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Dal CORRIERE della SERA del 15 agosto 2008, nuovi articoli sul "lodo Moro", l'accordo, patrocinato dal politico democristiano poi assassinato dalle Brigate Rosse, che garantiva ai terroristi palestinesi libertà di circolazione sul territorio italiano, in cambio dell'immunità del nostro paese dagli attentati. Dopo le dichiarazioni di Francesco Cossiga e la conferma da parte del terrorista del Fplp Bassam Abu Sharif, intervengono Giovanni Pellegrino, ex presidente della commissione stragi, e nuovamente Francesco Cossiga. Ecco il testo dell'intervista di Dino Martirano a Pellegrino: ROMA — Il «lodo Moro», l'accordo che prevedeva libertà di movimento per i terroristi palestinesi in Italia in cambio di un occhio di riguardo per la sicurezza del nostro Paese da parte dell'Olp, «a questo punto rappresenta una certezza per la nostra politica estera sempre molto attenta all'interesse nazionale, che ci poneva ai limiti estremi dell'ortodossia atlantica». L'avvocato Giovanni Pellegrino (Pd), già presidente della commissione Stragi e ora alla guida della Provincia di Lecce, non ha perso il gusto dell'analisi storica e per questo aggiunge un tassello in più rispetto a quello che Bassam Abu Sharif, ex «ministro degli Esteri» del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, ha rivelato nell'intervista a Davide Frattini pubblicata ieri sul Corriere della Sera. Spiega Pellegrino: «Moro ne accenna in una lettera all'ambasciatore Cottafavi del 22 aprile del '78, durante la sua prigionia: "Noi con i palestinesi ci regoliamo in altro modo...". E commentando questa lettera, da ultimo, Miguel Gotor (autore del saggio «Lettere dalla prigionia », Einaudi, ndr) ha individuato la genesi del «lodo Moro » nell'ottobre del '73, «l'anno della guerra del Kippur». Pellegrino, poi, propone un incastro che spiegherebbe gli «effetti collaterali » del lodo: «L'idea del giudice Mastelloni che indagò su Argo 16, anche se il processo poi non lo ha confermato, era che vi fosse stata una ritorsione del Mossad per punire l'Italia di avere fatto il patto con i palestinesi ». Il legame tra apparati italiani e palestinesi, dunque, era talmente consolidato che lo stesso Moro spende questa carta quando si tratta di salvare la sua vita: «In una delle lettere dalla prigionia Moro richiama l'esperienza di Giovannone (capo centro del Sid a Beirut, ndr) dicendo che solo i palestinesi potevano fare da intermediari con le Br. E, ora, Abu Sharif conferma ». Due anni dopo, il 2 agosto del 1980, la strage di Bologna (85 morti e 200 feriti) per la quale verranno condannati i terroristi neri Mambro, Fioravanti e Ciavardini ma che è ancora oggetto di polemiche a causa della pista palestinese secondo la quale uno o più terroristi mediorientali stavano trasportando una bomba che poi sarebbe accidentalmente esplosa: «È una pista che fin dall'inizio puzzava di marcio, anche se era doveroso percorrerla. Con la commissione, dopo aver stabilito le modalità per interrogarlo, Carlos fu ambiguo e poi fece saltare deliberatamente l'audizione». Ammesso che nell'80 il «lodo Moro» fosse ancora efficace, perché i palestinesi avrebbero dovuto trasportare valigie di esplosivo sui treni italiani? «Dall'intervista ad Abu Sharif sembra che loro utilizzassero l'Italia come fronte logistico, quindi può darsi anche per il transito degli esplosivi: dalle notizie che avevamo noi, la pista palestinese descriveva un incidente e non un attentato. E oggi Abu Sharif non esclude questo, ma lo attribuisce a un trucco fatto da altri servizi per poi dare la responsabilità ai palestinesi» E la lettera di Cosssiga: Caro Direttore, accade talvolta che un uomo politico o che abbia fatto parte di apparati dello Stato quando dice qualcosa che non sia stata resa nota con una nota stampa ufficiale sia considerato un millantatore o un «intossicatore». Ho sempre saputo non da carte o informazioni