Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/09/2023, a pag.17 con il titolo "Pardo: 'Il nucleare ostacola l’intesa con Riad. Ma il problema di Israele ora è Netanyahu' ", l'intervista di Yossi Melman.
Yossi Melman
Tamir Pardo
Tamir Pardo, ex capo del Mossad, il servizio segreto israeliano, sottolinea la complessità degli sforzi americani per migliorare le relazioni con l’Arabia Saudita, e individua due ostacoli principali. Il primo e più significativo è la richiesta che i sauditi rivolgono agli Stati Uniti: vogliono aiuto per strutturare un programma nucleare civile che comprenda il diritto di arricchire uranio su suolo saudita. «I sauditi vogliono un ciclo del nucleare completo, arricchimento dell’uranio compreso», dichiara Pardo in questa intervista: «Io, sulla base della mia esperienza e delle mie conoscenze, sono contrario. Ma dobbiamo capire che in questi scenari Israele gioca un ruolo minoritario, e non credo che abbia voce in capitolo. Prevedo però che, se i negoziati non si concluderanno entro febbraio o marzo 2024, ci saranno poche possibilità di arrivare a un accordo quando gli Usa saranno nel pieno della campagna elettorale».
Il secondo ostacolo è la questione palestinese, che l’amministrazione Biden cerca di tenere collegata all’accordo sul nucleare fra Washington e Riad. «La questione palestinese complica i tentativi di normalizzare i rapporti fra Israele e Arabia Saudita e di creare una relazione diplomatica fra i due Paesi».
L’Arabia Saudita, che al momento non ha relazioni diplomatiche con Israele, per Pardo non è del tutto sconosciuta. Lui non parla di quando era al vertice del Mossad, ma un anno fa io scrissi che nel 2014, quando ancora era in carica, è volato in segreto a Gedda per incontrare la sua controparte, il principe Bandar Bin Sultan, capo dell’intelligence saudita. Scopo dell’incontro era cercare di mettere fine alla nuova fase di ostilità fra Israele e Hamas a Gaza e favorire un accordo fra Israele e Palestina sotto l’egida dell’Arabia Saudita e della Lega Araba. «Avevamo contatti riservati con l’Arabia Saudita che derivavano da interessi di sicurezza comuni», spiega, riferendosi alla preoccupazione dei due Paesi per il programma nucleare iraniano e per il sostegno fornito dall’Iran al terrorismo, «ma per incrementare le relazioni israelo-saudite serve qualcosa di più significativo, e purtroppo Israele non è pronto».
Mi può spiegare meglio? «Nell’area compresa fra il Mediterraneo e il fiume Giordano vivono quindici milioni di persone: ebrei e arabi, divisi fra musulmani – la maggioranza – e cristiani. C’è lo stato di Israele, che non ha mai definito i propri limiti territoriali, l’enclave palestinese di Gaza, controllata da Hamas, e i palestinesi che vivono in Cisgiordania sotto l’occupazione israeliana. Il conflitto dev’essere risolto in modo da assicurare il rispetto reciproco».
Che al momento però manca del tutto. Ci sono odio e terrorismo. «È vero. Mi duole constatare che gli attacchi terroristici palestinesi sono aumentati. Come qualunque altro popolo, i palestinesi vogliono essere liberi. L’opposizione all’occupazione israeliana suscita violenza e atti terroristici da parte di una piccola minoranza di ebrei radicali ed estremisti. La situazione dev’essere risolta con la diplomazia e la politica, non con la forza. Sfortunatamente, il nostro governo è convinto di poter sconfiggere il terrorismo aumentando la forza militare».
Cosa pensa della Wagner, dissolta dal presidente russo Vladimir Putin? «La Wagner è il miglior indicatore della debolezza dell’esercito russo e della scarsa efficacia della sua catena di comando. È inaudito schierare una forza mercenaria lungo i propri confini. Posso capire che abbia senso mandarla a curare gli interessi della Russia in vari paesi dell’Africa o del Medio Oriente. Ma mandarli sul confine russo e in Ucraina è assurdo. È la ragione per cui alla fine, dopo la ribellione (del capo della Wagner, Evgenij Prigozhin, ucciso il mese scorso in un misterioso incidente aereo,ndr ),Putin ha deciso di scioglierla».
Il presidente ucraino Zelensky dice che la sua nazione si prepara a una lunga guerra di logoramento e indica Israele come esempio di un paese che vive sotto la minaccia di guerre costanti. «Una guerra di logoramento nella configurazione attuale sarebbe sfavorevole per l’Ucraina. La Russia è un paese gigantesco che ha sempre sconfitto gli invasori sul proprio territorio. Non so quantacoesione ci sia oggi in Russia, quanto la popolazione sia resiliente e se sia pronta a fare dei sacrifici. Credo però che alla fine gli ucraini ne usciranno estenuati».
