Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/04/2018, a pag.5 con il titolo "L'impotenza di Conte su Regeni: dopo anni nessun passo avanti" la cronaca di Ilario Lombardo
Continua sui nostri media la versione che imputa la responsabilità della morte di Giulio Regeni al solo Egitto. IC ha pubblicato molte pagine sulla prima e assoluta responsabile dell'aver inviato al Cairo il ricercatore italiano, la sua docente musulmana Maha Abdel Rahman (della Fratellanza Musulmana) all'università di Cambridge. Riportiamo il link del 03/11/2017 http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=68149
uno dei tanti che invitiamo a leggere per conoscerela vera storia
eccola: Maha Abdel Rahman
Ilario Lombardo
C'è un'ammissione di impotenza nelle parole di Giuseppe Conte: «Francamente non abbiamo strumenti reali e concreti per poter intervenire e sostituirci alla magistratura egiziana». Oltre tre anni sono passati dalla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ammazzato in Egitto da uomini che ancora non hanno un volto, un nome, un identikit. È stato richiamato in Italia e poi rispedito al Cairo l'ambasciatore, sono stati minacciati divorzi diplomatici e ritorsioni. L'ultima lo scorso novembre, dal vicepremier Luigi Di Maio: «L'Egitto dia risposte concrete sull'omicidio di Regeni entro dicembre o ci saranno conseguenze su tutto: dai rapporti diplomatici a quelli economici». Ultimatum che si sono sgonfiati come palloncini stanchi, dimenticati dal prevalere delle ragioni di stato che rimescolano affari e strategie lungo i confini dell'eterno incubo libico. Commissione parlamentare Domani verrà battezzata la commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del giovane ricercatore, fortemente voluta dal presidente della Camera Roberto Fico. Ma è la lettera dei genitori di Regeni, pubblicata da "Repubblica" e indirizzata al presidente del Consiglio italiano, a mettere il governo di fronte alle sue promesse, proprio nel giorno in cui a Pechino il premier Conte è seduto di fronte ad Al Sisi per un incontro bilaterale sulla Libia. La madre e il padre di Regeni gli chiedono di andare oltre i proclami e di ricordare al presidente egiziano i cinque indagati che la procura di Roma ha iscritto a registro nonostante gli enormi ostacoli trovati al Cairo. «Sono rimasto molto turbato», confessa Conte, appena uscito dal colloquio con il generale Al Sisi. Lo ha raggiunto nel suo hotel, il Wanda, nel centro di Pechino, e lì il premier non ha potuto che ammettere l'«insoddisfazione» per i risultati raggiunti. «A distanza di anni non c'è alcun concreto passo in avanti che ci lasci intravedere un accertamento dei fatti plausibile», confermerà qualche minuto dopo. Delle minacce di Di Maio, che vengono puntualmente ricordate a Conte, è rimasto solo qualche vago ricordo e il governo, dalle risposte fornite dal premier, non intende dare loro alcun seguito pratico. «Negli anni abbiamo tentato varie iniziative. Il modo più efficace per cui io possa premere per un risultato è di continuare a spendere tutta la mia influenza con il governo ed il presidente Al Sisi». Questo può fare il premier italiano, ammette: parlare con il leader del Cairo non con la magistratura. «Continuerò su questa strada, non avrò pace fino a quando non avremo la verità. L'Italia tutta non avrà pace e non verrà mai meno a questo impegno: arrivare a una verità giudiziaria che sia plausibile e che abbia riscontri oggettivi». La reazione Un'offensiva politica, dunque, è il massimo che può offrire. Senza alcuna conseguenza economica. Nulla di più. Non abbastanza peri genitori di Regeni: contenti per aver ricevuto una risposta, ma — come hanno raccontato a chili ha sentiti - delusi perché non era la risposta che si aspettavano. E ancora più stufi di sentire le rassicurazioni della presidenza egiziana, ancora ieri in un comunicato, sul fatto che verrà fornito «il totale sostegno alla cooperazione» tra Italia ed Egitto per identificare gli autori e assicurarli alla giustizia. «Lo stato d'animo dei genitori di Giulio è quello di non arrendersi. Una dolorosa ma fermissima determinazione — spiega Luigi Manconi, presidente dell'associazione "A Buon diritto", ex senatore Pd —. Perché in gioco non c'è solo la verità sulla morte del loro figlio ma il bene universale che è la tutela dei diritti della persona. Coi governi di centrosinistra l'Italia aveva già mostrato una prudenza molto simile all'inerzia, con questo governo l'inerzia però si è trasformata in un'intimità con l'Egitto che richiama una sorta di promiscuità»
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