Il Medio Oriente senza gli Stati Uniti
Analisi di Antonio Donno
A destra: Joe Biden
L’Amministrazione Biden ha approvato l’operazione militare israeliana a Jenin e dintorni, affermando che Israele ha il diritto di difendersi dagli attacchi terroristici palestinesi che stanno insanguinando il paese da tempo. Come è ormai noto, è l’Iran che sta dietro agli attacchi ai cittadini di Israele, situazione che si sta evolvendo negativamente di giorno in giorno. Il fatto che Washington abbia approvato la reazione militare di Israele, vuol dire forse che la posizione dell’Amministrazione Biden nei confronti di Gerusalemme sta mutando? Che la presenza sempre più massiccia della fornitura iraniana di armi ai terroristi palestinesi sta inducendo gli Stati Uniti a modificare il proprio atteggiamento nei confronti di Israele e a maturare una nuova strategia verso Teheran?
Sono interrogativi troppo audaci per ritenerli veri. Una cosa, però, è certa. L’Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen è ormai una scatola vuota, incapace di una qualsiasi iniziativa positiva e, per questo motivo, in via di sostituzione da parte delle organizzazioni terroristiche armate dall’Iran, sia a Gaza, sia nella West Bank. Di tutto questo e di ciò che rappresenta nei confronti di Israele e nel quadro sempre incerto del Medio Oriente, è ben consapevole Biden e soci. L’Iran controlla di fatto il Libano, è politicamente radicato in Iraq, è legato al governo sciita del Qatar, e svolge un’intesa azione diplomatica nei confronti dell’Arabia Saudita e, più cautamente, verso i paesi arabi sunniti firmatari degli Accordi di Abramo. È un quadro allarmante per tutto il Medio Oriente. Nonostante la povertà crescente della sua popolazione e il malcontento che attraversa il paese, il regime degli ayatollah investe una grande quantità di denaro nel sostenere militarmente le milizie terroristiche presenti in vari punti della regione, attuando una sorta di catena militare intorno allo Stato di Israele.
Per la verità, sulla questione mediorientale l’Amministrazione Biden sembra bloccata in attesa delle elezioni presidenziali del 2024. Falliti i negoziati di Vienna, gli incontri tra esponenti iraniani e americani, tutti di secondo piano, in Oman non sembra che stiano producendo effetti significativi. L’Iran mantiene una posizione di attesa – in considerazione dei positivi risultati che ha raggiunto finora nella regione mediorientale – nei confronti della diplomazia americana, che però è incerta e soprattutto sempre più condizionata da una parte del proprio staff e da quella parte del Congresso, politicamente importante, che insiste nel non prendere in considerazione i pericoli che circondano Israele e che provengono da Teheran. La parte che si autodefinisce “progressista”, in qualche modo “socialista”, e che vede in Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez i suoi esponenti più combattivi, condiziona pesantemente le scelte di Biden.
Si tratta degli eredi di Obama, la cui politica internazionale ha progressivamente spostato gli Stati Uniti ai margini delle grandi questioni internazionali, che sono passate, di conseguenza, nelle mani del duo Mosca-Pechino. Il Medio Oriente è, così, divenuto estraneo alla politica di Washington e sempre più un obiettivo di Russia e Cina. Il problema israelo-palestinese, in questo quadro generale, è divenuto uno dei punti-chiave delle posizioni dei “progressisti”, o presunti tali. Riprendendo le concezioni di Obama, essi hanno condannato e continuano a condannare ciò che definiscono “imperialismo americano”, che si è espresso nell’area mediorientale nell’appoggio a Israele e alla sua politica, anch’essa definita “imperialista”, ai danni del popolo palestinese. L’Amministrazione Biden ha fatto propria questa posizione, anche al fine di mantenere compatto lo staff democratico alla Casa Bianca. Per di più, i fatti che hanno caratterizzato la presidenza di Donald Trump e che hanno fortemente coinvolto l’opinione pubblica americana hanno contribuito a rinforzare quella parte “progressista” all’interno dell’Amministrazione Biden, che ha, in questo modo, avuto spazio politico per incanalare i propri obiettivi nell’agenda del presidente americano.
Se Biden dovesse vincere le elezioni presidenziali del 2024, non potrebbe ancora fare a meno del supporto di questa parte dei democratici che finora ha battuto le carte, soprattutto ai danni di Israele. Tutto il Medio Oriente continuerebbe a essere privato dalla presenza politica americana, grazie ai condizionamenti provenienti dall’area dei “progressisti”, o “socialisti”.
Antonio Donno