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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.08.2023 Valeria l’ambientalista, dai libri al fronte: «Studio come la guerra inquina e distrugge»
Intervista di Lorenzo Cremonesi

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 agosto 2023
Pagina: 12
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «Valeria l’ambientalista, dai libri al fronte: «Studio come la guerra inquina e distrugge»»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/08/2023, a pag.12, con il titolo 'Valeria l’ambientalista, dai libri al fronte: «Studio come la guerra inquina e distrugge»' l'analisi di Lorenzo Cremonesi.

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Lorenzo Cremonesi

Valeria, al fronte per studiare l'impatto della guerra in Ucraina  sull'ambiente (intanto impara a sparare)- Corriere.it
Valeria Tretiakova

«Per me stare con le unità che combattono al fronte non risponde solo alla necessità di difendere il nostro Paese, ma è anche fare ricerca per la tesi che diventerà la base del mio dottorato. Studio gli effetti della guerra sull’ambiente, sia nel breve che nel lungo periodo», racconta Valeria Tretiakova, che è nata a Dnipro 22 anni fa, sta terminando la laurea in Scienze Ambientali e da poco si è unita alla 128esima Brigata di Fanteria che raccoglie i volontari della sua città. «L’inquinamento della guerra scatenata da Putin sta diventando un problema gravissimo per gli abitanti delle nostre regioni e anche per il mondo intero, dato che le questioni ecologiche ci riguardano tutti, siamo interconnessi, non abbiamo un pianeta di riserva una volta che avremo reso inabitabile il nostro», sostiene. La incontriamo nel poligono d’addestramento nelle campagne non distanti dalla cittadina di Velyka Novasilka, nelle zone di confine tra il settore orientale dei combattimenti di Zaporizhzhia e il Donetsk meridionale. Sino a due settimane fa le trincee russe erano soltanto a una quindicina di chilometri da qui, la loro artiglieria poteva colpire. Ma poi gli ucraini sono avanzati di 8 chilometri e adesso i russi si sono ridispiegati a 23 chilometri dal poligono. Valeria mostra i crateri delle granate, le migliaia di bossoli disseminati tra il fango rappreso e l’erba, oltre ai resti dei bivacchi, le bottiglie di plastica e i rifiuti abbandonati tra le trincee. «Nessuno ci fa caso. Stiamo combattendo, abbiamo altre priorità. Però ormai abbiamo milioni di chilometri quadrati di campi, foreste e villaggi sporcati dalla guerra. C’è un inquinamento che si vede, basta guardarsi attorno», dice indicando i resti delle cartucce. «Però c’è anche l’inquinamento dell’aria e delle acque, che non si vede, ma causa danni irreversibili. Inoltre, gli agenti chimici si mischiano al terreno, nel futuro rischiano di impregnare i prodotti agricoli, il grano, il fieno per gli animali. Tutto questo va prima di ogni cosa registrato, catalogato, quindi dovremo studiarlo per comprenderne gli effetti e trovare i rimedi», spiega. Da circa un mese indossa l’uniforme. Una delle pochissime donne nelle unità destinate al fronte, anche se per ora lei i combattimenti dal vivo non li ha mai fatti e lavora nell’ufficio del comandante. Si sta addestrando per imparare a sparare. «Due giorni fa ho firmato la ferma per tre anni. Ci sarà tempo per tutto, questa guerra non termina certo domani», aggiunge. A casa con i suoi genitori c’è un fratello sedicenne; il padre è medico nei grandi complessi ospedalieri che a Dnipro curano i feriti gravi convogliati da tutte le zone del fronte. Il suo ragazzo qui è una sorta di eroe della brigata, ormai un veterano, visto che si è arruolato nei primi giorni del marzo 2022. Si chiama Dima, ha 23 anni, a Dnipro faceva l’operaio edile, adesso guida i commando che la notte attraversano il fronte per condurre blitz nelle retrovie russe. Il comandante gli chiede di addestrare un gruppo di reclute alle tattiche di battaglia in trincea. Lui obbedisce subito, ma poi si muove piano. Gli scoppi negli ultimi combattimenti gli hanno danneggiato i timpani, ode a fatica le domande dei compagni. Accanto a loro gli sminatori stanno studiando nuovi sistemi per bonificare gli immensi campi minati disseminati ovunque dai russi. Per Valeria rappresentano uno dei tanti aspetti della sua ricerca. Dice: «Le mine restano pericolose per decenni. Saranno il cruccio della mia generazione».

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