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Corriere della Sera - Il Foglio - L'Unità Rassegna Stampa
08.04.2014 Pericolo antisemitismo in Ungheria: Congresso ebraico in allarme
ma quotidiani e Tv italiani minimizzano

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio - L'Unità
Autore: Paolo Valentino - la redazione - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «L'Ungheria e i fantasmi emergenti - Il tic della minaccia ungherese - Jobbik al 20%, allarme al Congresso ebraico»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/04/2014, a pag. 15, l'articolo di Paolo Valentino dal titolo "L'Ungheria e i fantasmi emergenti", dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo  "Il tic della minaccia ungherese"e dall' UNITA', a pag. 11, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo  "Jobbik al 20%, allarme al Congresso ebraico". 
L'articolo di Valentino e l'editoriale del Foglio tendono a minimizzare le preoccupazioni suscitate dalle elezioni ungheresi.  Valentino riporta le dichiarazioni del premier leader partito di maggioranza Fidesz Viktor Orbán, per il quale "
Fidesz è la garanzia contro il rischio che partiti estremisti come Jobbik acquistino un’influenza eccessiva nella vita pubblica ungherese".
Il successo di Jobbik per Valentino è d'altro canto la "perfetta illustrazione" dello speciale onere di moderazione e responsabilità  che la vittoria impone a Orbán.  Purtroppo, però, Orbán e il suo partito non hanno fatto nulla, e nulla stanno facendo, per arginare la deriva antisemita della società ungherese e per contrastare un partito apertamente neonazista come Jobbik.
L'editoriale del Foglio sottovaluta ancor più la gravità della situazione, invitando a
"smetterla di gridare indistintamente, e farsi passare la paura".
L'articolo di De Giovannageli sull'Unità riporta invece il più che giustificato allarme del presidente del Congresso ebraico europeo, Moshe Kantor. 

Ecco i testi.

CORRIERE della SERA - Paolo Valentino: "L'Ungheria e i fantasmi emergenti"


 

Paolo Valentino     Viktor Orbán

«Fidesz è la garanzia contro il rischio che partiti estremisti come Jobbik acquistino un’influenza eccessiva nella vita pubblica ungherese», dice Viktor Orbán rispondendo alla domanda del Corriere . Il giorno dopo la netta vittoria nelle elezioni politiche, il premier magiaro mette la sordina alla focosa retorica nazionalista che ne ha costituito la cifra. E cerca di tranquillizzare l’Europa e i partner comunitari, allarmati dalla forte avanzata del partito neonazista e antisemita, balzato dal 17 al 20,5%, con un milione di voti in più rispetto al 2010. Il paradosso è che Orbán, un leader che pure ha blandito pulsioni scioviniste e xenofobe, ha una parte di ragione. Molto infatti dipende da quel seggio ancora traballante, che al momento porta a 133 su 199 il numero dei deputati del suo Fidesz, cioè una maggioranza di 2/3 in seno all’Orszaghaz, il Parlamento ungherese. Se i conteggi finali dovessero confermarlo, Orbán continuerebbe a poter governare senza condizionamenti. Sicuramente proseguirebbe sulla linea populista e autoritaria, che ha segnato il suo primo mandato. Ma non dovrebbe concedere nulla a Jobbik e al suo leader Gabor Vona, un signore tanto banale quanto abilissimo ad aizzare gli istinti più estremi. Ma se quel seggio gli venisse a mancare, il premier magiaro si scoprirebbe i piedi d’argilla, dovrebbe negoziare su molte leggi, a partire da quelle di bilancio e agrarie, cercando appoggi o nello Lmp di András Schiffer, un altro tribuno, con venature verdi, che ha racimolato un pugno di deputati, ovvero nelle fila dei «migliori», la traduzione italiana di Jobbik, appunto, che di seggi ne ha presi 23. È uno scenario inquietante. Neppure Marine Le Pen vuole aver nulla a che fare con i neonazisti di Vona, che pure ha cercato attivamente di collegarsi al Front National. Apertamente ostile all’Ue, Vona immagina per l’Ungheria un’alleanza organica con Croazia e Polonia fuori dall’Unione. Chiede la creazione di campi chiusi e vigilati per i rom «devianti», denuncia di continuo la «delinquenza tzigana» e chiede l’instaurazione nel codice penale del reato di «crimine etnico». Giocando con l’antisemitismo latente di molti ungheresi, uno dei suoi deputati di punta ha proposto di creare un registro speciale per tutti gli ebrei che vivono in Ungheria. E non passa giorno senza che Jobbik denunci «la cospirazione giudaica per colonizzare il Paese». Di più, Vona tollera e foraggia le formazioni paramilitari della Guardia Ungherese, milizia razzista e omofoba, nonostante in campagna elettorale le abbia tenute in disparte per darsi un’immagine meno violenta ed estrema. Questo non gli impedisce di avere come punto del suo programma la creazione di una gendarmeria rurale. Il risultato del voto, ha detto ieri il portavoce del governo tedesco, dà a Viktor Orbán una «responsabilità speciale» e lo ha invitato a usarla «con moderazione, prudenza e sensibilità». E il successo di Jobbik è la perfetta illustrazione di quest’onere.

