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La Repubblica Rassegna Stampa
26.08.2023 Putin ancora contro l'Ucraina
Rosalba Castelletti intervista Kirill Rogov

Testata: La Repubblica
Data: 26 agosto 2023
Pagina: 13
Autore: Rosalba Castelletti
Titolo: «Rogov: “Un delitto mafioso, Putin ora regna incontrastato e sull’Ucraina non arretrerà”»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 26/08/2023, a pag.13, l'intervista di Rosalba Castelletti dal titolo "Rogov: “Un delitto mafioso, Putin ora regna incontrastato e sull’Ucraina non arretrerà” ".

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Rosalba Castelletti

Kirill Rogov | Free Russia Foundation
Kirill Rogov

Alla fine ha vinto Vladimir Putin. Aver negoziato con il ribelle Evgenij Prigozhin, avergli concesso l’immunità in cambio dell’esilio, averlo persino ricevuto al Cremlino e chiuso un occhio sui suoi frequenti viaggi in Russia, e poi in Africa, non era stato «un sintomo di debolezza, ma una prova di forza». Il politologo indipendente Kirill Rogov ne è convinto. «Putin era certo sin dall’inizio che sarebbe riuscito a gestire le conseguenze del fallito ammutinamento. È l’ennesima dimostrazione che non ci sono ostacoli che il suo spietato sistema non riesca a superare», commenta l’ex ricercatore dell’Istituto Gajdar per la Politica economica ed ex membro del Consiglio per la Politica estera e di difesa, oggi a capo della piattaforma di analisi Re.Russia. 

La speranza che l’uscita di scena di Prigozhin dalla scena politica possa creare le basi per i negoziati con l’Ucraina dunque è mal riposta? «Assolutamente. La guerra contro l’Ucraina continuerà senza sosta. Putin non cambierà i suoi piani. I cosiddetti “patrioti arrabbiati”, del resto, non hanno mai avuto un reale seguito politico. La loro voce era amplificata dalle potenti risorse mediatiche di Prigozhin, dalla sua costante presenza su Telegram e dalla promozione dei suoi messaggi da parte dei canali a lui associati il cui numero di follower era gonfiato da bot e profili falsi. C’era una fabbrica mediatica mirata a promuovere e ad amplificare un certo sentimento. Ora che è stata demolita, questi umori non avranno più nessuna risonanza». 

Ci sono ancora diverse ipotesi sulle cause dello schianto del jet di Prigozhin. Lei per quale propende? «Tutti gli indizi al momento sembrano accreditare la presenza di una bomba a bordo. Ma temo che non sapremo mai che cosa è realmente avvenuto. La sceneggiatura di un omicidio del genere è scritta proprio in modo che restino delle zone d’ombra. In questo modo chi di dovere sospetta a ragione che è stata sicuramente opera di Putin, ma il Cremlino può negare. Gli omicidi apparentemente commissionati da Putin sono frequenti, ma allo stesso tempo oscuri così che ognuno possa pensare quel che gli pare. Che sia Putin il mandante o no». 

Se davvero c’è Putin dietro alla morte di Prigozhin, perché una vendetta così plateale? «È un omicidio mafioso. Tutto quello che ruotava attorno a Prigozhin era palesemente al di sopra della legge. Ma a Putin questo suo snobbare ogni regola in fin dei conti piaceva. Del resto egli stesso, come Prigozhin, fa ricorso a metodi criminali. Metodi mafiosi. Metodi dove tutto sembra contemporaneamente legale e illegale. E proprio, come in un copione mafioso, Prigozhin era stato attirato a Mosca con un invito a incontrare alcuni funzionari». 

E perché aspettare due mesi? «Qui contano due fattori. Il primo è che, al momento della rivolta, la macchina mediatica di Prigozhinaveva promosso i wagneriti come i veri eroi della guerra in Ucraina. La scia del loro eroismo era ancora troppo fresca e Putin aveva bisogno di tempo per spazzarla via. Non voleva provocare crepe in seno alla coalizione pro-guerra o costringerla a scegliere da che parte stare». 

E il secondo fattore? «Durante la sua ascesa, dall’estate scorsa fino a giugno, Prigozhin era stato funzionale a Putin. Fungeva da contraltare ai vertici militari. Il presidente non era sicuro della loro lealtà né della loro efficacia sul campo di battaglia. Ma proprio negli ultimi due mesi Sergej Shojgu e Valerij Gerasimov hanno dimostrato di aver saputo costruire un sistema di difesa in grado di resistere alla controffensiva ucraina finora. In questo modo si sono meritati “il teschio del nemico”. Ed è anche diventato chiaro che l’esercito è gestibile, le strutture militari parallele invece no». 

Qual è il messaggio per le élite? «È un’intimidazione, non c’è dubbio. La conferma che il regime di Putinregna incontrastato. L’obiettivo, come sempre, è seminare paura. È la norma della vita politica in Russia». 

Quel che resta di Wagner al momento tace. C’è il rischio che stia meditando una vendetta? «Contro chi? Contro Putin? In che modo? Wagner aveva già smesso di esistere. La sua esistenza si basava sui rapporti con i vertici militari e in parte con lo stesso Putin. Rapporti che sono stati recisi dalla ribellione. Wagner era stata ritirata dal fronte ucraino e Prigozhin era stato sin da subito condannato all’oblio». 

Altre compagnie mercenarie come Redut potrebbero sostituire Wagner in Africa o Ucraina? «Questi eserciti privati non sono altro che unità d’élite delle forze armate, ma finanziate in maniera informale da canali alternativi. Da quel che si capisce, a oggi, però non sono state incorporate nella struttura di comando dell’esercito. La Difesa probabilmente vuole preservare la struttura di Wagner in Africa seppure dandole un altro nome e un altro leader».

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