrociato. A Road to Relief il team di valutazione dei bisogni è spesso il primo ad andare nei villaggi in prima linea per fare chiarezza sulla situazione — spiega la Ong — e gli sforzi della squadra hanno portato a numerose evacuazioni e consegne di aiuti cruciali nei 18 mesi in cui siamo operativi». Ora il loro sorriso accompagna i ricordi di chi li ha conosciuti e stimati, e inonda i social di lacrime e di messaggi perché davvero l’opera di questi esseri umani con un coraggio da leoni finiva per restarti dentro, quando li incrociavi negli stessi percorsi in cui andavi a raccontare lo strazio di questa gente civile stremata dalla guerra. La fotografia di Emma che tiene per mano un’anziana e la rassicura mentre cerca di portarla via tra le esplosioni, quella che ora tutte le istituzioni usano per ricordarla, l’aveva scattata l’inviato della Rai Giammarco Sicuro «a Siversk, in Donbass. Correvamo sotto le bombe. O meglio, ci provavamo perché la signora avanzava lentamente ed Emma scherzava su questa nostra fuga al rallentatore». Sono luoghi pericolosissimi, in una guerra spietata che si combatte casa per casa, strada per strada. Lì a Chasiv Yar, a maggio, un “grad” aveva ucciso il giornalista dell’ Afp Arman Soldin: aveva la stessa età di Emma, 32 anni, e la stessa lunga esperienza. Era il coordinatore video dell’agenzia in Ucraina. Ma l’esperienza può poco, davanti alla roulette russa.

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