Quindi pensa che l’Ucraina dovrebbe trovare un accordo con l’aggressore russo? «La Russia è in grado di continuare la guerra malgrado i fallimenti e le perdite sul campo. L’Ucraina ha mostrato coraggio e determinazione e beneficiato del sostegno dell’Occidente. Deve però tenere conto del fatto che prima o poi gli Stati uniti e l’Occidente potrebbero smettere di sostenerla o non fare ciò che si aspetta. Deve approfittare dei risultati raggiunti finora, provare a ottenere ancoraun successo militare significativo e poi cercare una soluzione diplomatica e un accordo».
Tamir Pardo è entrato nel Mossad nel 1980: al suo interno ha servito in diverse unità operative fino a quando, nel 2011, non ne è diventato il capo. Nel corso della sua lunga carriera ha partecipato o guidato operazioni che hanno portato alla distruzione del reattore nucleare siriano e a sabotaggi o rallentamenti del programma nucleare iraniano. «Se l’Iran riuscisse a produrre armi nucleari, rappresenterebbe un grave pericolo non solo per Israele e il Medio Oriente ma per il mondo intero», aggiunge. «Un Iran nucleare controllerebbe anche le enormi quantità di petrolio e gas dei vicini che affacciano sul golfo Persico, come Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Il mondo deve rendersene conto e tenere d’occhio l’Iran».
Tutte le operazioni di intelligence segrete attribuite al Mossad e alla Cia non sono bastate? L’Iran continua la sua corsa verso l’atomica? «L’Iran aveva già provato negli anni ’90 a dotarsi di ordigni nucleari. Sta di fatto però che oggi, trent’anni dopo, ancora non li possiede. Israele da solo non può impedirlo, abbiamo bisogno dell’aiuto del resto del mondo».
Pensa che l’Iran voglia le armi nucleari? «Stando alle dichiarazioni ufficiali no, ma a giudicare da quello che fanno, la risposta è sì».
Ed è per questo che l’Arabia Saudita vuole un programma nucleare? «Senza dubbio, se l’Iran continueràa fare progressi, ci saranno sempre più stati mediorientali desiderosi di dotarsi di armi nucleari e tutta la regione si troverà coinvolta in una corsa al nucleare che potrebbe portare alla distruzione del mondo».
Tuttavia, nonostante la minaccia che l’Iran e gruppi terroristici come Hamas e Hezbollah rappresentano per il suo Paese, oggi la maggiore preoccupazione di Pardo è che Israele smetta di essere una democrazia. Pardo è uno dei leader del movimento di protesta contro il governo di Netanyahu. Secondo lui, non c’è in gioco solo il tentativo del governo di controllare il potere giudiziario. Sono molti i cambiamenti che Netanyahu – attualmente sotto processo per corruzione – vorrebbe introdurre. Vuole fare in modo che i suoi ministri controllino i media, nominare suoi fedelissimi in ruoli chiave dell’esercito e dei servizi di sicurezza, introdurre leggi religiose e imporle ai cittadini laici, privare i palestinesi dei diritti umani fondamentali ed espellerli verso Stati arabi, in sostanza vuole creare un regime più autoritario. Di recente Pardo ha paragonato certi gruppi israeliani al Ku Klux Klan. «Nel governo ci sono partiti razzisti e fascisti. Paragonandoli al KKK gli ho fatto un complimento», aggiunge con un sorriso che lascia intendere che secondo lui sono anche peggio. Si riferisce al ministro per la Sicurezza interna Itamar Ben Gvir e al ministro delle Finanze Betzalel Smotrich? «Sì, e a tutti i loro sostenitori».
Benjamin Netanyahu è uno di loro? «Netanyahu è il vero problema. È lui il primo ministro, e in quanto tale ha la responsabilità ultima. Lo conosco da molti anni, prima non era così, è cambiato, dal momento che dà loro del lavoro e siede assieme a loro nello stesso governo. Anche se non sei fascista né razzista, se ti siedi attorno a un tavolo e collabori con loro, sei come loro».
Cosa prevede per il futuro? «Israele potrà essere sicuro e sopravvivere a lungo solo se rimane ebreo e democratico. Se rimane ebreo ma diventa teocratico, non sarà più democratico. Se smette di essere un Paese democratico non merita di esistere».
Lei è un pessimista? «Quando ero a capo del Mossad dovevo essere ottimista. Questo movimento di protesta, in cui milioni di israeliani descritti come edonisti, viziati e apatici si sono mostrati all’altezza della situazione e hanno deciso di opporsi ai piani del governo, mi ha ispirato. Ho servito il mio paese per 43 anni e ora ne ho 70. Ho figli e nipoti. Israele combatte per la propria anima. Non ho scelta, devo essere ottimista».
(Traduzione di Alessandra Neve)
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