Gerusalemme, la manifestazione davanti alla Knesset Cronaca di Nello Del Gatto
Testata: La Stampa Data: 23 luglio 2023 Pagina: 21 Autore: Nello Del Gatto Titolo: «A Gerusalemme in 70 mila: "Nessun bavaglio ai giudici"»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/07/2023, a pag.21 con il titolo "A Gerusalemme in 70 mila: "Nessun bavaglio ai giudici" " la cronaca di Nello Del Gatto.
Saranno giorni caldi quelli che aspettano Gerusalemme da oggi. E non solo per la forte ondata di calore. Decine di migliaia di manifestanti, qualcuno dice oltre settantamila, hanno raggiunto ieri sera la città Santa dopo giorni di cammino per protestare contro la riforma della giustizia voluta da Netanyahu il cui primo provvedimento, sull'abolizione del «principio di ragionevolezza», dovrebbe essere discusso e approvato tra oggi e domani in parlamento. Israele non ha una costituzione e i giudici intervengono su decisioni del governo, bloccandole, seguendo un principio di «ragionevolezza». E proprio intorno alla Knesset, i manifestanti si sono accampati. Erano partiti alla volta di Gerusalemme in poche centinaia martedì da Tel Aviv, la città che da ventinove settimane vede gente per strada ogni sabato per la stessa ragione. Lungo il percorso, in migliaia si sono uniti ed è nato un infinito corteo bianco e blu, i colori di Israele, che ha sostato, si è accampato, ha pregato, ci sono stati comizi e concerti, ci si è sfamati e si è bevuto, il tutto sotto un sole cocente. Dalla serata di ieri, il parco Gan Sacher, il più grande di Gerusalemme che si trova sotto la Knesset, è diventato il quartier generale della protesta. Le autorità cittadine hanno dovuto chiudere diverse strade nella città Santa, dal momento che i manifestanti, oltre che dinanzi alla Knesset, hanno messo presidi dinanzi alla residenza ufficiale del primo Ministro Benjamin Netanyahu.
Durante la marcia, i manifestanti hanno sostato ad Amikam nei pressi della casa del ministro della difesa Yoan Gallant, chiedendo di mediare nei confronti del governo, affinché si fermi l'approvazione della norma. Il ministro già in passato ha ricoperto questo ruolo. Lo scorso 26 marzo il premier lo licenziò, "colpevole" di averlo avvertito che il suo piano di riforma della giustizia stava iniziando a rappresentare una minaccia alla sicurezza di Israele, visto che i riservisti avevano deciso di non prestare più servizio volontario per protesta. Gallant aveva esortato Netanyahu a mettere in stand by la riforma almeno fino alla festa nazionale del 26 aprile, dopo la pasqua ebraica; consiglio che non solo Netanyahu scelse di non seguire ma che lo spinse a mandare via Gallant dal Governo, per poi farlo rientrare pochi giorni dopo, anche perché ci furono massicce proteste, uno sciopero nazionale dei lavoratori e la chiusura dell'aeroporto Ben Gurion. Inoltre il paese fu messo sotto attacco da razzi da sud e da nord. In questi giorni, oltre 100 mila riservisti hanno annunciato che non risponderanno alle chiamate in servizio volontario, in quanto credono che la decisione di Netanyahu di andare avanti sulla sua riforma della giustizia, sia tutto fuorché democratica. Concetto espresso con appelli e lettere inviate al governo e ai vertici militari. Con loro, anche riservisti dell'intelligence. Per questo il ministro della Difesa sta cercando di mediare per evitare una profonda spaccatura nel Paese con il sistema di sicurezza minato dall'astensione di piloti e altri militari. Cosa, quest'ultima, che agli occhi dei nemici di Israele, viene vista come una debolezza. Pure i sindacati, stanno decidendo in queste ore per uno sciopero generale. Ma la mediazione di Gallant per tornare al tavolo delle trattative che dopo la crisi di marzo il presidente Herzog aveva messo in campo, è molto difficile. Il governo non ha intenzione di rallentare l'approvazione del disegno di legge sulla, anche se da ambienti governativi si sottolinea che gli sforzi per raggiungere un accordo sulla legislazione continueranno fino all'ultimo momento. In assenza di un accordo, la legislazione sarà approvata, e si teme per le proteste che la mossa scatenerà.
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