Il FOGLIO - la redazione: "Il tic della minaccia ungherese"


 Manifestazione di Jobbik

Quello dell’ondata autoritaria, della “avanzata neonazi”, è un tic giornalistico buono per molte stagioni. E’ facile da applicare, appiattisce le complessità, mette i cattivi nella giusta casella. Davanti alla vittoria di Viktor Orbán alle elezioni politiche di domenica in Ungheria, i due principali giornali italiani hanno rispettivamente gridato al lupo (Repubblica) e annunciato con cautela che il lupo era stato limitato (Corriere), ma in entrambi i casi hanno dovuto crearlo, il lupo, con il suo bagaglio di riforme antidemocratiche, amici-nemici neonazi, minacce all’Europa. Il partito di centrodestra di Orbán, Fidesz, domenica ha ottenuto il 44,5 per cento, e 135 parlamentari su 199. Sono sette punti in meno del 52 per cento del 2010, è la maggioranza assoluta dei seggi, non quei due terzi utili per modificare la Costituzione,ma è un calo abbastanza fisiologico dopo quattro anni di governo. I cinque partiti della coalizione di centrosinistra, divisi e colpiti dagli scandali, hanno ottenuto il 26 per cento, ma in Parlamento la coalizione si frammenterà tra le sue componenti litigiose, lasciando come seconda forza il partito di estrema destra Jobbik, che ha ottenuto il 20,5 per cento. Così Orbán resta da solo a dominare su Budapest, e i giornali italiani a gridare al lupo, poco importa se erano dieci anni che l’economia non andava così bene, e se perfino la sempre preoccupata Europa (dentro cui Orbán vuole restare), dopo tante minacce, all’Ungheria non ha mai comminato una sanzione. Alle europee i cittadini riempiranno, con tutta probabilità, l’Europarlamento di lupi à la Orbán. Forse è meglio smetterla di gridare indistintamente, e farsi passare la paura.

L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli: Jobbik al 20%, allarme al Congresso ebraico

                 
Umberto De Giovannangeli     Moshe Kantor

Alla fine, grazie anche ad una legge elettorale ad hoc, Viktor Orbàn si conferma il «padrone» dell'Ungheria. Al 99% dello spoglio delle elezioni politiche Fidesz ottiene il 44,4%, Alleanza 25,9%, Jobbik 20,5%, verdi 5,2%. La ripartizione dei seggi vede Fidesz conquistarne 133, Alleanza 38, Jobbik 23, verdi 5 deputati su 199. Nonostannte aver perso 600mila voti rispetto alle precedenti legislative, il partito di Orbàn è riuscito ad ottenere di nuovo una maggioranza di due terzi. »Ogni dubbio e incertezza è scomparsa, abbiamo vinto», esulta il primo ministro parlando ai sostenitori che si erano radunati l'altro ieri sera a Budapest. »L'Ungheria - scandisce Orbàn - è un luogo in cui vale la pena di vivere, lavorare e mettere su famiglia. Abbiamo dichiarato che non torneremo indietro». »L'Ungheria - ha proseguito - ha confermato che il suo posto è nell'Unione europea, ma soltanto se ha un forte governo nazionale». INQUIETUDINE Ma a destare maggiore inquietudine è l'avanzata dell'estrema destra antisemita. II partito Jobbik ha sfondato la soglia del 20%, e i n alcune circoscrizioni, ha addirittura sfondato la soglia del 35%. Un risultato sorprendente, ottenuto cavalcando l'intolleranza e la paura, con una campagna elettorale aggressiva, infarcita di slogan xenofobi e antisemiti, come quello che rese tristemente celebre di uno dei leader del partito, Marton Gyöngyösi, che durante una seduta del Parlamento propose la schedatura di tutti i deputati di origine ebraica. Come se non bastasse, ancora l'altro ieri mattina, i telefoni cellulari dei cittadini magiari sono stati inondati con migliaia di messaggi dal tono inequivocabile: »Votate Jobbik per sconfiggere gli zingari». DENUNCIA Un risultato che, in realtà, non ha soddisfatto il leader del partito. »Jobbik è riuscito a ottenere un risultato superiore a quello che i sondaggisti attribuivano», ha affermato Gabor Vona, »Dobbiamo ammettere - ha continuato - che non siamo stati in grado di raggiungere l'obi etti-vo che ci eravamo posti nella campagna elettorale». L'avanzata dell'estrema destra è stata invece denunciata dalla comunità ebraica. «Il successo di Jobbik, partito sfacciatamente neonazista, dovrebbe servire come una sveglia per l'intera Europa», ammonisce il presidente del Congresso ebraico europeo Moshe Kantor. «Questo è veramente un giorno buio per l'Ungheria", ribadisce Kantor che sottolinea come questo risultato infonda coraggio agli altri estremismi europei che «con il vento in poppa si dirigono verso le prossime elezioni europee». Attila Meste-rhazy, candidato premier dell'Alleanza di centrosinistra, ha accettato il risultato ma si è rifiutato di congratularsi con il suo avversario. «Orbàn ha continuamente abusato del suo potere. L'Ungheria non è libera, non è una democrazia», ha dichiarato. II quarantenne leader dei socialisti ungheressi denuncia anche «l'impossibilità di poter condurre una campagna politica in un Paese dove i principali media sono controllati dal governo». Incassata la vittoria elettorale, il neo-premier cerca di vestire i panni del leader moderato, tranquillizzando i partner europei del Ppe, di cui Fidesz fa parte. «Si è detto no all'intolleranza e all'uscita dall'Ue», ha affermato Orban in dichiarazioni alla stampa magiara. «La Fidesz - ha aggiunto - è la garanzia che nessun estremismo troverà spazio nella vita pubblica né da destra né da sinistra».

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