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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.09.2023 Ucraina e Israele, un rapporto complesso
Editoriale di Paolo Mieli

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 settembre 2023
Pagina: 1
Autore: Paolo Mieli
Titolo: «Le tensioni tra Kiev e Israele»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/09/2023, a pag. 1, con il titolo "Le tensioni tra Kiev e Israele" l'analisi di Paolo Mieli.

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Paolo Mieli

Con la guerra in Ucraina, si rafforzano i rapporti tra Israele e la  diaspora - Mosaico

Tre giorni fa, in un incontro con il direttore del Museo della Seconda guerra mondiale, Alexander Shkolnik, Vladimir Putin ha definito «disgustoso» che «l’ebreo Zelensky si presti a coprire la glorificazione del nazismo e di coloro che hanno guidato l’Olocausto in Ucraina con lo sterminio di un milione e mezzo di persone». Shkolnik — anch’egli di origini ebraiche — lo ha guardato con una punta di perplessità. Ma Putin ha insistito: «I comuni cittadini in Israele capiscono questo meglio di tutti, guardate quello che dicono su Internet». Zelensky è «la vergogna del popolo ebraico». Colpisce che — a parte rarissime eccezioni — da Israele non siano giunte reazioni a questa sortita, peraltro non la prima, di Putin e del suo entourage contro «l’ebreo Zelensky». Pochi i commenti pur dalla comunità ebraica internazionale che si era pronunciata con maggior prontezza e vigore su questioni di minore entità. Era stata, ad esempio, pronta ad insorgere perché Bradley Cooper — nel film «Maestro» — aveva fatto ricorso a un naso finto per interpretare la figura del direttore d’orchestra Leonard Bernstein. Stavolta invece, silenzio. O quasi. Le cose si misero male tra Israele e Ucraina già a un mese dall’invasione, con l’intervento via zoom di Zelensky alla Knesset. Nel corso di quell’allocuzione il presidente ex attore aveva in qualche modo paragonato alla Shoa gli effetti dell’invasione russa del 24 febbraio 2022. I vertici dello Yad Vashem definirono tale comparazione «oltraggiosa». E tra i due Paesi scese il gelo. Successivamente Israele offrì a Kiev aiuti «umanitari». Ma rifiutò di fornire ogni equipaggiamento militare, anche protettivo. In particolare, negò a Kiev il sistema di difesa missilistica Iron Dome. Finché l’ambasciatore ucraino Yevgen Korniychuk si presentò in una conferenza stampa con un elmetto in testa e chiese agli astanti: «Per favore, ditemi come si può uccidere qualcuno con questo affare sul capo?». L’allora primo ministro, Naftali Bennett, tenne duro e volle mostrarsi rigorosamente equidistante da Russia e Ucraina decidendo di incontrare sia Putin che Zelensky (prima Putin, due mesi dopo Zelensky). Bennett ritenne anche di dichiarare la propria soddisfazione per il fatto che Putin aveva mantenuto la promessa — fattagli ai primi di febbraio del ’22 — di non uccidere Zelensky. Poi spiegò che la decisione di non fornire armi agli ucraini era stata presa nel timore che tali armi cadessero nelle mani dei nemici iraniani. Argomento riproposto dal successore di Bennett, Benjamin Netanyahu, in una recente intervista al Jerusalem Post . Lo scorso febbraio c’è stata una visita a Kiev del ministro degli Esteri di Gerusalemme Eli Cohen accompagnata da un’intervista del presidente della Federazione delle comunità ebraiche, rav Meir Stambler, che manifestava qualche esitazione in merito alla scelta israeliana di fornire all’Ucraina soltanto aiuti umanitari. Ma Netanyahu ha ribadito la scelta di Bennet. Da allora Korniychuk ha diramato una serie di note sempre più velenose nei confronti dei governanti di Israele. Ha definito «inutile» il viaggio di Cohen a Kiev. Ha sostenuto che «l’attuale governo israeliano ha scelto la strada della stretta cooperazione con la Federazione russa». Ha dichiarato che l’Ucraina non sa che farsene degli aiuti umanitari: «Non si vince una guerra con bende e antibiotici». Si è persino lanciato in una spericolata incursione nella storia della Seconda guerra mondiale rinfacciando ai suoi interlocutori israeliani di essere immemori degli ebrei salvati dagli ucraini nel corso del conflitto (laddove l’Ucraina fu uno dei Paesi dove maggiormente si manifestò la violenza antisemita delle truppe hitleriane aiutate dai collaborazionisti locali). Cohen a quel punto ha convocato al Ministero l’ambasciatore di Kiev per un «rimprovero ufficiale». La tensione è dunque assai forte. Però la distrazione israeliana a fronte delle dichiarazioni di Putin delle quali si è detto all’inizio dimostra che i nervi tesi tra Kiev e Gerusalemme non sono riconducibili alla supposta protervia dell’ambasciatore Korniychuk. Israele è convinto del fatto che, qualora inviasse in Ucraina qualcosa di più delle bende e degli antibiotici di cui ha parlato il diplomatico, la Russia ostacolerebbe alcune azioni di Israele contro postazioni iraniane in Siria. E soprattutto si metterebbe di traverso al dialogo intrapreso da Gerusalemme con una parte importante del mondo arabo. Il Mossad conferma queste impressioni. Ma il mancato sostegno a un popolo aggredito (mancato sostegno che avrà un riflesso sulle elezioni americane, in particolare sul voto repubblicano) rischia di compromettere il profilo di una politica, quella di Netanyahu, già abbondantemente contestata. Di comprometterlo sul piano internazionale. E su quello etico.

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