Riprendiamo da LIBERO di oggi, 22/10/2017, a pag.12, con il titolo "I Curdi sono amici nostri, è arrivato il momento di aiutarli contro l'Iran", il commento di Fabrizio Cicchitto.
Soldatesse Peshmerga e la bandiera del Kurdistan
Ottima l'analisi di Fabrizio Cicchitto, peccato che arrivi troppo tardi. Le forze militari, guidate dall'Iran, hanno trasformato il sogno di uno stato indipendente e democratico, amico dell'Occidente e di Israele, in un incubo. Perchè Cicchitto non chiede un dibattito parlamentare? Come anche lui rileva, il silenzio di giornali e tv è, con poche eccezioni, pressochè totale. Ecco una iniziativa concreta per raccogliere l'appello di Bernard-Henri Lévy.
Fabrizio Cicchitto
Non si può fare a meno di raccogliere l'appello lanciato da Bemand Lévy «Stop all'invasione di Kirkuk: difendiamo i curdi». Può darsi che il referendum lanciato a settembre da Masoud Barzani perl a costituzione di uno stato autonomo del Kurdistan sia stato intempestivo e sbagliato politicamente, ma la reazione del governo iracheno, sempre più sbilanciato verso l'Iran, è stata del tutto inaccettabile: Kirkuk, la città il cui controllo assicura al Kurdistan il retroterra finanziario tramite il petrolio, è stata attaccata e occupata dall'esercito iracheno, sostenuto dalle milizie sciite, che si sono abbandonate ad atti repressivi di straordinaria gravità: dieci peshmerga fatti prigionieri sono stati decapitati, altri, come testimoniato dai video che stanno circolando, sono stati sotterrati vivi, contro le donne sono state commesse violenze di ogni tipo. A Kirkuk fra i curdi c'è il terrore.
Emerge anche una questione geopolitica di grande rilievo: il combinato disposto fra l'eccesso di interventismo di Bush jr e la ritirata di Obama ha del tutto sbilanciato il sistema di influenza che caratterizza l'Iraq, spostandolo totalmente nelle mani sciite e da esse a quelle iraniane.
Dall'altro lato ci si trova di fronte ad una situazione insieme perversa e paradossale. Dopo il collasso dell'esercito iracheno, Isis dilagò riuscendo a tramutare un gruppo terroristico in un atipico esercito e in un ancora più atipico stato. A sua volta l'Occidente non voleva sporcarsi le mani mettendo le sue truppe sul terreno e allora i peshmerga sono stati fondamentali: essi, con nuclei militari composti da uomini e donne, sono scesi in campo e sono stati la fondamentale struttura militare prima per resistere e poi per contrattaccare. Così, mentre la Russia interveniva direttamente con i suoi aerei e indirettamente con le milizie sciite, il cui comportamento nei confronti dei sunniti è stato sempre aberrante, a loro volta gli americani si sono potuti avvalere proprio del braccio armato curdo.
Orbene adesso come ricompensa i peshmerga curdi vengono ripagati nel modo con cui sono stati trattati a Kirkuk? Su quello che sta avvenendo è stato steso un velo di silenzio, non ne parlano i giornali con qualche rara eccezione tantomeno le televisioni, tutto il sistema mediatico americano tace. È il segno dell'abbandono e dell'ingratitudine della comunità internazionale.
Nel passato l'Italia ha sempre manifestato solidarietà nei confronti del popolo curdo. A loro volta i peshmerga hanno steso un velo protettivo rispetto ai nostri militari posti a difesa della diga di Mosul. Adesso in una situazione assai difficile la solidarietà italiana va rinnovata rompendo il muro del silenzio e ponendo il governo iracheno di fronte alle sue responsabilità. Contro l'Isis il governo iracheno è stato aiutato in tutti i modi. Adesso non può dare il via libera contro i peshmerga a quelle truppe sciite che costituiscono un duplice problema: con la loro violenza hanno provocato nei sunniti delle reazioni che potevano anche arrivare al sostegno a Isis, e adesso stanno perseguendo l'obiettivo di fare dell'Iraq una sorta di stato guidato dall'Iran attraverso questa sostanziale occupazione militare che ha come retroterra il legame religioso.
In sostanza la vicenda del Kurdistan è un campanello d'allarme anche ai fini degli equilibri geopolitici che si stanno determinando nel Medio Oriente. Gli ultimi segnali sono molto contraddittori; per un verso c'è stata un'intervista del primo ministro iracheno che è sembrata voler riaprire un dialogo, ma invece sul campo sono in corso dure operazioni delle milizie sciite contro la popolazione curda e si parla addirittura di un prossimo attacco a Erbil. È indispensabile che la comunità internazionale e l'Italia intervengano tempestivamente.
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