Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/03/2017, a pag. 2, con il titolo "Il governo Usa: 'Fate attenzione, ci sono legami Russia-M5S' ", la cronaca di Paolo Mastrolilli; a pag. 3, con il titolo "E Di Stefano ora ammette: 'Putin è già un interlocutore, ha vinto su tutta la linea' ", la cronaca di Ilario Lombardo.
Nel caso di un futuro governo del Movimento 5 Stelle in Italia, sarà Manlio Di Stefano il candidato che probabilmente ricoprirà la carica di Ministro degli Esteri. Di Stefano ha già dato abbondantemente prova di un'autentica ossessione contro Israele. La notizia di legami stretti tra il movimento antidemocratico di Grillo e la Russia - un Paese senza democrazia e libertà - non stupisce, anche perché la Russia è il più grande alleato dell'Iran, che minaccia di distruzione Israele. L'ipotesi di un futuro governo del M5S è perciò un pericolo per Israele e per la democrazia.
Ecco gli articoli:
Paolo Mastrolilli: "Il governo Usa: 'Fate attenzione, ci sono legami Russia-M5S' "
Paolo Mastrolilli
«Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S». È il messaggio circolato nei mesi scorsi nell’amministrazione Usa, con lo scopo di mettere poi Roma al corrente di un fenomeno più vasto: l’esteso impegno di Mosca a sostenere forze politiche intenzionate a sfidare gli establishment nazionali.
Con lo scopo di indebolire nel lungo periodo tanto l’Unione Europea, quanto la Nato. Sono fonti governative americane a ricostruire per «La Stampa» quanto sta avvenendo, spiegando in particolare che sono preoccupate per l’influenza che la Russia sta cercando di avere sulle prossime elezioni italiane, nell’ambito di una strategia di interferenza che tocca tutta l’Europa, dopo quella adottata durante le presidenziali degli Stati Uniti. Finora il potenziale punto di contatto è stato individuato da Washington soprattutto nei rapporti che Mosca sta costruendo con il Movimento 5 Stelle, e con la Lega, che però ha prospettive elettorali inferiori.
All’origine di tali sviluppi ci sono le conseguenze dell’Election Day. Quando l’intelligence americana è arrivata alla conclusione che il Cremlino aveva gestito le incursioni degli hacker nell’archivio digitale del Partito democratico, per rubare documenti con cui deragliare la candidatura presidenziale di Hillary Clinton, l’apparato governativo degli Usa si è attivato per comprendere meglio le dimensioni e lo scopo di questa strategia. Quindi si è convinto che la Russia sta cercando di dividere e indebolire l’intero Occidente, favorendo le formazioni politiche che mettono in discussione le alleanze storiche e più recenti tra le due sponde dell’Atlantico. Questa offensiva era già presente negli Stati baltici, che avendo fatto parte dell’Unione Sovietica sono abituati a simili tattiche di propaganda e manipolazione, e le riconoscono in fretta. Discorso analogo per la Serbia e l’intera area della ex Jugoslavia. L’operazione però si è allargata anche al resto dell’Europa occidentale, che secondo gli analisti di Washington è meno pronta a capirla e difendersi. Perciò il governo Usa si è attivato, con missioni discrete che hanno riguardato anche l’Italia.
Gli obiettivi di Mosca sono tutti i Paesi dove nei prossimi mesi sono in programma le elezioni, che per la loro natura democratica consentono di infiltrare i sistemi politici e cercare di condizionarli. Al primo posto ci sono le presidenziali francesi, dove gli effetti dell’offensiva russa sono già stati pubblicamente notati, con la visita di Marine Le Pen al Cremlino e le informazioni uscite per attaccare l’indipendente Macron. Nel radar degli americani però ci sono anche le presidenziali del 2 aprile in Serbia, il voto di settembre in Germania, e quello che comunque dovrà avvenire in Italia entro la primavera del 2018.
Secondo quanto appurato da Washington, i metodi usati sono diversi. Negli Stati Uniti gli attacchi sono avvenuti nel campo digitale, perché è molto sviluppato e offriva grandi opportunità. Lo stesso sta avvenendo già in Europa, come hanno dimostrato le denunce fatte da Macron. Più difficile è provare eventuali finanziamenti o aiuti diretti per le campagne elettorali e i partiti. In Italia il sistema digitale è meno sviluppato di quello americano, e i nostri apparati contano anche sul naturale scetticismo degli elettori per depotenziare eventuali offensive. Nel mondo di oggi, però, non serve molto: basta intercettare una mail o una lettera, per demolire un candidato o un partito.
Poi ci sono i rapporti personali diretti. Ha sorpreso, ad esempio, la visita di una delegazione italiana che qualche tempo fa è andata in Lituania, dialogando con la comunità di origine russa nel Paese. Rilevanti sono anche gli incontri con le ambasciate, che sono leciti, ma possono andare oltre la cortesia diplomatica. M5S e Lega non hanno fatto mistero dei contatti avuti con Mosca, e ciò ha suscitato preoccupazione, anche se in scala diversa.