ufficiali — che mi sono state sempre tenute segrete —, dell'esistenza di un «patto di non belligeranza » segreto tra lo Stato italiano e le organizzazioni della resistenza palestinese, comprese quelle terroristiche quali la Fplp, che si è fatta viva nuovamente in questi giorni. Questo patto fu ideato e concluso da Aldo Moro, che padroneggiava in modo eccezionale la materia e che aveva una straordinaria capacità di guida dei servizi di intelligence nonché delle forze speciali poste a loro ausilio e di cui disponeva direttamente saltando la scala normale gerarchica, a motivo della totale fiducia che gli uomini di questi apparati avevano per lui. Le clausole di questo patto prevedevano che le organizzazioni palestinesi potessero avere basi anche di armamento nel Paese, che avessero libertà di entrata e uscita e di circolazione senza essere assoggettati ai normali controlli di polizia perché «gestiti » dai servizi segreti, in pratica l'unico servizio segreto, ieri come oggi, funzionante e legibus solutus. Nessuno mai disse di tutto ciò né quando fui sottosegretario alla Difesa con una delega politica, voluta da Moro, per la struttura Gladio, né da ministro dell'Interno, da presidente del consiglio e da inutile inquilino del Palazzo del Quirinale. Me ne accorsi però quando Moro mandò me, allora ministro, fortemente riluttante per scrupoli di correttezza e legalità di cui lui sorrise, ad incontrare la moglie e il figlio del generale Miceli, capo del servizio segreto militare, arrestato e in carcere con il mandato di che cosa egli dovesse dire o non dire o occultare sotto l'eccezione del segreto all'autorità giudiziaria. Me ne accorsi quando da ministro dell'Interno il Sds del Ministero scoprì che gli uomini dell'Olp erano dotati a difesa delle loro residenze di armi pesanti; poiché erano coperti da immunità diplomatica in quanto inquadrati nella rappresentanza diplomatica della Lega araba: mi fu detto di non preoccuparmi ed io riuscii a convincerli a dismettere l'artiglieria pesante e accontentarsi di quella leggera! Me ne accorsi durante il sequestro di Moro quando la polizia e i carabinieri mi riferirono che avevano sentore che si sviluppassero azioni parallele e vere e proprie trattative via terrorismo internazionale di sinistra sostenuto dall'Est servizi segreti della Jugoslavia e della Ddr-resistenza palestinese, con l'ausilio di strutture militari italiane, azioni aventi come scopo la liberazione di Moro attraverso scambi di prigionieri a livello internazionale. Infruttuosi i tentativi di un sottosegretario nominato ad hoc, di un ministro dell'Interno, di un presidente del consiglio e poi di un, se pur inutile, capo dello Stato, di sapere qualcosa. Certo mi meravigliai quando il capo di una organizzazione terroristica palestinese con un telegramma inviatomi tramite la nostra residenza del Sismi a Beirut mi intimò di restituirgli un missile terra-aria intercettato da una normale pattuglia della Stradale e pilotato per la strada da un noto esponente della sinistra extra-parlamentare! In questo quadro è non solo verosimile ma probabile assai che la strage di Bologna sia stata causata dallo scoppio involontario di una-due valigie di esplosivo trasportate in base all'«accordo» da esponenti palestinesi e destinata a obiettivi esteri e non, come da accordi, italiani. E sorrido quando vedo gli uomini politici misurarsi tra di loro sui punti e le virgole delle leggi di riforma dei servizi di informazione, quando la riforma se la faranno «loro» quando vorranno e come riusciranno a farla anche in relazione ai rapporti di forza, non certo determinati del potere politico! E non pretendano i politici di conoscere i veri segreti di Stato: purtroppo non c'è più neanche la vigilanza del Partito Comunista che qualche volta ce ne metteva a parte! Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante lettere@corriere.it |
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