Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/07/2015, a pag. 1-12, con il titolo "Quell'accordo che fa paura a noi israeliani", il commento di Abraham B. Yehoshua.
Proponiamo l'interessante articolo di Abraham B. Yehoshua pubblicato oggi sulla Stampa in cui il celebre scrittore prende le distanze da alcune sue vecchie posizioni che sottovalutavano i rischi che Israele, circondato da potenze ostili, quotidianamente corre. Anche in questo articolo, tuttavia, rimane un apprezzamento complessivo dell'accordo di Vienna che consente all'Iran di proseguire il proprio programma nucleare senza più essere limitato da sanzioni.
Yehoshua non coglie evidentemente in modo completo la pericolosità di un Iran nucleare. E' quello che capita spesso quando un grande intellettuale vuole fare l'analista politico senza avere le competenze necessarie.
Ecco l'articolo:
Abraham B. Yehoshua
La storia ci ha insegnato a non sottovalutare le minacce, né quelle provenienti da regimi democratici né di certo quelle provenienti da regimi dittatoriali di stampo religioso o laico. Quindi accolgo con favore e speranza il recente accordo firmato con l’Iran sull’armamento nucleare, ma non sottovaluto la preoccupazione del governo israeliano.
Il governo israeliano pensa che questo accordo non possa neutralizzare realmente la capacità dell’Iran di acquisire armi nucleari. E il fatto che nazioni arabe sunnite moderate che mantengono relazioni diplomatiche con l’Iran temano che quest’ultimo possa, nel corso degli anni, aggirare ostacoli posti dal nuovo accordo e acquisire armi nucleari, giustifica ancor più i timori di Israele.
Israele è infatti il bersaglio principale degli obiettivi apocalittici dell’Iran. Sia gli scritti di Khomeini - il padre della rivoluzione islamica iraniana - sia i proclami di Ahmadinejad, inneggiano ripetutamente alla sua distruzione. E nessuno meglio di noi israeliani comprende che un eventuale attacco nucleare iraniano potrebbe distruggere la nostra stessa esistenza.
È vero, Israele sarebbe in grado di reagire con altrettanta capacità distruttiva a tale attacco, ma la terribile storia del secolo scorso ci ha insegnato che i nostri nemici, determinati e fanatici, sono talvolta pronti ad autodistruggersi pur di raggiungere il loro scopo. E negli ultimi anni assistiamo al fenomeno Isis, la cui retorica velenosa e intimidatoria non è inferiore a quella di Hitler, sebbene il califfato non possegga nemmeno un briciolo delle capacità militari della Germania nazista.
Israele detiene una grande capacità militare ma un attacco missilistico sferrato da lontano, o un ordigno nucleare primitivo contrabbandato da terroristi nel suo territorio, ridurrebbero notevolmente la sua forza, come abbiamo visto nella guerra contro Hezbollah nel 2006 e negli ultimi due conflitti con il piccolo stato di Hamas a Gaza. I timori di Israele nei confronti dell’accordo recentemente siglato non sono pertanto infondati e non c’è dubbio che le sei potenze firmatarie, e in primo luogo gli Stati Uniti, debbano cercare vie diplomatiche o militari per placare questi timori (anche se, a quanto pare, esperti nucleari israeliani hanno studiato attentamente il programma nucleare iraniano, dando una mano alle delegazioni delle sei potenze mondiali a rilevarne i punti problematici che gli iraniani cercavano di mascherare o celare).
La proliferazione nucleare in Medio Oriente è davvero molto pericolosa ed è quindi un bene che l’accordo la fermi. Occorre però ammettere la verità: gli Stati Uniti hanno contribuito indirettamente a tale processo, soprattutto dopo l’ingiustificata aggressione all’Iraq da parte dell’amministrazione Bush in seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre. La presunzione di voler «costruire uno Stato democratico» mediante la distruzione dell’esercito iracheno e una brutale ingerenza nel tessuto delle comunità sunnite, sciite e curde che in qualche modo mantenevano un proprio equilibrio sotto il regno del terrore di Saddam Hussein, ha forse spronato gli iraniani a dotarsi di armi nucleari al fine di prevenire qualsiasi insensata intenzione americana di perseguire tale obiettivo anche nel loro Stato.
In ultimo non ci si deve stancare di ricordare e chiarire che le armi nucleari in dotazione da lunghi anni a Israele non sono a scopo offensivo ma per assicurare la sua difesa ed esistenza. Fin dalla sua fondazione, infatti, Israele è minacciato di venire annientato dai suoi nemici. Viceversa, la persistente occupazione della Cisgiordania, non è necessaria né per la sua sopravvivenza né per il suo futuro.
Negli ultimi mesi, e persino negli ultimi anni, mentre seguivo con quanta determinazione, pazienza e costanza le sei potenze mondiali perseguivano un accordo con l’Iran malgrado tutte le difficoltà e le crisi, ho riflettuto che se una tale energia fosse stato investita per raggiungere un accordo di pace tra palestinesi e israeliani le possibilità di un futuro di pace e di stabilità in Medio Oriente sarebbero migliorate.
E forse, dopo la firma dell’accordo con l’Iran, tutte le parti in causa si convinceranno a fare un ulteriore sforzo e a lavorare con la stessa intensità per raggiungere un’intesa di pace tra Israele e l’Autorità palestinese.
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