Francia, islam: 'Niente abaya a scuola' Analisi di Stefano Montefiori
Testata: Corriere della Sera Data: 29 agosto 2023 Pagina: 11 Autore: Stefano Montefiori Titolo: ««Niente abaya a scuola». Il nuovo divieto che divide la Francia»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 29/08/2023, a pag. 11, con il titolo "«Niente abaya a scuola». Il nuovo divieto che divide la Francia" l'analisi di Stefano Montefiori.
Stefano Montefiori
PARIGI Dopo il velo nelle scuole nel 2004 e il burqa in pubblico nel 2010, ora la Francia mette all’indice la tunica mediorientale, che gli studenti non potranno più portare a partire dalla settimana prossima, quando comincia il nuovo anno scolastico. L’abaya (per le donne) e il qamis (per gli uomini) è un abito tradizionale del Medio Oriente che si è poi diffuso nel Maghreb e in Europa, presso i cittadini di cultura arabo-musulmana. In Francia è diventato un marchio di orgoglio, e in qualche caso di sfida alla maggioranza. «Quando si entra in una classe non deve essere possibile identificare la religione degli allievi», ha detto il nuovo ministro dell’Istruzione, Gabriel Attal, nella conferenza stampa di rientro. «Voglio fare rispettare quel santuario laico che deve essere la scuola», ha aggiunto. La questione dell’abaya si trascina da almeno un anno perché ha preso il posto del velo islamico come segno di appartenenza: la legge contro «i segni religiosi evidenti» a scuola (che vieta anche la kippa ebraica e i crocifissi, per esempio) venne approvata nel 2004 per liberare le ragazze di origine araba dal velo islamico, imposto spesso dai maschi della famiglia. Ma più lo Stato francese cerca di imporre il suo modello assimilazionista, chiedendo ai cittadini di accantonare una parte della loro identità di origine per fondersi nella nazione, più i gesti identitari si moltiplicano. Nell’ultimo anno le segnalazioni per «violazione della laicità» nelle scuole sono raddoppiate, da 2.167 nel 2021-2022 a 4.710 nel 2022-2023, spesso proprio tramite l’abaya o il qamis. Il ministro precedente, Pap Ndiaye, aveva scelto di non vietarli lasciando ai singoli professori il compito di valutare caso per caso. Il giovane (34 anni) successore Attal, appena insediato, opta per il divieto ma la polemica è partita subito, anche perché il vicepresidente del Consiglio del culto musulmano, Abdallah Zekri, sottolinea che l’abaya «non è affatto un simbolo religioso islamico» ma semmai «una moda», un segno di appartenenza non tanto all’islam ma all’identità araba. La difesa della laicità, quindi, sembra entrarci poco. Ai funerali di Nahel Merzouk, il 17enne franco-algerino ucciso da un poliziotto a Nanterre, tanti coetanei indossavano il qamis sopra la tuta Nike. Proibendo abaya e qamis nelle scuole, a due mesi dalle sommosse, il governo prende il rischio di inasprire la tensione con una parte dei cittadini di origine araba.
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