L’attenzione riservata dal governo americano a questi fenomeni è maturata prima dell’entrata in carica della nuova amministrazione Trump, e delle stesse presidenziali dell’8 novembre. Finora se ne sono occupati funzionari di carriera non partisan, e la loro attività è completamente slegata dalle inchieste in corso all’Fbi e al Congresso sulle eventuali complicità tra gli hacker russi e la campagna del candidato repubblicano. Si tratta in sostanza di valutazioni professionali, indipendenti dalle vicende politiche interne. La transizione naturalmente complica le cose, perché il governo deve affrontare altre priorità, e nei Paesi che sono potenziali obiettivi non sono ancora stati nominati i nuovi ambasciatori. Le elezioni italiane però sono quelle più lontane nel calendario, a fine aprile il premier Gentiloni verrà alla Casa Bianca e a maggio ospiterà Trump al G7, e quindi ci sarà il tempo per discutere e chiarire queste preoccupazioni. Da qui lo scenario di una consultazione in crescendo fra Washington e Roma sul ruolo dei grillini come emissari del Cremlino nel Bel Paese.
Ilario Lombardo: "E Di Stefano ora ammette: 'Putin è già un interlocutore, ha vinto su tutta la linea' "
Ilario Lombardo
Manlio Di Stefano contro Israele
«Gli arresti a Mosca? E allora Guantanamo? Non tocca a me valutare la democrazia in un altro Paese» dice Manlio Di Stefano per levarsi dall’impaccio di una domanda che in tanti fanno ai 5 Stelle: cosa dite della retata di massa di Vladimir Putin? Se c’è un partito in Italia che per somiglianza avrebbe motivo di simpatizzare con i giovani ribelli di Mosca è il M5S. Una piattaforma anticorruzione nata online, un leader, Aleksej Navalnyj, che è un blogger: cosa vi ricorda? Ma perché allora il M5S, nel suo complesso, tace?
Nei piani di governo a 5 Stelle, Di Stefano è destinato a fare il ministro degli Esteri: perché è il più competente e ha una passione, coltivata negli anni, che ora è diventata un lavoro che lo fa viaggiare, incontrare popoli, stringere relazioni. E infatti è a lui che il M5S ha affidato il compito di delineare il programma di esteri che in questi giorni si vota sul blog di Beppe Grillo. Dieci punti che Di Stefano sta illustrando in diverse tappe da Nord a Sud. Ci sono i capisaldi del pensiero grillino che punta a ridefinire il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, con accordi bilaterali inseriti all’interno di una strategia multilaterale più fluida che dalla Russia arriva fino alla Siria di Assad, e alle critiche all’Eurozona affianca l’idea di un’Alleanza mediterranea, senza rinunciare al riconoscimento della Palestina.
A Putin si torna sempre, senza timore per la durezza del pugno contro gli oppositori e l’aggressività fuori dai confini russi. «Perché allora non ci occupiamo anche dell’Arabia Saudita a cui l’Italia vende le armi? - chiede Di Stefano -. Io mi devo solo preoccupare di non favorire un governo nel commettere crimini. Mentre il ministro Alfano contesta gli arresti di Mosca, abbiamo fatto accordi milionari con i sauditi». Mosca ha represso il diritto di manifestare contro la corruzione. Matteo Salvini, leader della Lega Nord, amico di Putin, ha detto chiaramente che hanno fatto bene ad arrestarli perché le proteste non erano autorizzate. E il M5S? «Arrestarli tutti così non è propriamente democratico, ma perché non parliamo anche di Guantanamo? È ancora aperta e a Barack Obama hanno dato il Nobel per la Pace. Questa è ipocrisia: o condanniamo tutti i Paesi che ledono i diritti o non possiamo fare una selezione». Nel giugno scorso Di Stefano era l’unico politico italiano presente al congresso di Russia Unita, il partito di Putin, un invito «accolto con grande entusiasmo» ebbe a dire durante la visita dove riaffermò uno dei punti cardini dei 5 Stelle: l’eliminazione delle sanzioni alla Russia: «Putin è un partner strategico nella lotta al terrorismo, non vederlo è cecità. Assieme ad Assad ha vinto la guerra in Siria».
Altro capitolo: Assad. Nel programma c’è scritto che vanno «ristabiliti i rapporti diplomatici con la Siria». Con un dittatore che ha sterminato civili e bambini? «Anche Federica Mogherini, ministro degli Esteri Ue, si è svegliata e ha riaperto ad Assad. Cosa fai altrimenti? O lo butti giù come Gheddafi o ci parli». Ogni punto si tiene assieme e c’è una coerenza nella visione di Di Stefano. Così per la Nato: «Va ridefinita la partecipazione italiana» dice il deputato che vuole organizzare una conferenza di pace sulla Libia a Roma e propone un’Alleanza del Mediterraneo tra i Paesi europei del Sud per fare blocco comune contro quelli a Nord in attesa di sapere se l’euro reggerà. «Fosse per me uscirei subito dall’euro, ma poiché nel M5S ognuno ha la sua posizione faremo un referendum. Sappiamo però che con la moneta a due velocità Merkel vuole istituzionalizzare la Troika, un organo di strozzinaggio per i Paesi più deboli che proponiamo di smantellare». Il futuro dell’Europa non sembra in cima ai suoi pensieri: «Io parlo di Italia non di Europa. E anche se non vedo l’Alleanza mediterranea come alternativa all’Ue è giusto chiedersi cosa esiste oltre l’Eurozona». L’idea è quella di «fare accordi commerciali bilaterali con chi conviene, in un contesto multilaterale». Via dall’euro, Ue e la Nato più deboli, Alleanza mediterranea: ma così non si favorisce solo Putin come interlocutore privilegiato e i suoi sogni di un’Unione Euroasiatica? «Putin - risponde Di Stefano - è già un interlocutore, perché ha vinto su tutta la linea».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante